SAMOIEDI (Samojedi)
Popolazione dell'Asia e dell'Europa settentrionale, che forma un ramo della grande famiglia dei popoli uraloaltaici e si considera particolarmente affine, per il linguaggio, al gruppo ugro-finnico. Lo Jenissei costituisce all'incirca il confine fra le due principali suddivisioni di questo popolo: lo Juraki a occidente (6000 ab.) e i Taugi a oriente (1300 ab.). Il territorio occupato è costituito essenzialmente dalla tundra polare, senz'alberi. Non tutta la tundra è percorsa tuttavia dai due gruppi di nomadi, giacché l'estremità settentrionale della Penisola di Taimir rimane sempre deserta, e così da parte delo Juraki, salvo circostanze eccezionali, l'Isola di Waigač e la Novaja Zemlja. D'altra parte, fra i corsi inferiori dell'Ob e dello Jenissei i Samoiedi invadono anche la zona della foresta e in questa si trova, pure fra i due fiumi, un loro gruppo isolato più meridionale, i Samoiedi del Narim, detti anche, impropriamente, Ostiaco-Samoiedi (6000 ab.). Ma quelli che conosciamo meglio e che si sono anche conservati più esenti dalla russificazione sono i Samoiedi della tundra asiatica.
I Samoiedi sono grandi allevatori di renne, i migliori della Siberia occidentale: la caccia e la pesca rappresentano attività secondarie, per quanto taluni insediamenti rivieraschi siano composti quasi esclusivamente di pescatori. La vita nomade di questi pastori esige un'abitazione di facile costruzione e questa è offerta dal ciùm, una capanna conica formata da stanghe di legno confitte nel suolo a cerchio e riunite in fascio all'estremità superiore. La copertura è data da pelli di renna cucite insieme, in modo da lasciare un foro in alto per l'uscita del fumo e un'apertura in basso per la porta. Nella regione dei boschi le pelli sono spesso sostituite con scorze di betulla. Quando il gruppo si sposta, la capanna è smontata e i pezzi caricati sulla slitta. Il centro della capanna è occupato dal focolare, mentre alle pareti, in giro, sono i sedili coperti di pelli di renna che la notte funzionano da giacigli.
Il vestiario è quale lo richiede il clima, cioè caldo e abbondante, e non presenta differenze marcate per i due sessi. Quello delle donne consiste sostanzialmente di una veste con maniche, serrata alla vita da una cintura composta di molti pezzetti di pelle di diversi colori cuciti insieme a musaico simmetrico e di striscie alternate di pelle e di panno (europeo), con una larga frangia di pelo di cane sugli orli dell'apertura frontale e in basso. L'abito invernale è doppio, cioè foderato di pelle col pelo di dentro; i guanti di pelliccia legati alle maniche, il cappuccio orlato di code di volpe e gli alti stivali di pelle col pelo in fuori completano l'abbigliamento. Le donne portano la maggior parte degli ornamenti di cui dispongono attaccati al cappuccio dietro la testa o attaccati alle code, avvolte da un cordoncino di lana, che portano legate al cappuccio stesso o alla testa. La tunica degli uomini è chiusa sul davanti, con la sola apertura per passare la testa e ha il cappuccio attaccato.
Il cibo è dato quasi totalmente da carne e lardo di renna, cacciagione e pesce: spesso consumati crudi e in grande quantità, come è di altri popoli delle regioni polari. Volentieri il Samoiedo apre anche una vena a vitelli di renna e beve con avidità il sangue caldo che ne zampilla. Il tè, la farina, l'acquavite e il tabacco sono stati importati dai Russi.
La vita dei Samoiedi è legata al nomadismo delle renne. La renna è un animale migrante per eccellenza: gli spostamenti di maggior portata sono quelli stagionali, perché d'estate gli armenti, come già i branchi delle renne selvatiche, devono salire verso nord nella tundra o nella montagna (Urali) per cercare pascoli freschi e per sfuggire al flagello degl'insetti succhiatori, nell'inverno scendono nelle valli o si spargono nella foresta. La ricchezza si misura dal numero di capi di bestiame posseduto e vi sono mandrie di centinaia di capi. Ma anche del cane si fa in molti luoghi un vero allevamento specialmente per utilizzarne la pelliccia, mentre esso è ormai poco usato per il tiro delle slitte.
