PINCHERLE, Salvatore
PINCHERLE, Salvatore. – Nacque a Trieste l’11 marzo 1853 da Mosè ed Evelina Dörfles.
Di famiglia ebraica frequentò le scuole medie e il liceo Imperiale a Marsiglia, dove il padre, fervido patriota, si era trasferito, in contrasto con l’autorità austriaca. Verso il termine degli studi liceali acquisì consapevolezza della propria vocazione per gli studi matematici. All’età di sedici anni vinse il concorso di ammissione alla Scuola normale superiore di Pisa e si iscrisse alla locale Università statale. Ebbe come maestri Enrico Betti e Ulisse Dini, che orientarono decisamente i suoi interessi scientifici.
Conseguì nel 1874 la laurea in scienze fisico-matematiche e l’abilitazione all’insegnamento, con le due parti successive di una dissertazione teorico-pratica sulle Superficie di capillarità.
Entrò nell’insegnamento secondario e fu destinato a Pavia, dove venne in contatto con Felice Casorati, il quale lo stimolò ad approfondire la conoscenza dell’opera di Bernhard Riemann, cui era già stato introdotto da Betti.
Grazie a una borsa di perfezionamento, trascorse l’anno accademico 1877-78 a Berlino, dove seguì con particolare interesse e dedizione le lezioni di Karl Weierstrass, che indirizzarono definitivamente la sua ricerca verso la teoria delle funzioni analitiche di variabile complessa. Tornato a Pavia, espose per la prima volta in Italia le idee di Weierstrass sui fondamenti dell’analisi e sulla teoria delle funzioni analitiche in un corso, che ebbe come frequentatori d’eccezione Eugenio Beltrami e Felice Casorati, e nell’articolo Saggio di una introduzione alla teoria delle funzioni analitiche secondo i principi di Karl Weierstrass (in Giornale di Battaglini, XVIII (1880), pp. 178-254, 317-357).
Vinse la cattedra di analisi algebrica e geometria analitica all’Università di Palermo nella primavera del 1880 e fu chiamato nell’autunno successivo al medesimo insegnamento all’Università di Bologna, dove rimase per il resto della sua vita. Nel 1912 passò alla cattedra di analisi infinitesimale, che mantenne fino al 1928, quando fu collocato a riposo per limiti d’età. Ebbe anche gli incarichi di geometria superiore, matematiche superiori, analisi superiore e teoria delle funzioni.
Nel novembre del 1879 sposò a Pavia Emma Morpurgo, da cui ebbe due figli: Maurizio, che nel 1922 divenne professore di clinica pediatrica all’Università di Bologna, ed Edvige. Anche i figli di Maurizio, Leo e Mario, intrapresero la carriera universitaria, il primo come fisico e il secondo come archeologo, mentre la figlia di Edvige, Emma Senigaglia, divenne una famosa matematica.
Dopo i primi interessi rivolti alla fisica, Pincherle si dedicò decisamente all’analisi matematica. I suoi lavori giovanili riguardano svariati argomenti: le superficie di area minima, le relazioni fra i coefficienti e le radici di una trascendente intera (sviluppate successivamente da Edmond Théodore Maillet), le equazioni algebrico-differenziali, un originale approccio alla teoria delle funzioni ellittiche basato su proprietà algebriche caratteristiche (sviluppato successivamente da Otto Rausenberger).
I contributi di Pincherle alla matematica, raccolti in quasi duecento articoli e monografie, si svilupparono lungo cinque filoni principali di ricerca: sistemi di funzioni e sviluppi in serie; sistemi definiti da relazioni ricorsive, equazioni alle differenze, frazioni continue e loro generalizzazioni; operazioni funzionali rappresentate da integrali definiti; proprietà degli operatori lineari; problemi di iterazione.
Nel 1880 venne pubblicato il celebre teorema di Weierstress sulle serie uniformemente convergenti di funzioni analitiche. Pincherle ne intuì il nesso «con il problema dell’inversione degli integrali nel campo complesso e concepì un vasto programma di ricerche diretto a indagare sistematicamente i rapporti tra le singolarità di una funzione e quelle degli elementi funzionali di riferimento adottati per una sua rappresentazione analitica, sia mediante lo sviluppo in serie di funzioni prefissate, sia mediante un integrale curvilineo» (Amaldi, 1937, p. 5).
Nel primo periodo della sua attività scientifica elaborò considerazioni di carattere generale che riguardano i fondamenti dell’analisi, divenute poi di uso corrente. Nel lavoro Sopra alcuni sviluppi in serie per funzioni analitiche (in Memorie della R. Accademia delle scienze di Bologna, s. 4, 1882, t. 3), dimostrò il teorema di copertura per i sottoinsiemi del piano, che caratterizza i compatti di Rn come i sottoinsiemi chiusi e limitati (teorema di Heine e Borel). Nelle memorie di questo periodo si trovano anche i primi sviluppi della teoria dei determinanti di ordine infinito come anche l’enunciato e le prime applicazioni del concetto fondamentale di successione di funzioni equilimitate.
