MATARRESE, Salvatore
– Nacque ad Andria, il 24 apr. 1908, da Michele e da Carmela Tritta.
Di famiglia modesta, e presto orfano di padre, interruppe gli studi dopo la terza elementare e cominciò a lavorare. Tra il 1918 e il 1928 alternò la frequenza a corsi serali di disegno e cultura generale al lavoro diurno nei cantieri edili: da semplice apprendista a muratore, cementista, scalpellino, capomastro e, infine, caposquadra ben conosciuto ad Andria per le notevoli capacità organizzative.
In questo ruolo e viste la scarse possibilità che offriva all’epoca la sua regione, il M. si adattò a lavorare anche in altre città italiane (Roma, Trieste) e all’estero, in Egitto e in Abissinia. Allo scoppio della seconda guerra mondiale si trovava in Germania (Lipsia e Amburgo) impegnato nella costruzione di capannoni militari e fabbricati civili.
Rientrato in Italia si arruolò volontario e fu inviato sul fronte greco-albanese, prestando servizio al IX centro automobilistico; tornato ad Andria per una licenza, con uno stratagemma la famiglia riuscì a evitargli il ritorno in zona di guerra. Dopo l’armistizio dell’8 sett. 1943 e l’arrivo degli Alleati la Puglia beneficiò dello sviluppo di attività legate prima al supporto logistico per le truppe angloamericane e, in seguito, alle necessità della ricostruzione. In questo contesto il M. fu incaricato dal comando militare inglese di organizzare squadre di operai per le operazioni di scarico delle navi alleate nel porto di Barletta; quindi, con l’aiuto dell’amico ragioniere e commercialista A. De Mucci, e insieme con altri muratori di Andria, il 23 ott. 1944 fondò una cooperativa edilizia, la Società anonima cooperativa muratori e affini di costruzione e consumo (SACMA).
La SACMA, con sede ad Andria, strutturata su quote individuali di 300 lire, iniziò con un capitale sociale di 4500 lire, arrivando a contare, in poco tempo, un’ottantina di soci e una forza lavoro di un centinaio di unità; il M., presidente del consiglio di amministrazione, riuscì a stabilire rapporti di lavoro e di fiducia con le autorità locali (prefettura, provveditorato alle opere pubbliche, genio civile, amministrazioni comunali, ecc.), ottenendo numerosi incarichi a trattativa privata (relativi a opere di costruzione, strade, riparazioni) e vincendo importanti gare d’appalto per opere pubbliche nella Provincia di Bari, mentre si formava il gruppo di lavoro che lo avrebbe accompagnato lungo tutta la sua parabola di imprenditore: A. Zaccaro, capocantiere, V. Memeo, amministratore, V. Casieri, ingegnere e direttore tecnico.
Il 10 marzo 1948 il M. lasciò la cooperativa per fondare una propria impresa edile, la ditta individuale Salvatore Matarrese fu Michele, con sede ad Andria e un fido di un milione di lire ottenuto dalla Banca nazionale del lavoro (BNL), sua unica banca di riferimento sino al 1970.
Il M. si inseriva così, in Puglia, tra gli artefici di una prolungata e intensa stagione di crescita edilizia, favorita dalle necessità della ricostruzione, dalla possibilità di attingere a una manodopera numerosa e sottopagata e dalle molte leggi nazionali mirate a incentivare il settore edile e il credito fondiario.
L’attività del M. si indirizzò in prevalenza nel comparto delle opere pubbliche e su tale direttiva rimase negli anni seguenti. Il primo appalto si concretò nel giugno 1948 con la costruzione di case popolari ad Andria, ma il M. compì il passo decisivo nel 1951, quando accettò l’offerta del sindaco di Bari, il democristiano S. Di Cagno, per completare tredici fabbricati di case popolari in costruzione in località Japigia, rilevando l’impegno di una precedente ditta appaltante in crisi e con problemi nei rapporti con la mano d’opera.
