SAMPIERO (Gian Piero) di Bastelica
SAMPIERO (Gian Piero) di Bastelica. – Nacque a Bastelica verso il 1498, da una famiglia di capitani corsi che avevano preso parte alle prime guerre d’Italia.
Gli zii avevano combattuto l’uno al servizio di Firenze, l’altro di Genova. Il padre, Guglielmo da Bastelica, fu un notabile locale, del partito del signore Vincentello III d’Istria, e fu coinvolto nel complotto che si concluse con l’assassinio di Alfonso d’Ornano nel 1494.
Sampiero partì giovanissimo per il continente, dove trovò impiego al servizio di Giovanni delle Bande Nere, assoldato di volta in volta dai papi Leone X e Clemente VII, dall’imperatore Carlo V e infine dal re di Francia Francesco I. Pare che da quest’ultimo abbia ricevuto la prima nomina a colonnello, nel 1524. Ufficiale della Corona di Francia, stando al cardinale Jean Du Bellay fu ferito nella difesa di Fossano, in Piemonte, e fu fatto prigioniero a Brignoles durante le operazioni in Provenza del 1536. Entrò poi a far parte della casa militare del delfino di Francia, il futuro Enrico II. Per averlo salvato durante l’assedio di Perpignan, ricevette una catena d’oro nell’agosto del 1542. Nel dicembre dello stesso anno, fu «quasi ammazzato» (presque assommé, Blaise de Monluc, Commentaires) durante l’assedio di Coni. È citato da tutti i memorialisti francesi che scrissero sulle guerre d’Italia, da Blaise de Monluc a Brantôme.
Servì in seguito sotto il comando di Pietro Strozzi in Hainaut e combatté a Ceresole il 14 aprile 1544. Prese parte a svariate operazioni militari nel Nord della Francia prima di rientrare in Corsica durante il 1545. Al suo ritorno sposò Vannina, la figlia diciottenne del signore corso Francesco d’Ornano, che gli era stata promessa alla nascita nel 1528. In questo periodo si trovò a difendere il proprio paesino natale, Bastelica, contro le pretese degli ajaccini, di fronte ai commissari straordinari della Casa di S. Giorgio Troilo de’ Negroni e Paolo Giustiniani Moneglia. Lo stesso problema si sarebbe ripresentato l’anno successivo. Nel 1547 gli nacque un primo figlio, Alfonso d’Ornano, futuro maresciallo di Francia sotto Enrico IV e sindaco di Bordeaux.
Sempre nel 1547 Sampiero tornò in Piemonte al servizio di Enrico II. Poco dopo il fallimento della congiura dei Fieschi, prese parte a un grande complotto antigenovese rivolto anche contro Carlo V, che Enrico II odiava sin dagli anni della prigionia in Spagna. Al contrario di quanto riporta il cronista corso Anton Pietro Filippini, se Sampiero si recò a Roma non fu tanto per sollecitare una nomina a comandante delle truppe pontificie – era di origini troppo modeste – quanto per spostare la propria attività antigenovese nella sua Corsica, che sperava di strappare al controllo della Repubblica. A bordo di una fregata della flotta pontificia giunse a Bastia nel dicembre del 1547. Appena arrivato fu arrestato per ordine del governatore della Casa di S. Giorgio, Giovan Maria Spinola: si parlò persino di farlo giustiziare, vista la sua fama di nemico di Genova (nel corso degli anni successivi, gli agenti della Repubblica avrebbero intensificato la loro attività nell’ambito delle procedure per lesa maestà contro Sampiero). A ogni modo, il 17 febbraio 1548 fu liberato grazie all’intervento personale di Enrico II (Archivio di Stato di Genova, Archivio Segreto, f. 2780). Ritornò a Bastelica in aprile, al contrario di quanto scrive lo storico isolano Marc’Antonio Ceccaldi, che lo vuole rientrato in Francia.