In una serie di lavori pubblicati tra il 1889 e il 1895 generalizzò le proprietà fondamentali dei ‘polinomi di Legendre’ che, assieme alle ‘funzioni Legendre di seconda specie’, verificano una importante uguaglianza, lo ‘sviluppo di Neumann’, che implica la sviluppabilità di una determinata classe di funzioni analitiche in serie di potenze del tipo f(x)=Σn=0cnXn(x), dove le Xn sono i polinomi di Legendre.
Pincherle estese queste proprietà a funzioni Xn che sono soluzioni di equazioni lineari alle differenze di ordine qualsiasi, e fu in grado di generalizzare l’algoritmo delle frazioni continue, utilizzato da Gauss per i polinomi di Legendre, introducendo il concetto di ‘integrale distinto’. Questi sono alcuni dei suoi risultati più importanti e originali, raccolti nella memoria Sur la génération des sistèmes récurrentes au moyen d’une équation linéaire différentielle (in Acta mathematica, XVI (1892), pp. 341-363).
Le ricerche sui sistemi generati da relazioni ricorsive sono strettamente collegati a quelli sulle operazioni funzionali rappresentate da integrali definiti. In Studi sopra alcune operazioni funzionali (in Memorie della R. Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna, VII (1886), pp. 391-444) e in Sur certain opérations fonctionnelles représentées par des intégrales définies (in Acta Mathematica, X (1887), pp. 153-182), affrontò il problema generale dell’iniettività e della suriettività di un operatore lineare definito su uno spazio di funzioni e si rese conto per primo che, mentre nel caso finito dimensionale iniettività e suriettività sono equivalenti, questo non è più vero quando si passa a spazi di dimensione infinita, dove le condizioni di degenerazione di un operatore si spezzano in due condizioni non equivalenti ed essenzialmente distinte.
Nell’affrontare casi particolari e notevoli Pincherle fissò l’attenzione sulle proprietà analitiche dell’operazione funzionale F(x)= ∫(c)Ψ(x,y)Φ(y)dy in rapporto al ‘nucleo’ Ψ(x,y) e allo spazio delle funzioni Φ(y) cui l’operazione viene applicata. In particolare, cercando le condizioni perché l’inversa di un’operazione integrale ammetta la stessa rappresentazione analitica, giunse alla determinazione dei nuclei che Volterra chiamerà del ciclo chiuso. Si occupò anche di stabilire le condizioni perché un operatore funzionale ammetta una rappresentazione integrale.
Uno speciale interesse riservò allo studio della ‘trasformazione di Laplace-Abel’, l’operatore integrale che si ottiene prendendo come nucleo la funzione Ψ(x,y) =exy, che per primo caratterizzò, indipendentemente da ogni espressione analitica, mediante la proprietà di trasformare la moltiplicazione per la variabile nella derivazione e la derivazione nella moltiplicazione per la variabile cambiata di segno. Osservò che la trasformazione di Laplace-Abel stabilisce una corrispondenza biunivoca tra le equazioni differenziali lineari a coefficienti razionali e le analoghe equazioni alle differenze e se ne servì per risolvere particolari equazioni funzionali e integrare particolari equazioni differenziali (nelle memorie Sulla risoluzione dell’equazione funzionale Shnf(x+an)=f(x) a coefficienti costanti, in Memorie della R. Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna, IX (1888), pp. 45-71, e Sull’inversione degli integrali indefiniti,in Memorie di matematica e di fisica della Società italiana delle scienze, XV (1907), pp. 3-42).
Le ricerche sulle equazioni lineari alle differenze, quelle sui funzionali integrali e una larga indagine storica sui metodi del calcolo simbolico lo condussero a concepire, intorno al 1894, l’idea di costruire nel campo complesso una teoria generale degli operatori lineari, o come egli diceva, delle operazioni distributive. Raccolse il disegno generale di tale teoria nelle Mémoire sur le calcul fonctionnel distributif (in Mathematische Annalen, XLIX (1897), pp. 325-382) e ne presentò una esposizione divulgativa, scritta con la collaborazione del suo allievo Ugo Amaldi, in Le operazioni distributive e le loro applicazioni all’analisi (Bologna 1901).
A fondamento della teoria, introdusse per primo l’idea di ‘spazio funzionale’: «Per varie ricerche d’Analisi, è opportuno considerare la totalità delle funzioni analitiche di una variabile x o, per meglio fissare le idee, la totalità delle serie di potenze intere positive di x come una varietà o spazio di cui ogni singola serie costituisce un elemento. Ad una tale varietà, evidentemente ad un numero infinito di dimensioni, si può dare il nome di spazio funzionale; ogni serie di potenze di x sarà un punto di questo spazio ed i coefficienti della serie si potranno riguardare come le coordinate del punto» (S. Pincherle, Cenno sulla geometria dello spazio funzionale, in Rendiconto della R. Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna, I (1896-1897), p. 85).
