SCARPITTA, Salvatore
SCARPITTA, Salvatore. – Nacque il 23 marzo 1919 a New York da Salvatore Cartaino senior e da Nadia Yarotsky.
Il padre, scultore di origine palermitana, era emigrato negli Stati Uniti d’America nel 1910. La madre, nata a Kovel, una cittadina russa al confine con la Polonia, intraprese per qualche tempo la carriera di attrice.
Pochi mesi dopo la sua nascita Salvatore si trasferì con la famiglia in California, a Hollywood, dove rimase fino al 1936. Nel settembre di quell’anno, infatti, partì per studiare in Italia. Nel 1937 frequentò per un breve periodo i corsi all’Accademia di belle arti di Palermo, per poi proseguire gli studi presso l’Accademia di belle arti di Roma. Nel 1938, su invito del console americano in Romania, soggiornò per cinque mesi a Bucarest. In autunno, rientrato a Roma, gli fu concesso uno studio presso l’American Academy. Nel maggio del 1940 si diplomò e dopo un breve soggiorno a Firenze partì di nuovo per Bucarest, rimanendovi fino a ottobre.
Con l’entrata in guerra degli USA iniziò un periodo molto difficile per Scarpitta, che, essendo cittadino americano, nell’estate del 1942 fu mandato al confino a Marta, sul lago di Bolsena. Tale soggiorno forzato durò fino all’estate del 1943, quando, con un permesso temporaneo, Scarpitta si recò a Roma e il 29 agosto sposò Clotilde Puntieri (dalla quale ebbe due figlie: Nadia e Lola). In settembre, con la moglie, si rifugiò sulle montagne abruzzesi: dapprima a Scanno e in seguito nel piccolo borgo di Frattura per sfuggire ai rastrellamenti dei nazifascisti. Nel maggio 1944, con un gruppo di partigiani e alcuni paracadutisti anglo-americani, per i quali fece da interprete, passò la linea di Castel di Sangro e raggiunse il comando inglese di Isernia. Proseguì poi verso Napoli, dove per circa un anno collaborò con la Subcommission for monuments, fine arts and archives nel quartier generale della Allied control commission. Nel luglio 1945 si arruolò nella marina militare statunitense e prestò servizio come interprete presso la base navale di Palermo. Nella primavera del 1946 fu trasferito alla base navale di San Pedro, in California, e il 10 aprile fu congedato. Dopo alcune settimane trascorse con i genitori a Hollywood, fece ritorno in Italia e si stabilì a Roma.
Nella capitale strinse rapporti di profonda amicizia con Roberto Melli, che considerò suo mentore, con Giulio Turcato, Piero Dorazio, Emilio Villa e Pietro Consagra. All’inizio del 1948 soggiornò per un mese a Parigi, avendo modo di conoscere Brancusi, Man Ray e Gino Severini, mentre nel mese di marzo partecipò con tre dipinti (Bicicletta, Carabiniere, Natura morta) alla V Quadriennale nazionale d’arte di Roma. L’anno seguente allestì la prima personale romana presso la Vetrina di Tanino (Gaetano) Chiurazzi.
Nel 1951 propose una personale alla galleria Il Pincio di Roma e prese parte con tre opere, tra cui L’albero del linciaggio (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna), alla mostra Arte astratta e concreta in Italia 1951, organizzata da Âge d’or – Art Club presso la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma; inoltre, con Motociclisti ottenne un premio-acquisto a Lerici nell’ambito del III premio nazionale di pittura Golfo della Spezia.
Nel 1952 fu invitato alla XXVI Biennale internazionale d’arte di Venezia (Motocicletta).
Nel 1953 il programma televisivo americano This is your life, che cercava di ricongiungere le famiglie separate dalla guerra, gli dedicò una puntata offrendogli la possibilità di ritornare dai genitori in California. Durante i mesi trascorsi negli Stati Uniti partecipò ad alcune mostre, tra cui l’annuale esposizione del Los Angeles County Museum of art, che acquistò il dipinto Motorcycle. Entro la fine dell’anno rientrò a Roma, dove nel 1955 tenne un’importante personale alla galleria La Tartaruga. Nel 1956 allestì una personale a Milano presso la galleria del Naviglio e fu ammesso alla XXVIII biennale di Venezia (Via; “A” per adulterio; La manrovescia).
Tra il 1957 e il 1958 condivise con Cy Twombly uno studio in via Margutta, e qui realizzò i primi lavori con le bende in tensione (fasce di tela imbevute di resine plastiche) e le tele estroflesse, che presentò nella personale alla galleria La Tartaruga (aprile-maggio 1958) e alla XXIX Biennale internazionale d’arte di Venezia, 1958 (Schiena e cielo, Bologna, collezione privata, riproduzione in Salvatore Scarpitta. Catalogue..., 2005, p. 159).
Nel dicembre 1958 lasciò l’Italia per stabilirsi a New York e nel mese successivo allestì la prima personale alla Leo Castelli Gallery (vi riespose poi nel 1960 e nel 1963).