In effetti, alla fine del 1548 Sampiero pensava di tornare in Francia per combattere al fianco di Enrico II contro Edoardo VI di Inghilterra nella guerra scoppiata per la regina di Scozia Maria Stuart. Due lettere rinvenute recentemente a Mosca rivelano che Sampiero, ammalatosi e sbarcato dalla nave che lo conduceva in Francia, fu catturato dai turchi non lontano da Cargese, a nord di Ajaccio, e dovette pagare un riscatto di 2000 scudi per riacquistare la libertà. Nel settembre del 1549 si rivolse al re e ad Anne de Montmerency perché lo aiutassero a rimborsare la somma che aveva preso in prestito (Mosca, Archivio di Stato russo degli atti antichi, Collezione de Lamoignon, fondo 81, vol. 13, cc. 36-39). Alla fine, anziché andare in Francia si recò in Italia, prima a Roma all’inizio del 1550, poi a Moncalieri in Piemonte. Partecipò anche alla guerra di Parma. Il suo nome è citato nel Trattato delle guerre di sua memoria (1600) di Cristoforo Visconti, a proposito di un’operazione sul ponte di Cherasco. Nel 1552, mentre Siena si ribellava al controllo imperiale, Sampiero insieme con altri signori coinvolti nelle vicende italiane, tra cui l’ammiraglio Nicolas Durand de Villegagnon, spinse il re Enrico II alla conquista della Corsica. L’isola poteva rappresentare una base strategica formidabile per ostacolare i collegamenti tra le diverse parti dell’impero di Carlo V, situata com’era sulla rotta tra Barcellona e Genova. Caterina de’ Medici l’avrebbe definita come un «magnifico cavaliere» tra la Spagna e l’Italia.
Per tutta questa fase, Sampiero militò nella fazione dei Valois, al servizio di Francesco I e poi di Enrico II, contro il partito degli Asburgo, di Carlo V e di suo figlio Filippo II, re di Spagna. Alleati dei francesi erano i turchi governati da Solimano il Magnifico, alleanza rinnovata da Enrico II nel 1551. Così, nell’agosto del 1553, un contingente franco-turco partito da Castiglione della Pescaia gettò l’ancora di fronte a Bastia. Per tutta la campagna in Corsica, Sampiero sarebbe stato un aiuto prezioso per i francesi guidati dal maresciallo Paul de Termes: grazie a lui presero Bastia e Ajaccio, e ottennero l’appoggio di numerosi signori e notabili locali. Il suo intervento fu essenziale anche nel 1554, per la resa di Bonifacio bombardata dalla flotta turca di Dragut. A ottobre, quando l’isola era ormai caduta quasi tutta in mano francese, Genova mise una taglia di 5000 scudi d’oro sulla sua testa (l’atto stampato si trova in Archivio di Stato di Genova, Sala B. Senarega, f. 1281, 14 ottobre 1553).
Per Genova era giunto il momento di fare appello agli alleati, innanzitutto Filippo di Spagna, che poteva contare sul sostegno del padre, Carlo V, e di Cosimo I de’ Medici. Entrambi inviarono truppe per sostenere il contrattacco di Andrea Doria. L’operazione fu finanziata in gran parte dalla Casa di S. Giorgio. Nel novembre del 1553, Doria partì alla volta dell’isola: per prima cosa mise sotto assedio San Fiorenzo, che cadde nel febbraio del 1554, e riprese Bastia. Poi puntò a sud verso il Nebbio e la Castagniccia. Le sue truppe si scontrarono sul Golo con quelle guidate da Sampiero, e questi ne uscì ferito. Eppure, quando i genovesi fallirono nel tentativo di impadronirsi di Corte, Sampiero, pur ferito e ancora debole, riuscì comunque a mobilitare un gran numero di corsi e a battere l’esercito genovese sul colle di Tenda, il 18 settembre 1554, alla testa delle truppe francesi. La parte genovese subì perdite gravissime: duecento morti e settecento prigionieri, tra cui la maggior parte degli ufficiali. Ma i rapporti di Sampiero con de Termes si erano deteriorati, tanto che Sampiero fu richiamato alla corte di Francia, dove rimase per quasi un anno. De Termes l’avrebbe seguito poco dopo: con la guerra che si spostava verso il Nord-Est della Francia, tanto i francesi quanto i genovesi ritirarono il grosso delle truppe dalla Corsica, divenuta ormai un obiettivo secondario.
Quando Sampiero tornò sull’isola nel settembre del 1555, Enrico II aveva già nominato Giordano Orsini sostituto di de Termes. Da un testo conservato negli archivi di Mosca emerge chiaramente la posizione di Enrico II, che non aveva mai pensato di mettere un isolano, fosse anche Sampiero, alla testa della spedizione corsa. Deluso, Sampiero divenne l’acerrimo rivale del nuovo comandante. Anche Orsini, da parte sua, si lamentò spesso con il re della condotta di Sampiero, che si credeva «il capo della Corsica». Fu Orsini a uscirne vincitore: nell’ottobre del 1557, Sampiero dovette lasciare nuovamente l’isola. Provò a tornare nel febbraio del 1558, ma fu richiamato definitivamente su richiesta di Orsini nell’estate dello stesso anno. Non tornò in Corsica prima della fine della guerra e della Pace di Cateau-Cambrésis.
