QUASIMODO, Salvatore (App. II, 11, p. 635; III, 11, p. 534)
Poeta, morto a Napoli il 14 giugno 1968 dopo esser stato colto da gravissimo malore ad Amalfi. Negli ultimi anni di vita intraprende molti viaggi in Europa e fuori d'Europa che gli suggeriscono diverse composizioni di Dare e avere (1966), la sua ultima raccolta, che è anche un testamento spirituale. L'ossessionante incontro con la morte (già affiorante ne La terra impareggiabile) è un evento dal poeta avvertito come non lontano nel tempo per il peggiorare delle sue condizioni fisiche ("Non ho paura della morte, / come non ho avuto timore della vita"). Ne deriva soprattutto un distacco dalla materia quotidiana e dalle occasioni contingenti che possono aver ispirato le singole liriche. A partire dal 1962, oltre al suo terzo libretto per musica, L'amore di Galatea (1964), sono apparsi, anche postumi, ulteriori documenti a testimonianza di una molteplicità d'interessi: il saggio su Leonida di Taranto (1968), di cui Q. ha tradotto numerosi epigrammi in due tempi diversi; altre traduzioni: da C. Aiken ed Euripide (Ecuba, Eracle), ancora da Shakespeare (Antonio e Cleopatra) e poi da T. Arghezi, Y. Lecomte, P. Éluard. Un complessivo cenno a parte, inoltre, meritano varie introduzioni prevalentemente dedicate a opere di artisti contemporanei (ma non manca una su Michelangelo), nonché quelle ai volumi della collana "Poeti italiani contemporanei" diretta dallo stesso poeta. Postumi, come altre pubblicazioni, sono apparsi i volumi Lettere d'amore di Quasimodo (1969), Marzabotto parla. Con scritti di Salvatore Quasimodo, Giuseppe Dozza (1976) e A colpo omicida e altri scritti (a cura di G. Finzi, 1977).
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