In alcune opere databili all’inizio degli anni Sessanta (Sundial for Racing, Illinois, Krannert Art Museum, University of Illinois) Scarpitta inserì elementi e rottami di automobili (cinture di sicurezza, tubi di scappamento, parti di motore); in seguito, a partire dal 1964, iniziò a realizzare con materiali di recupero e pezzi costruiti da lui stesso una sorta di veicoli, simulacri delle automobili da corsa degli anni Trenta viste da ragazzo nei circuiti della California (Rajo Jack Spl, Torino, Galleria civica d’arte moderna), che presentò alla Leo Castelli Gallery in occasione delle personali del 1965 e del 1969. Nello stesso periodo ottenne una cattedra di pittura alla School of visual arts di New York e fu invitato a tenere corsi estivi e seminari presso il Colorado College di Colorado Springs e il Maryland Institute college of art di Baltimora.
Nel 1972 sposò in seconde nozze Patricia Dandignac (dalla quale ebbe una figlia, Stella) e trascorse alcuni mesi in Italia per presenziare all’inaugurazione di alcune personali (galleria Notizie di Torino; Studio C di Brescia; galleria Ravagnan di Venezia). L’anno seguente fu invitato alla X Quadriennale nazionale d’arte di Roma (Ernie Triplett Special, riproduzione in Salvatore Scarpitta, 2012, p. 191), e in ottobre presentò al pubblico la ricostruzione dell’autoblindo Carro leggero Lince alla galleria L’uomo e l’arte di Milano.
Tra il 1973 e il 1975 si dedicò a una nuova fase della sua ricerca con la serie delle slitte (Wood Sled, New York, The Whitney Museum of American art), opere che assemblò con materiali recuperati nelle strade newyorkesi e con telai conservati nel suo studio.
Tappe significative dell’intensa attività espositiva condotta nel corso degli anni Settanta e del decennio successivo furono le personali alla Leo Castelli Gallery di New York (1975, 1980, 1982), alla galleria La Tartaruga di Roma (1976), al Portland Center for visual arts di Portland (1979), alla galleria Il Salotto di Como (1988) e l’antologica al PAC - Padiglione d’arte contemporanea di Milano (1985).
Nel 1985 portò a termine la costruzione di un’automobile da corsa vera e propria, la Sal Scarpitta Special, dotata di un motore funzionante e in grado di correre sulle piste in terra battuta. Con l’intento di assimilare la vita degli artisti a quella dei piloti, decise di formare una propria scuderia (sponsorizzata dalla Leo Castelli Gallery) per competere nelle gare ufficiali della categoria super sprint e l’anno seguente mise in pista la Sal Gambler Special (riproduzione in Salvatore Scarpitta. Catalogue, cit., p. 210), avviando un’esperienza che durò per circa un ventennio (1986-2004).
All’inizio degli anni Novanta realizzò le sculture Face traps e le serie di sci intitolate Osoppo 44 e Red friar (Sci da soccorso, riproduzione ibid., p. 217); in quest’ultime sono ravvisabili i ricordi dell’esperienza vissuta sull’Appennino abruzzese durante la Resistenza.
Nel 1990 fu protagonista di due personali a New York (Scott Hanson Gallery fine art; Greenberg Wilson Gallery) e di una alla galleria Niccoli di Parma. Nel 1993 gli fu concessa una sala personale alla XLV Biennale di Venezia e inviò Gomma arabica (1958, New York, collezione Leo Castelli) alla mostra Roma-New York 1948-1964 alla Murray and Isabella Rayburn foundation di New York. Dopo aver recitato nel film, in parte autobiografico, Dirt (1997), nel 1998 seguì le riprese del documentario Art and racing, nel quale fu accuratamente ricostruita la sua esperienza esistenziale e artistica. In marzo la città di Arona gli dedicò un’importante antologica, cui fece seguito quella di Bagheria (1999).
Nel 2003, a Bologna, gli fu assegnato il premio internazionale Marconi, e per l’occasione allestì una mostra al complesso monumentale di S. Giovanni in Monte.
Il 10 marzo 2005 l’Università degli studi di Torino gli conferì la laurea honoris causa in lingue e letterature straniere e fu proposta una sua mostra nelle sale della biblioteca della facoltà di lettere e filosofia.
Morì a New York il 10 aprile 2007.
Fonti e Bibl.: S. S. Opere 1957-1991 (catal., Arona), a cura di L. Sansone, Milano 1998; Scarpitta (catal., Bagheria), a cura di L. Sansone, Milano 1999; Scarpitta. Opere su carta (catal., Roma-Torino), a cura di L. Sansone - L. Ficacci, Milano 2003; S. S. Catalogue raisonné, a cura di L. Sansone, Milano 2005, pp. 159, 210, 217; S. S. e Torino (catal.), a cura di P. Dragone, Torino 2005; S. S. (catal., Torino), a cura di G. Celant - D. Eccher, Cinisello Balsamo 2012, p. 191; Scarpitta – Racing cars / Art Basel 2016 (catal., Paris), a cura di L. Sansone - V. Fasan, Firenze 2016.