Al momento della firma della pace, Sampiero abitava a Marsiglia, nel quartiere Accoules, a due passi dal rione corso, che domina il vieux port. Dal governatore della Provenza ottenne l’incarico di governatore di Aix-en-Provence, ma non lo conservò per più di un mese e mezzo, dal settembre al novembre del 1560, per via di contrasti con le autorità cittadine. Continuava comunque a percepire una pensione concessagli da Caterina de’ Medici, senza contare la residenza nel cosiddetto Jardin du Roi, costruita dal re Renato d’Angiò, penultimo conte di Provenza, a partire dal 1459. Nel frattempo, le autorità francesi, in particolare la regina madre e il governatore di Provenza, Claude de Tende, reclamavano dalla Casa di S. Giorgio la restituzione dei beni della moglie e del figlio.
Sampiero poteva ancora tornare utile nella prospettiva di una nuova alleanza franco-ottomana, un’alleanza che per forza di cose doveva restare più o meno occulta, visto che la Francia, con la firma del trattato di Cateau-Cambrésis, si era impegnata a non creare nuovi scompigli in Europa. Sta di fatto che nel 1562 Sampiero partì per un’ambasciata a Costantinopoli, alla corte di Solimano. Ufficialmente era venuto per negoziare un prestito, ufficiosamente sperava di ottenere l’aiuto della flotta turca per cercare di riprendere la Corsica nell’estate del 1563. Nell’aprile del 1562, Sampiero fece testamento prima di partire alla volta dell’Oriente per «affari segreti»: come nel 1559, l’amministrazione dei suoi interessi fu affidata alla moglie Vannina (Marsiglia, Archivio dipartimentale delle Bocche del Rodano, notaio Champorcin, studio Fillatreau, n. 40, f. 908).
Sampiero giunse ad Algeri il 28 giugno, quando in Corsica le autorità genovesi scatenarono una violenta rappresaglia contro i suoi amici: ci furono arresti, torture e persino alcune esecuzioni. Nel frattempo la moglie Vannina aveva venduto le proprietà e si preparava a partire per Genova. Sampiero, che aveva ricevuto la notizia durante il soggiorno ad Algeri, prese le sue precauzioni prima di recarsi a Costantinopoli. Vi giunse nel novembre del 1562 e fu ricevuto da Solimano. Non ottenne nulla di concreto, ma da alcune lettere partite dalla sua cerchia i genovesi credettero di capire che una flotta turca sarebbe partita alla volta dell’isola. Per tutta risposta, dopo un tentativo fallito di assassinare Sampiero, furono stilate delle nuove liste di proscrizione: in testa figurava il suo nome (Archivio di Stato di Genova, Fondo Corsica, f. 77, 20 aprile 1563). Non solo, su richiesta di Genova Filippo II inviò in Corsica l’ingegnere militare Giovan Giacomo Paleari, detto il Fratino, perché fortificasse i due golfi minacciati dalla flotta turca: San Fiorenzo e Ajaccio. Nella metà del 1563, il Fratino raggiunse sull’isola il colonnello Giorgio Doria. Vi sarebbe rimasto un anno intero. Intanto, mentre Sampiero rientrava da Costantinopoli, la moglie Vannina cercò di fuggire a Genova. Aveva promesso al Senato le ‘carte’ di suo marito: i documenti avrebbero dovuto provare l’esistenza di un complotto antigenovese, di cui Sampiero era l’agente e la regina madre di Francia l’ispiratrice. Vannina venne catturata a Cap d’Antibes e ricondotta a Marsiglia. Sampiero la uccise il 18 agosto 1563, atto del quale non fu mai chiamato a rispondere.
Per qualche tempo Sampiero rimase alla corte di Francia, presso Caterina de’ Medici. Poi, dopo aver affidato l’amministrazione dei suoi beni a Thomas Lenche, un mercante marsigliese di origini capocorsine – gran fornitore d’armi per la reggenza di Algeri –, ritornò in Corsica con un pugno di uomini. Sbarcò nell’estate del 1564 sulla spiaggia di Valinco, nel Sud dell’isola, trasportato da una galea francese. Da qui scrisse a diversi capi di Stato per spiegare le ragioni del proprio intervento, vale a dire la presunta mancata applicazione da parte di Genova di alcune clausole del trattato di Cateau-Cambrésis. Sull’isola, invece, preferì presentarsi come l’erede del gran signore corso che per tre volte nel secolo precedente si era ribellato alla Casa di S. Giorgio: Giovan Paolo de Luca, di cui aveva rivestito l’arme. Se non ottenne subito un grande sostegno popolare, il suo prestigio andò rafforzandosi a mano a mano che attraversava l’isola. Constatando l’impotenza delle autorità genovesi, le truppe corse al servizio della Repubblica cominciarono a defezionare. L’11 luglio 1564, Sampiero sconfisse i genovesi nella battaglia di Caccia (in effetti lo scontro ebbe luogo poco lontano da Ponte Novu). Fu una vittoria schiacciante, eppure la cavalleria della Repubblica subì solo sedici perdite: ai genovesi restava ancora una certa capacità offensiva.