Una volta però doveva essere altrimenti: il cane, nel nord, pare aver preceduto la renna come animale da tiro e, prima ancora che dai cani, la slitta fu tirata un tempo dall'uomo stesso. Esistono ancora del resto modelli di slitte a mano, a forma di un canotto a fondo piatto, che sono senza dubbio i tipi primitivi. Le slitte per cani o per renne sono invece simili, salvo le dimensioni e la pesantezza: hanno un ponte alto poggiato mediante assi verticali a due larghi pattini incurvati in alto sul davanti e riuniti da assi orizzontali. Sono piuttosto pesanti, ma adatte all'ambiente vario in cui devono servire; ad esse vengono talvolta attaccate due o tre renne. Un altro elemento indispensabile del nomadismo samoiedo sono i pattini da neve, molto simili agli sci europei, soltanto un po' più larghi, e che nelle zone montuose vengono pure foderati al di sotto con pelli di renna col pelo in fuori. I Samoiedi sono poi anche buoni marinai e usano barche scavate in un tronco d'albero e rialzate ai bordi con tavole.
Le renne destinate all'alimentazione vengono uccise mediante strangolamento e poi sgozzate: probabilmente per motivi magici, come la castrazione dei vitelli praticata a morsi. Ma il Samoiedo non macella volentieri le sue renne e non ne utilizza nemmeno il latte, perché d'estate, quando le femmine hanno figliato, le mandrie sono spesso lasciate vagare libere nei dintorni degli accampamenti.
La caccia, anche alla renna selvatica, e la pesca devono quindi integrare il necessario alla mensa. Per la prima servono le trappole ad arco e soprattutto l'arco, del noto tipo composto asiatico: fatto di due sorte di legni, larice e betulla, tenuti insieme con scorza di betulla. Le frecce hanno punte di ferro, di forma lanceolata o bifida, oppure di legno o d'osso a testa allargata per gli animali più piccoli di pelliccia pregiata (uno dei maggiori prodotti della zona samoieda è il petit-gris). Anche dopo la diffusione delle armi da fuoco questi archi sono rimasti in uso. Il coltello di ferro dalla larga lama è un'altra arma che non manca mai, mentre invece lance, arponi e fiocine sembraino scomparsi del tutto.
La vasta dispersione e gli spostamenti continui dei gruppi hanno ostacolato la formazione di compagini politiche un po' ampie. Le tribù sembrano avere una base più che altro territoriale o locale: prima della conquista russa ognuna di esse aveva il suo capo. Un altro personaggio importante in ogni gruppo è il tatibè, stregone o sciamano (v. sciamanismo), sopravvissuto del resto, come gran parte delle antiche concezioni animistico-magiche, anche alla generale ma superficiale adozione del cristianesimo greco-ortodosso. Le manifestazioni esterne dell'antico paganesimo sono pure scomparse e gli sciaitàn, gl'idoli indigeni che accompagnavano i Samoiedi su piccole slitte anche nella loro peregrinazione o venivano piantati presso le tombe o sui luoghi dei sacrifici, sono probabilmente tutti nei musei.
Alcune tribù samoiede abbandonavano un tempo, come altre genti dei climi freddi, i loro morti nella tundra, senza alcuna sepoltura. Alcuni luoghi però, come, ad es., l'isola sacra di Vajgač, sono preferiti per recarvi le spoglie dei morti: questi sono collocati, ravvolti nelle loro pelliccie e talvolta dentro un mezzo canotto e insieme con i loro averi personali più caratteristici, in cassoni di legno tenuti fissi da pali piantati nel suolo, ricoperti con i cranî delle renne sacrificate in onore del morto.
La famiglia è patriarcale: non mancano tuttavia tracce di un più antico matriarcato, come, p. es., nell'uso che la sposa, subito dopo le nozze, ritorni per qualche tempo presso i suoi genitori. La poligamia è permessa, ma poco praticata. Il matrimonio si fa per compra; la fedeltà della donna non è osservata con molta severità e pare fosse comune in passato il prestito e lo scambio delle mogli.
