Coleridge, Samuel Taylor
, Poeta e critico inglese (1772-1834). Conosceva assai bene D., non solo nella Commedia ma anche nelle opere minori. La conferenza su D. che tenne nell'anno 1818 contiene senza dubbio la critica più importante in materia che fosse stata fatta da un inglese, da molti anni. In essa affermava che è " impossibile capire il genio di D. e difficile apprezzare la Divina Commedia senza qualche conoscenza degli scolastici del medioevo ". Quanto allo stile di D., loda " la vivacità, forza, energia e coordinazione logica ". Delle immagini dantesche dice: " non sono solamente prese direttamente dalla natura stessa, intelligibili a tutti, ma si confondono con quel sentimento universale che si riceve dalla natura e quindi commuovono il cuore di ogni lettore ". Sempre nella stessa conferenza spiega la posizione di D. nella storia, distingue fra la società cittadina dell'Italia e il feudalesimo di altri paesi, e sottolinea la fusione di idee filosofiche con idee essenzialmente cristiane. Insomma il C. presentò al suo pubblico un largo quadro informatissimo di D. e delle sue opere. Fra l'altro lodò altamente la traduzione del Cary, e le sue parole insieme con gli articoli del Foscolo ebbero notevole effetto sulla diffusione della fama di D. in Inghilterra.
L'influsso di D. sulle poesie di C. non è diretto né ovvio; perciò è stato trascurato dal maggior numero dei critici, ma esiste. Il più grande C. poeta si trova in quelle poesie come Kubla Khan e The Rime of the Ancient Mariner, dove un sentimento mistico della vita viene espresso in immagini melodiche di misteriosa bellezza. È precisamente dove D. è legato alle forme del più chiuso simbolismo medievale che maggiormente si rileva l'influsso esercitato sul poeta inglese, che per molti anni ripetutamente lesse e rilesse Tre donne intorno al cor mi son venute. Ciò che il C. volle creare nelle sue poesie era " uno spirito di significato universale oltre il significato specifico ". In questo senso si può scoprire un parallelismo d'immagini e un comune senso di misteriosa felicità nel Kubla Khan e nel dantesco Paradiso terrestre, nelle immagini del ruscello, della foresta e della donna soletta, dove il C. esprime il suo senso di bellezza e felicità ineffabili. Non si deve insistere troppo sui dettagli di tali confronti in vista di altre fonti più ovvie, ma, sapendo che C. era assiduo lettore di D., si possono riconoscere nelle sue visioni certi elementi danteschi.
Bibl. - F. Olivero, D. e C., in " Giorn. d. " XVI (1908) 190-196; W.P. Friederich, Dante's Fame abroad 1350-1850, Roma 1950, 241-243.