SAMOSATA (gr. Σαμόσατα; arabo Sumaisāt; sir. Shemīshāt; oggi Samsāt)
Antichissima città situata sulla sponda destra del corso superiore dell'Eufrate, a NE. della città di Kargamish. Risale certamente ancora al tempo degli Hittiti, poiché vi fu rinvenuta una stele con la figura di un principe hittita. Il punto del fiume sul quale è situata deve essere stato un incrocio di strade molto importante, le quali conducevano lungo le sponde del fiume nell'interno dell'Asia Minore e in Siria e in direzione orientale-occidentale verso l'Occidente e l'Oriente. La stele hittita contiene la figura di un principe in piedi, volto verso sinistra, con un mantello lungo, provvisto di una lunga frangia e che arriva fino alle caviglie. Nella sinistra egli tiene un cosiddetto lituo, abbassato. Un'iscrizione in segni geroglifici hittiti corre nei lati brevi della stele. Non conosciamo ancora il nome hittita della città, la quale comunque non può essere stata la famosa città hittita della dea Istar Shamukha. Sappiamo però che a Samosata esisteva un tempio del dio della tempesta. Samosata era la capitale della Commagene, vale a dire di quel territorio che gli Assiri chiamavano Kummukhu e che si estendeva sulle due sponde del corso superiore dell'Eufrate. Il re assiro Sargon II sottomise il paese e ne fece nell'anno 708 una provincia assira. Dai tempi di Diocleziano il territorio ebbe il nome di Eufratesia. Nel periodo ellenistico la Commagene fu retta da una dinastia indigena, della quale un famoso monumento funerario si è conservato nel Nimrud Dağ. Dall'anno 17 d. C. essa fece parte dell'impero romano annessa alla provincia della Siria. Ancora oggi le rovine della città antica di Samosata sono coperte da una collina artificiale (tell).
K. Humann e O. Puchstein, Reisen in Kleinasien und Nordsyrien, Berlino 1890, tav. XLIX, 1-3; L. Messerschmidt, Corpus Inscriptionum Hettiticarum (1900), tav. XVII e p. 14; J. Garstang, The Hittite empire, Londra 1929, pp. 113, 193 e 234; W. F. Answorth, A personal narrative of the Euphrates Expedition, I, ivi 1888, p. 195 segg.