L'indole è gaia e bonaria: pare che una volta fosse d'uso il saluto mediante lo strofinio del naso. Poco sviluppata è l'arte: le immagini in legno degli dei o degli antenati che venivano piantate accanto alle tombe o sui luoghi dei sacrifici sono estremamente schematiche, semplici le decorazioni scolpite negli utensili di legno. Unico strumento musicale è il penser, il tamburello magico dello sciamano, mentre la musica, il canto, la danza presentano forme assolutamente elementari. La letteratura orale sembra invece ricca e hanno in essa una parte importante le favole e i racconti d'imprese famose di caccia.
I Samoiedi, come si è detto, si estendono anche nella tundra europea e arrivavano nel sec. XVIII sino alle sponde del Mar Bianco. Nel secolo successivo il loro territorio europeo diminuì notevolmente: ma più di recente gruppi samoiedi hanno di nuovo invaso la provincia russa di Arcangelo spingendosi sino alla penisola di Kola e alla Novaja Zemlja.
Lingue. - Le lingue samoiede, parlate su un territorio molto esteso, si suddividono in numerosi dialetti, alcuni dei quali considerevolmente differenziati. Le suddivisioni principali, generalmente ammesse dagli studiosi, sono le seguenti: 1. samojedo Jurak (di qui in poi abbreviato con J.) parlato dal Mar Bianco fino allo Jenissei; 2. samojedo Tavgiy (abbr. T.) parlato a oriente del territorio degli Juraki fino al Golfo di Chatanga; 3. samojedo Ostiaco (abbr. O.), da non confondersi con l'ostiaco ugrofinnico (v. ostiachi, XXV, p. 748) o con l'ostiaco dello Jenissei (v.); il samojedo ostiaco è parlato sulle rive dell'Ob e dei suoi afluenti, fra il Tym e il Čulym; 4. samojedo del Jenissei (abbr. Jen.), parlato fra il territorio dei Samoiedi Juraki e Tavgij; 5. kamassino (Kam.), molto corrotto dall'influsso tartaro. A questi cinque gruppi di dialetti tuttora parlati, bisogna aggiungerne altri tre estinti e precisamente: 6. koibal (v. Koibali); all'epoca dei viaggi di Castrén (1847) alcuni vecchi Koibali ricordavano ancora alcune parole del samoiedo; 7. motor e 8. taigi, completamente estinti.
I dialetti samoiedi, quantunque considerevolmente differenziati l'uno dall'altro, postulano senza alcun dubbio un samoiedo comune, dal quale si sono staccati in epoca non troppo remota. Il samoiedo poi, come fu ben visto già da M. A. Castrén (v.), e provato in modo indubbio più tardi da J. Halász, H. Winkler, E. N. Setälä, H. Paasonen, ecc., è genealogicamente affine all'ugro-finnico, sì da potere ammettere che l'ugrofinnico comune e il samoiedo comune si siano staccati, in epoca remota, da un unico ceppo che viene chiamato uralico (v. uralo-altaiche, lingue). Le corrispondenze fra samoiedo e ugrofinnico sono ormai messe in chiaro; ne vedremo qui rapidamente alcune. Nella fonetica:
1. L'alternanza m ~ b, v, u, zero nel samoiedo, corrispondente all'alternanea *m ~ *β(zero) nell'ugrofinnico; p. es., J. ńem "nome", ńeb-l "il tuo nome", gen. pl. niwi′, cfr. finn. nimi, ost. nèm, ma ungh. név.
2. Protoural. *-ń-2 > ugrof. ń, sam. j, i, zero, p. es., ungh. könny "lacríma", lapp. di Kola kèńal': sam. J. hājel, Kam. kejel. L'alternanza ń ~ j esiste anche nello stesso samoiedo, p: es. O. (Jelogui) kāńe "brina" (anche kāji, kāi).
3. Protoural. *-l- > ugrof. -l-, sam. l (l′ > l; ll), ezro (ma protosam. -l-> Jen. r; (Baicha lr); p. es., finn. kala "pesce", ungh. hal: sam. J. hālea; Jen. kare; Kam. kola; Koib. kola; Motor kele, ecc., ma finn. kuole- "morire", ungh. (mtg)hal-: sam. Jen. hā-dm, T. kū'am.