Rappresentò gli operatori funzionali con matrici infinite e di queste rappresentazioni si servì per definire il determinante infinito (che giocherà un ruolo essenziale nella teoria di Fredholm), gli autovalori, le autofunzioni e le operazioni normali, cioè quelle che ammettono come autofunzioni i monomi. Definì anche la derivata funzionale di un’operazione come lo scarto della permutabilità di tale operazione rispetto alla moltiplicazione per la variabile indipendente e fu in grado di stabilire, utilizzando la derivata funzionale, la rappresentazione formale di ogni operazione distributiva con una serie di potenze operatorie della derivazione, nell’intorno di una generica funzione. Introdusse opportune tecniche per ampliare il dominio di convergenza di tali serie, osservando come le identità operatorie intrinseche che definiscono una operazione distributiva permettono di ampliarne il campo di definizione in virtù di un principio di ‘permanenza’. Definì la nozione di iperpiano di uno spazio funzionale e la nozione di operazione ‘aggiunta’. Cercò anche di estendere molti concetti geometrici validi per gli spazi di dimensione finite agli spazi funzionali, definendo curve, superfici e sottovarietà non lineari, spazio tangente e osculatore, gruppi continui di operatori e loro ‘operazioni infinitesime’. L’attenzione che dedicò agli aspetti geometrici della teoria degli spazi funzionali caratterizza l’approccio qualitativo e geometrico di Pincherle, rispetto a quello quantitativo dell’altro padre fondatore dell’analisi funzionale, Vito Volterra.
Nel 1889 venne insignito, con Luigi Bianchi, del premio Reale dell’Accademia dei Lincei. Assunse la direzione degli Annali di matematica nel 1918. Nel 1922 divenne il primo presidente dell’Unione matematica italiana, che volle fortemente con Bianchi e Volterra. Nel 1928 organizzò e presiedette il Congresso internazionale dei matematici di Bologna. Vincendo ostacoli e opposizioni di ogni sorta, Pincherle riuscì a invitare anche i matematici tedeschi che erano stati esclusi dai congressi di Strasburgo (1920) e Toronto (1924).
Fu membro dell’Accademia dei XL, socio della Reale Accademia dei Lincei, della Reale Accademia delle scienze di Bologna, della Reale Accademia di Torino, del Reale Istituto lombardo di scienze e lettere, del Reale Istituto veneto. Fu socio straniero dell’Accademia Pontaniana di Napoli, della Royal Society di Edimburgo, dell’Accademia bavarese delle scienze, dell’Accademia delle scienze di Coimbra. Fu membro onorario della Società elvetica delle scienze e della Società matematica di Mosca e di Calcutta. Venne insignito della laurea ad honorem dell’Università di Oslo. Fu membro del Consiglio nazionale delle ricerche e del comitato direttivo del Circolo matematico di Palermo.
Diede un contributo rilevante all’insegnamento della matematica nelle scuole, scrivendo numerosi manuali di successo e diversi articoli sui problemi della scuola.
Ebbe numerosi allievi e dedicò molte energie all’insegnamento. «Alle doti di grande scienziato univa quelle di maestro insigne. Chi è stato suo scolaro non può dimenticare il fascino delle sue lezioni: non solo per l’altezza degli argomenti, per l’impeccabile ordinamento della materia, per la chiarezza, che non lasciava dubbi in nessuno degli ascoltatori, ma per quel senso, direi quasi religioso, di devozione alla scienza e di rispetto alla scuola, che Egli per primo mostrava e sapeva infondere agli scolari» (Bortolotti, 1937, p. 155).
Morì a Bologna il 10 luglio 1936.
L’elenco completo delle pubblicazioni scientifiche e didattiche di Salvatore Pincherle si trova in Opere scelte, a cura dell’Unione matematica italiana, Roma 1954. Si segnala inoltre l’articolo Notices sur les travaux, in Acta Mathematica, XLVI (1925), pp. 341-362.
Fonti e Bibl.: U. Amaldi, S. P., in Annali di matematica, XVI (1937), pp. 1-21 (http://www. bdim.eu/item?id=GM_Pincherle_CW_1_3); E. Bortolotti, Necrologio di S. P., in Annuario dell’Università di Bologna 1936-37 (1937), pp. 151-156; L. Tonelli, S. P., in Annali della Scuola normale superiore di Pisa, VI (1937), pp. 1-10; B. Segre, Discorso commemorativo dell’insigne matematico S. P., in Rivista di matematica dell’Università di Parma, IV (1953), pp. 3-10.