RICCOBONO, Salvatore
RICCOBONO, Salvatore. – Nacque a San Giuseppe Jato (Palermo) il 31 gennaio 1864 da Maria Ajello e da Francesco.
Compiuti gli studi ginnasiali presso il Convitto arcivescovile di Monreale e quelli liceali a Palermo, all’età di vent’anni prestò servizio militare, raggiungendo dopo due anni il grado di sottotenente nel 22° reggimento dell’artiglieria da campagna.
Nel novembre del 1885 si immatricolò alla facoltà giuridica del capoluogo siciliano e dopo tre anni, superato l’esame finale, fu nominato procuratore legale. L’11 luglio 1889 conseguì la laurea con il massimo dei voti discutendo con Giuseppe Gugino una tesi sul possesso. Per quattro anni proseguì gli studi in università tedesche. Ascoltò Otto Lenel a Strasburgo e Bernhard Windscheid a Lipsia.
A Berlino frequentò, fra le altre, le lezioni di Alfred Pernice e quelle di Otto Gradenwitz, che aveva inaugurato un nuovo studio dei testi del Corpus iuris civilis per rintracciarvi le interpolazioni, ossia le alterazioni volontarie apportate per adeguarle allo stato del diritto vigente. In quegli anni, infatti, i testi della compilazione di Giustiniano cominciavano a essere considerati non solo come corpo di leggi vigenti, ma anche come raccolta degli scritti dei giureconsulti romani e delle costituzioni imperiali da valutare in prospettiva storica cercando di individuare il significato della stesura originale.
Di ritorno dalla Germania si fermò a Roma per frequentare la scuola di esegesi di Vittorio Scialoja. Appartengono a questo periodo le prime pubblicazioni sul possesso e altri scritti nei quali risulta già delineato un programma di ricerca basato su un accurato studio critico delle fonti.
Divenuto nel frattempo avvocato, nel 1894 sposò Francesca D’Alia, che sarebbe stata compagna della sua vita, senza dargli figli, fino a quando morì, nel febbraio del 1938.
Nel dicembre del 1894 Riccobono ottenne a Parma la libera docenza in diritto romano e in istituzioni di diritto romano e l’anno seguente fu chiamato come professore straordinario a Camerino. Nel 1897, vinto il concorso per professore ordinario, passò all’Ateneo di Sassari. Già nell’ottobre dello stesso anno, però, tornò all’Università di Palermo, dove sarebbe rimasto per gran parte della sua vita come titolare dell’insegnamento di istituzioni di diritto romano e tenendo per incarico anche gli insegnamenti di diritto canonico (dal 1903-04 al 1905-06), di esegesi sulle fonti del diritto romano (dal 1906-07) e di storia del diritto romano (1924-25), nonché i corsi liberi di storia della letteratura del diritto romano (dal 1898) e di procedura civile romana (dal 1899). A Palermo fu anche rettore (1908-11) e preside della facoltà giuridica (1921-31, con una pausa nell’anno accademico 1928-29).
L’impegno in campo politico lo portò, nel 1909 e nel 1913, a presentare la propria candidatura alla Camera dei deputati nel collegio uninominale di Monreale, senza però risultare eletto. Miglior esito ebbe la candidatura nel 1914 al Consiglio comunale di Palermo. In seguito all’elezione venne subito designato come assessore al Patrimonio nell’amministrazione del sindaco Salvatore Tagliavia, per diventare prosindaco nel 1920 e poi assessore all’Annona nelle giunte guidate da Giuseppe Lanza di Scalea.
A questa prima fase politica di orientamento nazionalista seguì quella segnata dal reclutamento operato da Alfredo Cucco a Palermo nella cerchia di intellettuali vicina al regime di Benito Mussolini. Dopo esser passato nel 1924 al gruppo comunale fascista, fu per due volte presidente della Regia commissione straordinaria che amministrava la Provincia di Palermo (agosto-dicembre 1928 e aprile-agosto 1929).
A parte queste parentesi nella vita politica attiva, si dedicò con passione alla didattica universitaria e avviò alla carriera accademica alcuni suoi allievi (Biondo Biondi, Filippo Messina Vitrano, Andrea Guarneri Citati, Lauro Chiazzese, Cesare Sanfilippo).