4. Protoural. *r- > ugrof. r-, protosam. l-; cfr. finn. rita "trappola", lapp. di Kola ratte; sam. O. lata, latta; J. lādo-rna. Per converso protoural. *-r- resta anche in sam. (salvo il mutamento dial. nel t: hantai in lr) p. es., ungh. por, finn. poro "polvere"; sam. Kam. phürä "sabbia".
5. Protoural. *k- > ugrof. k (> ungh. h-); protosam. k (> J. h) v. esempio al n. 3. Più complesse le corrispondenze del protoural. *-k > ugrof. *k ~ γ (> ungh. v, zero) > sam. J. h. zero; T. k (~ g); Jen. h, zero, k, kk, g; Kam. g, zero; p. es., finn. joki "fiume" ost. ioγàn; ungh. -jó, -jou (solo in idronimi): sam. J. jaha; Kam. t′aga.
6. Al protougrof. δ′ iniziale (> finn. t-, cer. l, vog. l′, ungh. gy?) ricostruzione incerta e non ammessa da alcuni ugrofinnisti, corrisponderebbe j nel sam. comune (> O. č-, t′) p. es. finn. tymä, cer. lümö, ungh. enyv "colla", cfr. sam. J. jibea, T. jimi, O. čeu, t'eu, t'ou. Al protougrof. *-δ′- (~ j) corrispondono sam. J. j; T. zero (o d, ß); Jen. i, ij (o d′); Ost. d′, t′, tt′, ž; Kam. j, p. es. finn. kadota (pres. katoan) "andar perduto", ungh. hāgy- "lasciare": sam. J. haje-u; O. kuežap, kued′au; (cfr. Setälä, Nyk., XXVI, p. 434 segg.).
7. Al protougrof. -t- (~ δ) (> ungh. z (l)) corrispondono sam. J. d (t′, d′) e in finale assoluta -t; T. t (~ d); Jen. d; O. t, tt, d; Kam. d; dinanzi a consonante t e, in finale assoluta, zero; p. es. finn. vete- gen. veden "acqua"; cerem. βüt; ungh. víz; sam. J. jid-m (acc.); T. beda-n (gen.); O. üt, öt.
8. Uralico *p- > ugrof. p (> ungh. f); > protosam. *p (> J. O. p; T. Jen. [Cb.] f; Kam. ph, p; Koib. p; Motor ch, Taigi h) p. es. finn. puu; cer. sir. pu; ungh. fa "albero"; sam. J. pea; T. fā, Jen. (Ch.) fe; O. pū Kam. pha; Koib. pa; Motor cha; Taigi hä. All'ugrof. -p- corrispondono sam. J. b, w, T. f (~ b); Jen. b; O. b, p; K. b, w; Koib. b e solo Motor zero.
9. Al protougrof. ø (ṭš) corrispondeva probabilmente un č nel protosamoiedo; le corrispondenze coi dialetti sono: a formula iniziale: J. t, t′; T. t; Jen. t; O. K. c, č, t; Kar. t. A formula intervocalica le medesime corrispondenze di -t- (v. § 7). P. es., Ost. tšukitem "spezzettare": sam. J. taha-btā-u "spezzare".
10. Al protougrof. č (t′-s′-) doveva corrispondere nel protosam. s′.; abbiamo infatti: J. ś, š; T. s; Jen. ś, s; O. š; p. es., Vog. šurri "scolare": sam. J. šul-nga "scorre". Più complesse sono le corrispondenze per -č-(J. c, t′ e s; T. s, Jen. t′; O; š, s; K. š), cfr. Toivonen, Fuf., XIX, p. 254 segg.
11. Il trattamento delle sibilanti uraliche dipende dalla presenza o meno della palatalizzazione. Probabilmente ural. s > protosam. t e ural. ś > s, š, mentre ural. š avrebbe dato gli stessi esiti di s (> t), ma secondo T. Lehtisalo, Finnisch-ugrische Forschungen, XX, 121 segg., ural. š > sam. s (e non t). Come esempî bastino: per *s: sir. soi, vot. suj "braccio"; ungh. ujj "dito"; sam. T. t′ija; O. tö-nan; finn. pesä, ungh. fészek "nido", sam. J. pidea; O. ped, pet.
