OTTOLENGHI, Salvatore
OTTOLENGHI, Salvatore (Salvador). – Nacque ad Asti il 20 maggio 1861 da Raffaele, negoziante, e da Orsolina Sacerdote, attiva nella comunità ebraica locale (fu consigliera della Confraternita femminile per le povere puerpere).
Dopo gli studi presso il liceo di Asti, si iscrisse all’Università di Torino, dove seguì i corsi di medicina legale e psichiatria tenuti da Cesare Lombroso, laureandosi nel 1885 in medicina e chirurgia. Inizialmente si interessò di oculistica, come testimoniano le sue prime pubblicazioni (Il senso cromatico degli israelitici, Torino 1883; Il senso cromatico dei sifilitici, ibid. 1884), e in virtù dell’approccio adottato e dei risultati conseguiti dall’anno accademico 1887-88 fu chiamato come assistente presso il gabinetto di medicina legale guidato da Lombroso.
Nel corso dei primi anni di lavoro, la sua produzione scientifica spaziò tra diversi campi, quali la traumatologia, l’ematologia, l’ostetricia, la tanatologia. Mostrò, tuttavia, di privilegiare da subito la prospettiva e gli orizzonti d’indagine offerti dall’antropologia criminale e dalla psichiatria forense (Le canizie, le calvizie e le rughe nei criminali in rapporto ai normali, agli epilettici ed ai cretini, in Archivio di psichiatria, scienze penali e antropologia criminale, X [1889], 1, pp. 41-51; Parere medico legale in caso di dubbio di identità, in Gazzetta medica di Torino, XL [1889], 14, pp. 313-322). Collaborò intensamente alla rivista Archivio di psichiatria, scienze penali e antropologia criminale diretta da Lombroso, di cui fu anche redattore.
Per tre anni, dal 1890 al 1893, fu libero docente di medicina legale presso l’ateneo piemontese. Nel 1893 vinse il concorso per professore straordinario di medicina legale all’Università di Cagliari, ma rinunciò alla posizione per ottenere l’incarico dello stesso insegnamento all’Università di Siena.
Nel dicembre 1894 sposò Bice Viterbi – come lui appartenente a famiglia ebraica e sorella del matematico Adolfo – dalla quale ebbe i figli Bianca e Adolfo.
A Siena nel 1895 fu nominato professore straordinario, direttore del gabinetto di medicina legale e per sei anni impartì insegnamenti sia nella facoltà di medicina sia in quella di giurisprudenza. Durante quel periodo, continuò a occuparsi di temi e questioni di antropologia criminale, pubblicando circa 40 studi e osservazioni. Di grande rilievo, tuttavia, fu soprattutto l’interesse che maturò per la polizia scientifica, della cui diffusione in Italia si fece un convinto sostenitore e a cui dedicò l’intera sua opera nei decenni successivi.
Nel 1895 tenne un primo ciclo di lezioni per gli studenti universitari dedicato al sistema di riconoscimento antropometrico ideato dal funzionario di polizia francese Alphonse Bertillon, ai rilievi dattiloscopici, all’analisi della scena del delitto, alla conservazione dei reperti (L’insegnamento universitario della polizia giudiziaria scientifica, Torino-Roma-Milano 1897). Nel 1897, inoltre, in collaborazione con il funzionario di Pubblica sicurezza Giuseppe Alongi di Palermo, fondò la Rivista di Polizia scientifica.
Pur avendo vita breve (uscì solo per sei numeri) la rivista rappresentò un’importante vetrina per il dibattito sulla riforma dell’amministrazione della Pubblica sicurezza auspicata dai fautori dell’antropologia criminale, che ritenevano necessari l’adozione di metodi di indagine più ‘moderni’ e scientifici, una più adeguata formazione tecnica e antropologica dei funzionari di polizia, l’ideazione di un efficacie sistema nazionale di identificazione e segnalamento.
L’esperienza senese, tuttavia, rappresentò per Ottolenghi anche un momento di profondo attrito con la realtà accademica. Non ricevette i riconoscimenti che pensava di meritare e dal 1901 fu al centro di un’aspra polemica con le istituzioni universitarie che non assecondarono la sua richiesta di promozione a professore ordinario. Nel 1902, quindi, dopo aver proposto al direttore generale della Pubblica sicurezza Francesco Leonardi di lasciargli insegnare i metodi della polizia scientifica non più a studenti universitari ma a funzionari dell’amministrazione, si trasferì a Roma. Questo primo ciclo di lezioni impartite a un gruppo di vicecommissari e delegati di Pubblica sicurezza nella sala dei riconoscimenti del carcere romano di Regina Coeli segnò la nascita della Scuola di polizia scientifica italiana. Per tutto il 1903, a fronte del successo dell’iniziativa, Ottolenghi venne temporaneamente distaccato al Ministero dell’Interno per permettergli di proseguire le lezioni e approntare il nuovo istituto. Nel maggio dello stesso anno fu nominato professore straordinario di medicina legale all’Università di Roma (dove finalmente nel 1906 divenne anche ordinario) e, contemporaneamente, fondò l’Istituto di medicina legale della stessa Università, che comprendeva anche il servizio della morgue. L’attività accademica, tuttavia, scivolò in secondo piano e per oltre 30 anni Ottolenghi legò il suo nome alla istituzione e poi al consolidamento della Scuola di polizia scientifica e dei servizi che a essa vennero annessi.
