SAMARIA (ebraico Shōmĕrōn)
È il nome dell'antica città, situata quasi nel mezzo della Palestina, che fu la capitale del regno settentrionale ebraico detto anche d'Israele o di Samaria: oggi il piccolo villaggio che ne occupa il posto si chiama Sebasṭiyyeh.
La città fu costruita verso l'880 a. C. da Omri, sesto re d'Israele, col preciso scopo di fornire al suo regno una capitale, geograficamente ben situata e militarmente forte, di cui ancora era privo: e in realtà la collina prescelta alla costruzione rispondeva assai bene ad ambedue questi scopi. Oltre al suo fondatore, che vi costruì un palazzo reale, vi lavorarono i suoi successori Acab e Geroboamo II, sia per abbellirne il palazzo sia per renderla sempre più agguerrita; la città infatti più tardi resistette ai gravi assedî messivi dai Siri di Damasco, e anche all'ultimo postovi dagli Assiri tenne fronte molto tempo. Il re Acab vi introdusse, sotto l'influenza della propria moglie fenicia, il culto di Baal e di Astarte, per cui fu costruito un tempio; ma in seguito il re Jehu distrusse il tempio e mise a morte i seguaci del culto.
Divenuto il regno di Samaria vassallo dell'Assiria, tentò più volte di riacquistare la sua indipendenza. L'ultimo tentativo avvenne nel 724 a. C., e subito la capitale fu assediata dall'assiro Salmanassar V, ma grazie alle sue saldissime fortificazioni resistette molti mesi; durava ancora l'assedio quando Salmanassar morì, succedendogli Sarg0n, nel cui primo anno di regno (722-721 a. C.) la città fu espugnata. Secondo i metodi assiri Samaria fu distrutta totalmente, e gli abitanti israeliti del regno furono deportati in Assiria: al posto delle popolazioni deportate furono importate altre stirpi soggiogate dagli Assiri verso quel tempo, che si mescolarono con i pochi Israeliti rimasti e formarono l'ibrida razza dei Samaritani (v.).
Delle vicende della città, nel periodo che va dalla distruzione del 721 fino ai tempi di Alessandro Magno, siamo poco o nulla informati. Nel 331 Samaria dapprima si sottomise poi tentò di ribellarsi ad Alessandro, il quale perciò la smantellò e v'importò coloni ellenisti; diroccata nuovamente da Tolomeo I e poi da Demetrio Poliorcete, ebbe un lungo periodo di prosperità, ma verso il 108 a. C. fu presa e distrutta da Giovanni Ircano. Pompeo Magno nel 63 a. C. ricostruì la città, che fu poi ancor più fortificata da Gabinio. Essa fu poi ceduta da Augusto a Erode il Grande, che il 27 a. C. la trasformò totalmente secondo i canoni dell'edilizia grecoromana: vi costruì un tempio sontuoso dedicato ad Augusto, in onore del quale cambiò pnche il nome della città chiamandola Σεβαστή (conservatosi nell'odierno nome di Sebasṭiyyeh), e la popolò di veterani dell'esercito romano e di commercianti.
A Samaria, o almeno nel circostante territorio, il cristianesimo fu introdotto nei primissimi tempi dal diacono Filippo (Atti, VIII, 9-14), che vi s'incontrò con Simone Mago. Settimio Severo, verso il 196, fece della città una colonia, la quale tuttavia perdette ben presto importanza man mano che cresceva quella della vicina Neapolis (Nābulus; v.): nel sec. IV era ridotta a piccola città, ma già da quel tempo ebbe un vescovo. Al tempo dei crociati fu sede di un vescovato latino, e vi aveva residenza amministrativa un visconte.
Monumenti. - Nel villaggio si può ammirare la bella chiesa di S. Giovanni Battista sorta per opera dei crociati circa il 1165 sulle rovine di quella bizantina, nella cui cripta erano venerate le tombe del precursore e dei profeti Eliseo ed Elia. Restano la facciata, lembi di pareti, pilastri e fasci di colonne; il presbiterio e l'abside furono trasformati in moschea col nome di Nebī Yaḥyà.
Scavi condotti negli anni 1908-10 e sistematiche campagne archeologiche intraprese nel 1931 rivelarono differenti periodi storici della città. rra le superbe vestigia della civiltà romana sono il foro, vasta area di m. 128 per 72 di larghezza, racchiuso da potente muro e da colonnato esterno; la basilica civile, sala di m. 63 per 32 di larghezza divisa in tre navi da due ordini di colonne, il tribunale, lo stadio, il teatro, una larga via colonnata e la monumentale porta fiancheggiata da due torri all'ovest della città.
Sull'acropoli una solenne gradinata conduce a una vasta terrazza su su cui sorgevano l'Augusteo, un edificio absidale e una casa con portici. Tutte le costruzioni romane risalgono al tempo d'Erode, ma manifestano segni di riadattamento sotto Settimio Severo.
Al sud del tempio di Augusto fu riconosciuto, dal tipo di costruzione, da anfore rodiane, da cocci, da iscrizioni aramaiche e greche, il quartiere persiano ed ellenistico che ricopriva il palazzo di Omri e di Acah. Questo è un grande cortile su cui si aprono vani e camere sul tipo dei palazzi dei re d'Assiria. Le costruzioni del periodo israelita (torri, muro di cinta, case) sono, come a Megiddo, influenzate dallo stile fenicio.
Nel palazzo di Acab furono rinvenuti nel 1908 circa 75 ostraca o cocci con iscrizioni ebraiche a carattere arcaico che accompagnavano giarre d'olio o vino ai magazzini reali. Quivi pure nel 1932 fu scoperto uno strato di piccole placche d'avorio decorate con rilievi delicati e che probabilmente servivano d'intarsio ai mobili della "casa d'avorio" di Acab di cui fa menzione la Bibbia. I soggetti delle decorazioni mostrano una mescolanza di motivi egizî e orientali trattati da artisti indigeni.
Sono pure da ricordarsi due sarcofagi romani, una statua imperiale mutila e quella della dea Kore o Persefone trasportata al Museo nazionale di Gerusalemme.
Sul vertice della collina nel 1932 furono rinvenuti i resti di una chiesa eretta sul posto della prima invenzione della testa del Battista e di cui fanno menzione gl'itinerarî del sec. XIII. Essa sembra risalire al sec. V, ma in seguito fu soggetta a varie trasformazioni.
In una cappella laterale si notano ancora affreschi con scene della decollazione di S. Giovanni.
Per la storia della città v. le varie storie del popolo d'Israele citate a ebrei, o i commenti ai libri di Samuele-Re (v. re, libri dei). Per gli scavi del posto, v. G. A. Reisner, C. S. Fisher, D. G. Lyon, Harvard excavations at Samaria (1908-1910), voll. 3, Cambridge Mass. 1934.