Uno dei punti più importanti nella fonetica samoieda è la presenza di un'alternanza consonantica (Stujenwechsel) che corrisponde a quella che si trova nelle lingue ugrofinniche e che quindi deve risalire già all'uralico comune (cfr. E. N. Setälä, Über Art, Umfang und Alter des Stufenwechsels im Finnisch-Ugrischen und Samojedischen, negli "Anzeiger der finnischugr. Forschungen '', XII (1912) pp.1-128; A.A. Sotavalta, Astevaihtehtsta samojedi kielissff (L'alternanza consonantica nella lingua samoieda), Helsinglors 1912.
Anche nella morfologia le concordanze fra samoiedo e ugrofinnico che si possono con ragione far risalire all'uralico comune sono numerose ricorderemo brevemente:1. il suffisso del genitivo -n; p. es., sam. O. kulen, gen. di kule "corvo" come nel finnico,- lappone, mordvino e ceremisso; 2. il suffisso dell'acc. -m, p. es. sam. J. ˜udam, acc. di ˜uda "mano" come nell'ugrofinnico (vogulo, ceremisso); 3. il suffisso del locativo -na e il suffisso del lativo -ñ; 4. il plurale in -t e -i; per tacere di molte altre.
Infine le corrispondenze lessicali, ormai sicure, sono numerosissime e riguardano concetti primitivi e importanti, permettendoci anche di farci un'idea approssimativa di quale fosse la cultura dei Protouralici.
F. H. Müller, Der ugrische Volkstamm, Berlino 1837; M. A. Castrén, Ethnologische Vorlesungen über die altaischen Völker, Pietroburgo 1857; S. Sommier, Un'estate in Siberia, Firenze 1885; M. A. Czaplicka, Aboriginal Siberia, Oxford 1914; W. Jochelson, Peoples of Asiatic Russia, American Mus. of nat. Hist., New York 1928 (con bibliografia).
Per la lingua: M. A. Castrén, Gramamtik der samojedischen Sprachen, Pietroburgo 1854; id., Wörterverzeichnisse aus den samojedischen Sprachen, ivi 1855 (due opere fondamentali; le uniche sicure basi per lo studio del samoiedo); J. J. Budenz, Adalék a jurák-szamojéd nyelv ismeretéhez (Contributi alla conoscenza della lingua samoieda jurak), in Nyelvtudmányi Közl., XXII, pp. 81-112; Jurák-szamojéd szójegyzék (Glossario Sam J.), ibid., pp. 321-76; J. Halász, Az ugor-szamojéd nyelvrokonság kerdése (La questione della parentela linguistica ugro-samoieda), in Nyelvtud. Közl., XXIII, pp. 14-34, 260-278, 436-47; XXIV, pp. 443-69; J. Munkácsi, Adalélok az ugor-szamojéd nyelvvhasonlításhoz (Contributi alla linguistica comparativa ugro-samoieda), nei Nyelvtud. Közl., XXIII, pp. 87-93; H. Winkler, Samojedisch u. Finnish, nelle Finnish-ugrische Forschungen, XII, pp. 115-27 e XIII, pp. 120-63; E. N. Setälä. Zur Frage nach der Verwandtschaft der finnish-ugrischen u. samojedischen Sprachen, in Journ. de la Soc. Finno-Ougr., XXX, Helsingfors (1915); H. Paasonen, Beiträge zur finnisch-ugrisch-samojedischen Lautgeschichte, Budapest 1917 (anche nella rivista Keleti Szemle, XIII-XVII; opera fondamentale, indispensabile); K. Donner, Ueber die anlautenden labialen Spiranten u. Verschlusslaute im Samojedischen u. Uralischen, in Mém. Soc. Finno-Ougr., XLIX, Helsingfors 1920; T. Lehtisalo, Ueber den Vokalismus der ersten Silbe im Juraksamojedischen, ibid., LVI, ivi 1927; K. Donner, Sam. Wörterverzeichnisse, ibid., LXIV, ivi 1932 (importantissima raccolta di tutte le liste di vocaboli samoiedi anteriori a quelle delCastrén).