Samuele
Profeta e ultimo dei giudici d'Israele, una delle figure fondamentali, per la unctio e la depositio di Saul con conseguente translatio regni da questi a Davide, della teologia-politica medievale. Considerato typus Christi a partire da s. Cipriano (" Samuel praefigurabat Christum Dominum, ducem, sacerdotem, prophetam... arguentem " Patrol. Lat. IV 689), attraverso s. Prospero fino a Ruperto di Deutz, definito anche prefigurazione di s. Giovanni Battista, sempre da Ruperto (" Ioannem Baptistam refert ", ibid. CLXIX 1091) e anche campione d'integrità sacerdotale a partire da s. Agostino, attraverso s. Gregorio Magno e s. Isidoro di Siviglia fino a s. Bernardo, S. per i maestri in sacra pagina e per i teologi-politici era stato assunto a simbolo della superiorità dello spirituale sul temporale nella lotta tra i due poteri.
Il periodo biblico e i Libri dei Re, nei quali S. e la storia d'Israele erano operanti, a loro volta erano stati sempre indicati come prove ex professo della necessità del diretto e provvidenziale intervento divino nei fatti umani per la salvezza dell'umanità. In tal modo D., sia pur in tardo momento, si trova al vertice del doppio filone teologico-politico che aveva visto due tradizioni, la prima carolingia e ottoniana, la seconda gregoriana, disputare sui limiti del potere, de iure concessi o artatamente avocati ribadendo la validità degli exempla scritturali fino a condannare come eretica ogni rivolta contro il sacerdozio. In questo contesto l'identificazione del sacerdote con il profeta appariva di proposito uno dei cardini del pensiero ierocratico, e la figura di S. e i facta da lui testimoniati, diventavano il miglior parametro per interpretare le fondamenta del pensiero teologico-politico di un autore. E massime di D. che opera sul filo di una distinzione innovativa volta a ricuperare una formula teologico-politica che, sempre fondata sui Libri dei Re, mirava attraverso l'esaltazione di Salomone e del profeta Natàn a contrapporre alla formula diadica (imperatore e pontefice) medievale quella triadica (imperatore, pontefice e profeta) prefigurata nel regno salomonico, e trinitaria.
D. cita S. in Pd IV 29 D'i Serafin colui che più s'india, / Moïsè, Samuel, e quel Giovanni / che prender vuoli, io dico, non Maria, comparandolo ben allusivamente ai Serafini e suggerendo la stessa prefigurazione con il Battista, ma qui allargata fino all'Evangelista, che già era stata di Ruperto di Deutz. Ma più determinanti sono le due citazioni nella Monarchia, la prima (II VII 7-8) perché il nome del profeta e l'episodio biblico assurgono a esempio di rivelazione del giudizio divino contro Saul che aveva disobbedito peccando di superbia (cfr. I Reg. 15, 10), e la seconda (III VI 1-5) perché D. attacca alle radici la nozione della superiorità dello spirituale sul temporale, rigorosamente argomentando secondo la miglior tradizione scolastica, e demolisce con le stesse armi non il principium ma la interpretatio dei decretalisti e dei teorici ierocratici.
Infine le parole di Dio per bocca di S. e la minaccia allusivamente richiamata al ‛ iudicium Dei ' sono ancora riprese in Ep VII 19 Praecaveant sacratissimi regis alta consilia, ne coeleste iudicium Samuelis illa verba reasperent: " Nonne cum parvulus esses in oculis tuis, caput in tribubus Israel factus es, unxitque te Dominus in regem super Israel, et misit te Deus in via et ait: Vade et interfice peccatores Amalech? ", ove, trascrivendo ad litteram il passo di I Reg. 15, 17, D. non manca di sottolineare, tremendo monito, quel ‛ coeleste iudicium ', antecedente forse del giusto iudicio contro Alberto tedesco in Pg VI 100.
Problematica è la presenza simbolica di S. come autore dei soli primi due Libri dei Re nel novero dei ventiquattro seniori nella processione del Sacro Romano Impero e della Chiesa militante, in Pg XXIX 83-84, dal momento che D. cita i Libri dei Re, in toto dimostrando di conoscere il termine malachoth, in Pd VII 3.