Con altrettanta passione proseguì l’attività di ricerca sviluppando coerentemente le premesse presenti nei primi contributi dati alle stampe e mostrando come l’indagine dei testi non dovesse esaurirsi in un’analisi puramente filologica. Distinguendo fra interpolazioni formali e sostanziali, e nell’ambito di queste ultime fra interpolazioni innovative e non innovative, provò che le deviazioni dal testo originario potevano essersi prodotte per opera della prassi anche in età pregiustinianea. Un’esegesi rigorosa condotta con questo metodo avrebbe reso evidente come la quantità delle interpolazioni sostanziali realmente innovative fosse di gran lunga inferiore a quella individuata con criteri formali che si limitavano a contrapporre al diritto giustinianeo un diritto classico unitariamente inteso.
Tali indagini, in effetti, gli consentirono di intravedere ancora nei testi del Corpus iuris il ruolo individuale che ciascun giurista o le varie cancellerie degli imperatori avevano giocato nella storia interna del diritto romano, senza che l’opera dei commissari giustinianei fosse riuscita a obliterare completamente le tracce originarie dei rispettivi apporti.
Nel contrapporsi ai sostenitori più oltranzisti dell’interpolazionismo e a quanti ritenevano che le ragioni delle numerosissime modifiche dei testi classici andavano scorte in una profonda trasformazione del diritto romano da classico in postclassico e giustinianeo – trasformazione da collocare intorno alla fine del III secolo d.C. e imputabile al contatto con le consuetudini orientali e alle teorie delle scuole bizantine – sostenne che il diritto romano si sarebbe invece naturalmente evoluto al proprio interno lungo una linea di sviluppo unitaria.
Nel 1924 impartì alcune conferenze all’Università di Londra e una lezione all’Università di Oxford; nel 1929 tenne due gruppi di lezioni alla Catholic University di Washington, dove furono creati The Riccobono Seminar of Roman law in America, di cui fu nominato magister ad vitam, e un’edizione annuale speciale della rivista The Jurist denominata Seminar.
Il 1932 fu un anno ricco di avvenimenti che determinarono il trasferimento a Roma. Oltre a essere nominato membro del Consiglio superiore dell’educazione nazionale (dopo essere stato membro del Consiglio superiore dell’istruzione pubblica dal 1923 al 1926), infatti, fu chiamato a insegnare alla facoltà di giurisprudenza della capitale e nella relativa Scuola di perfezionamento, dapprima esegesi di diritto romano e storia del diritto romano (1932-33), e poi diritto romano (dal 1932-33). Nello stesso anno cominciò a tenere i corsi di Historia iuris Romani et exegesis fontium anche nell’Institutum utriusque iuris della Pontificia Università Lateranense, dove insegnò fino al 1955. L’esperienza didattica nell’Ateneo statale – in cui ebbe come allievi Riccardo Orestano e Guglielmo Nocera – si concluse invece prima del previsto con l’inaspettato abbassamento a settanta anni del limite di età per l’insegnamento universitario.
Sempre nel 1932 fu nominato socio dell’Accademia d’Italia, che nel 1939 avrebbe assorbito quella dei Lincei, di cui faceva già parte dal 1929 come socio ausiliare e dal 1935 come socio nazionale.
Nel dicembre del 1942 partecipò a Berlino all’inaugurazione dell’Istituto Studia Humanitatis insieme al ministro Giuseppe Bottai, ma probabilmente fu l’assunzione della carica di vicepresidente dell’Accademia d’Italia seguita alla nascita della Repubblica sociale italiana a venir considerato un atto di aperta compromissione con il fascismo di Salò. In questa qualità, infatti, continuò a prender parte alle attività del Consiglio accademico anche dopo il trasferimento a Firenze della sede dell’Accademia, trovandosi ad approvare, nel febbraio del 1944, il testo del telegramma inviato a Mussolini «per rinnovargli l’espressione di sentimenti con cui la parte sana del popolo italiano» mostrava di mantenere «in lui la sua fiducia nel risorgimento della Nazione». A seguito della soppressione dell’Accademia d’Italia e della rinascita di quella dei Lincei, nel settembre del 1944, il mutato clima politico determinò la sua radiazione da questa Accademia nel gennaio del 1946.