Dal 1907, l’Istituto si trasferì in più ampi locali annessi al carcere di Regina Coeli in via delle Mantellate. Il Regolamento speciale per gli ufficiali e gli impiegati di pubblica sicurezza del 1909 rese il corso trimestrale di polizia scientifica obbligatorio per tutti i delegati e funzionari di P.S. Nel volgere di pochi anni, la scuola assunse dunque un carattere nazionale e dal 1921 attivò corsi anche per gli ufficiali delle guardie regie, dal 1924 per gli ufficiali dei carabinieri e dal 1927 per gli ufficiali della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale.
Per oltre quarant’anni gli insegnamenti rimasero pressoché invariati, conferendo alla scuola un indirizzo organico e fortemente ispirato alla criminologia positivista. Impartiti dallo stesso Ottolenghi e, tra gli altri, dai suoi più stretti collaboratori Umberto Ellero, Giovanni Gasti, Giuseppe Falco, essi prevedevano una parte più teorica (diritto penale, antropologia, medicina legale) e una tecnico-pratica (fotografia giudiziaria, dattiloscopia, sopralluoghi, redazione della cartella antropo-biografica).
Accanto alla funzione didattica, inoltre, sin dai primi anni Ottolenghi ottenne che la scuola svolgesse importanti consulenze tecniche e servizi per le amministrazioni dello Stato. Già nel 1904 aveva ricevuto l’incarico di eseguire il servizio di segnalamento dei pregiudicati per conto della questura di Roma e nel giro di una manciata di anni promosse l’apertura di uffici di segnalamento e fotografia giudiziaria nelle principali questure del Regno. Nel 1910, quando Ottolenghi diede alla luce il Bollettino di Polizia scientifica e del servizio di segnalamento ed elaborò un primo resoconto delle attività della Scuola e dei suoi servizi, i gabinetti di polizia scientifica erano stati allestiti in 16 città e inviavano regolarmente i cartellini alla Scuola di Roma, cosicché ormai il Casellario centrale aveva preso forma (La Scuola di polizia scientifica e il servizio di segnalamento in Italia, 1902-1910, in Bollettino della Scuola di polizia scientifica e del servizio di segnalamento, I [1910], 1, pp. 5-32).
In aggiunta all’intensa attività in Italia, nel corso della sua carriera Ottolenghi si impegnò fortemente nella costruzione di una rete internazionale delle polizie, favorendo gli scambi tra le scuole dei diversi paesi e partecipando alle esposizioni e ai congressi internazionali più significativi del periodo, dove il suo lavoro fu largamente apprezzato (come al primo congresso internazionale di polizia giudiziaria che si tenne nel Principato di Monaco nel 1914 o al terzo congresso internazionale di polizia di Anversa del 1930).
Legando la sua carriera all’amministrazione della pubblica sicurezza, si pose al servizio e beneficiò del sostegno dei vari governi che si avvicendarono alla guida del paese: sostenuta nelle sue prime fasi dal governo Giolitti, istituzionalizzata durante quello di Nitti (regio decreto 2504 del 1919), la scuola fu ampiamente valorizzata da Mussolini, che ne apprezzò soprattutto le funzioni svolte nel campo dell’identificazione, della schedatura e dello studio della personalità dei sospetti. Descritto da Giuseppe Falco, suo successore alla guida della Scuola, come un convinto fascista che partecipò addirittura alla marcia su Roma, certo è che Ottolenghi dichiarò «fede assoluta al Duce, fede pura di fascista» e più volte chiese a Mussolini di mettere a disposizione la sua esperienza «per una più efficace prevenzione e repressione nel campo della polizia giudiziaria e politica» (Roma, Arch. centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Divisione personale, versamento 1963-65, b. 199). Fu insignito dell’onorificenza di Grande ufficiale della Corona d’Italia nel 1926.
Morì a Roma il 28 giugno 1934.
Opere: Trattato di polizia scientifica, I-II, Milano 1910-32; Polizia scientifica o polizia tecnica?, Roma 1914; Lezioni di medicina legale, Roma 1926.
Fonti e bibl.: Asti, Archivio storico del Comune, Stato civile, Atti di nascita 1838-1865, Ibid., Università Israelitica, registro nascite anno 1861, atto 7, f. 4; Torino, Archivio storico dell'Università, Facoltà di medicina e chirurgia, Verbali degli esami di laurea, X.A 106, pag. 267; Roma, Archivio centrale dello Stato, ministero della Pubblica istruzione, D.G. Istruzione superiore, Fascicoli personale insegnante, II versamento, b. 112; Ibid., Ministero dell'Interno, Divisione personale, versamento 1963-65, b. 199; Direzione generale P.S., Polizia giudiziaria, 4a divisione, Scuola superiore di Polizia, bb. 1467-1472; Necrologio in Il Messaggero, 30 giugno 1934; G. Falco, Commemorazione, in Bollettino della Scuola superiore di Polizia e dei servizi tecnici annessi, XXII-XXIII (1932-33), pp. 3-15; A. De Goubernatis, Piccolo dizionario dei contemporanei italiani, Roma 1895, p. 85; Chi è? Dizionario biografico degli italiani d'oggi, Roma 1931, p. 333; D. Bruckmayer, Dizionario degli ebrei, Roma 1985, p. 596.