Intanto, temendo l’arrivo in Corsica della flotta turca, Filippo II aveva inviato 2500 uomini in aiuto di Stefano Doria, di cui 1500 provenienti dai tercios. I genovesi potevano inoltre contare sulla flotta dell’ammiraglio Giovan Andrea Doria per un sostegno nelle operazioni costiere. Sampiero non tardò a contrattaccare: nel marzo del 1565 prese Sartena, poi il castello di Istria passando la guarnigione a fil di spada. L’idea era di trasformare quella guerra ‘feudale’ in una guerra ‘nazionale’, corsi contro genovesi, per quanto le spese del conflitto fossero sostenute sottobanco da Caterina de’ Medici. Ma con il protrarsi della guerra l’entusiasmo cominciò ad affievolirsi e le sovvenzioni a ridursi. Anche i genovesi conobbero momenti di crisi: come quando furono richiamati i veterani spagnoli, a seguito dell’assedio di Malta che ormai escludeva un’operazione in Corsica della flotta turca. Facendo leva sui vecchi antagonismi, in particolare quello che opponeva i rossi e i neri nel Nord, Genova voleva creare sull’isola le condizioni per una guerra civile, corsi contro corsi. Nel Sud, intanto, si prometteva indulgenza ai seguaci di Sampiero che avessero accettato di abbandonarlo o, addirittura, di eliminarlo. Per diversi tramiti i genovesi riuscirono ad arrivare al nobile Ercole d’Istria, parente di Sampiero, ma quest’ultimo si insospettì e lo fece imprigionare a Sagona. Fu liberato con un colpo di mano mentre veniva trasferito per nave sul continente, nel novembre del 1566.
Il 17 gennaio 1567, mentre si recava nei pressi di Bastelica con il figlio, Sampiero cadde in un’imboscata. Tra gli assalitori c’erano anche i cugini della moglie, i fratelli d’Ornano, discendenti di un figlio bastardo escluso dalla successione di Alfonso d’Ornano, nonno di Vannina.
La storiografia del passato si è interessata al personaggio di Sampiero per ragioni che oggi suonano obsolete: per alcuni è stato il profeta della ‘Corsica francese’ del XVIII secolo – ma dimenticano che Sampiero era corso e che in fondo, più che per la Francia, lavorava per se stesso; altri vedono in lui l’antagonista dei colonizzatori genovesi, una sorta di liberatore della Corsica, un precursore di Pascal Paoli; per altri ancora Sampiero è un personaggio da romanzo, se non addirittura il modello dell’Otello di Shakespeare. Solo il rigore della ricerca storica può ricollocare la figura di Sampiero di Bastelica nel suo contesto più autentico.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Genova, Fondo Corsica, ff. 2, 503, 504-506; A. Arrighi, Histoire de Sampiero Corso, Bastia 1842; G. Livi, La Corsica e Cosimo I de’ Medici, Firenze-Roma 1885; A. Marcelli, Sampiero Corso, governatore in Aix in Provenza, in Archivio storico della Corsica, XII (1936), 1, pp. 47-57; C. Bornate, La missione di Sampiero Corso a Constantinopoli, in Archivio storico della Corsica, XV (1939), 3, pp. 472-502; H. Joly, La Corse française au XVIe siècle. La première occupation (1553-1559), Lyon 1942; R. Emmanuelli, Les compagnies corses à Aix-en-Provence (1575-1586), Paris 1953, cap. I; Id., Gênes et l’Espagne dans la Guerre de Corse (1559-1569), Paris 1964; F. Braudel, La Méditerranée et le monde méditerranéen à l’époque de Philippe II, Paris 1966; A.-M. Graziani, La Corse génoise. Economie, société, culture, période moderne, 1453-1768, Aiaccio 1997, pp. 161 s., 167; M. Vergé-Franceschi - A.-M. Graziani, Sampiero Corso 1498-1567, un mercenaire européen au XVIe siècle, Aiaccio 1999; Corsica Genovese, La Corse à l’époque de la République de Gênes, XVe-XVIIIe siècles (catal.), a cura di A.-M. Graziani, Bastia 2016, pp. 34-36.