Il viaggio di Riccobono a Berlino, in realtà, poteva anche spiegarsi con la volontà di difendere in quella sede dagli attacchi dei germanisti un diritto romano sviluppatosi ininterrottamente fino ai codici moderni, senza essere contaminato da elementi orientali, mentre i viaggi a Firenze erano da lui giustificati con l’opportunità di ritirare dalla ditta Barbèra qualche esemplare del terzo volume dei Fontes iuris Romani anteiustiniani. Né va dimenticato che, pur celebrando i valori della romanità nel quadro delle istanze nazionaliste fatte proprie anche dal fascismo, non aderì in blocco agli ideali propagandati dal regime. Se nei propri scritti esaltò il diritto romano come manifestazione «del genio della stirpe», da segretario perpetuo del Bullettino dell’Istituto di diritto romano aveva continuato a ospitare sulla rivista i contributi dei colleghi esclusi dalla pubblicazione per l’appartenenza a una razza o a formazioni politiche non gradite al regime. Soltanto nell’ottobre del 1949, tuttavia, fu nuovamente nominato socio dei Lincei anche grazie al sostegno di Vittorio Emanuele Orlando.
Come editore di testi giuridici curò il primo volume dei Fontes iuris Romani anteiustiniani, relativo alle leges (1909), partecipò all’edizione del cosiddetto Digesto Milano (1931) e a quella delle Res Gestae divi Augusti (1945).
La fama scientifica gli meritò molti riconoscimenti anche al di fuori dei confini italiani.
A Palermo fu nominato socio del Circolo giuridico (1897), dell’Accademia di scienze, lettere e arti (1901) e membro della Società per la storia patria (1916). Divenne anche membro della Società Reale di Napoli (1923), socio corrispondente dell’Accademia Pontaniana di Napoli (1925), socio onorario della Society of public teachers of law (1925), membro dell’Accademia Regia torinese (1930), socio nazionale del Reale Istituto veneto di scienze lettere ed arti (1931), membro corrispondente della Bayerische Akademie der Wissenschaften (1932), membro della Regia Accademia delle scienze di Bologna, della Polska Akademia Umiejętności di Cracovia (1932), della Česká Akademie věd a umění di Praga (1937), membro corrispondente della Preußische Akademie der Wissenschaften di Berlino (1939), socio dell’Académie internationale de droit comparé di Parigi (1939), della Regia Accademia Peloritana (1940), della Real Academia Aragonesa de nobles y bellas artes de San Luis (1940), dell’Academia de Ştiinţe morale şi politice di Bucarest (1942), dell’Accademia dei Fisiocritici di Siena (1942) e della Pontificia Academia Romana S. Thomae Aquinatis et religionis Catholicae (1956).
Fu insignito inoltre del titolo di doctor honoris causa a Oxford (1924), a Vilnius (1929), a Gottinga (1937) e a Washington (1939), nonché, su designazione dell’Istituto di studi romani (di cui era membro), del Premio ai Cultori di Roma (1957). Morì a Roma il 5 aprile 1958.
Fonti e Bibl.: Palermo, Archivio storico Comunale, Atti del Consiglio comunale di Palermo 1917-1924; V. Arangio-Ruiz, S. R., in Studi romani, V (1957), pp. 249-255; B. F. Brown, In memoriam Dr. S. R. (1864-1958), in Loyola Law Review, IX (1957-1959), p. 30; B. Albanese, S. R., in Annuario dell’Università di Palermo, XXVI (1958), pp. 695-700; G. Bellavista, S. R., in Rivista italiana di diritto e procedura penale, n.s., I (1958), pp. 405 s.; U. Brasiello, S. R. (1864-1958), in SDHI, XXIV (1958), pp. XI-XIX; P. de Francisci, Ricordo di S. R., in Studi romani, VI (1958), p. 457 s.; S. Kuttner, S. R., in Am. J. Comp. L., VII (1958), pp. 661 s.; C. Sanfilippo, S. R. (31 · 1 · 1864 - 6 · 4 · 1958), in Iura, IX (1958), pp. 123-133, con un elenco degli scritti di R.; A.A. Schiller, S. R. - In Memoriam, in The Jurist, XVIII (1958), pp. 373-385; B. Biondi, Commemorazione del socio S. R., in Rendiconti classe Scienze morali storiche e filolologiche, Accaddemia dei Lincei, s. 8, XIV, (1959), 3-4, pp. 135-150; F. Wieacker, S. R., in Zeitschrift der Savigny-Stift für Rechtsgeschichte, LXXXIX (1959), pp. 677-682.
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