Il M. spostò così l’attività principale della sua impresa nel capoluogo pugliese, il quale, dopo un inizio difficile, si andava allineando ai ritmi dei più grandi centri del Nord e attraeva risorse finanziarie dai comparti fondamentali dell’economia locale (agricoltura e commercio). Di conseguenza il M., in ragione della crescita della domanda in tutti i settori dell’industria manifatturiera che producevano beni intermedi e i macchinari necessari all’attività di costruzione, avviò altre attività collegate al settore edile.
Nel settembre 1953 promosse la costituzione della Società industria prodotti edili (SIPE) srl, con sede a Bari (quattro i soci fondatori per un capitale iniziale di due milioni di lire, amministratore unico V. Casieri), per la produzione di brecciolina, sabbia e affini, e il commercio e la lavorazione di marmi, pietre e ogni genere di prodotti edili. Contemporaneamente la ditta individuale Salvatore Matarrese acquisì una partecipazione nella SAIPA di Andria – specializzata nel taglio di grandi blocchi di pietra e marmi che forniva ad altre imprese – assicurandosi i materiali necessari alla propria attività e divenendo, a sua volta, ditta fornitrice a terzi. Nel 1954 trasferì a Bari anche la famiglia: la moglie Palma Lapenna, sposata nel 1931, da cui ebbe i sei figli, Michele, Giuseppe, Vincenzo, Antonio, Amato e Carmela.
Nel capoluogo pugliese il M., interessato a lavorare prevalentemente per la committenza pubblica, ebbe nella Democrazia cristiana (DC), che nel 1956 aveva riconquistato il Comune, il suo punto di riferimento, ma, a differenza di altre imprese edili, non orientò la strategia aziendale sulla «riedificazione» del quartiere murattiano nel centro città, concentrandosi piuttosto sulla costruzione «in proprio» e acquisendo, nel corso del tempo, aree fabbricabili in quartieri periferici e semicentrali.
Alla fine degli anni Cinquanta, l’aggiudicazione di grandi gare d’appalto pubbliche per la costruzione di case popolari nella provincia e soprattutto a Bari, accelerò vertiginosamente la crescita della Salvatore Matarrese. Per poter partecipare a un maggior numero di gare, nell’ottobre 1959 venne quindi costituita un’altra ditta individuale la Vincenzo Matarrese (intestata a uno dei figli) che, nel febbraio 1960, vinse un appalto dell’Istituto autonomo per le case popolari (IACP) di Bari e, in seguito, svolse spesso funzione di impresa supplente della Salvatore Matarrese per altri appalti.
La dimensione raggiunta negli anni Sessanta dalle due ditte individuali si evince dalla constatazione che, nell’ambito dell’Albo nazionale degli appaltatori, tra il 1965 e il 1966 la Salvatore Matarrese compare in otto categorie di lavori pubblici (lavori di terra con eventuali opere murarie e in cemento armato di tipo corrente, demolizioni e sterri, edifici civili, edifici industriali, opere speciali in cemento armato, lavori stradali, opere stradali speciali, acquedotti e fognature) fino a un importo massimo di appalto di 2,5 miliardi; la Vincenzo Matarrese compare invece in sette di queste categorie fino a un importo massimo di 500 milioni, mentre per acquedotti e fognature il limite era di 250 milioni.
Tra le opere maggiori realizzate dal M. in questi anni troviamo, accanto ai grandi appalti per il Centro edilizia popolare (CEP) barese – dove, tra l’altro, la ditta edificò contemporaneamente, attraverso un unico cantiere di 300 operai, 37 fabbricati –, complessi residenziali attrezzati, un grande complesso di abitazioni e uffici che divenne la sede delle imprese Matarrese, la facoltà di giurisprudenza (80.000 m3), il padiglione dell’agricoltura (10.000 m3) alla Fiera del Levante, il ponte XX Settembre, opere di edilizia scolastica e grandi opere idrico-fognarie per conto dell’Acquedotto pugliese.
In termini di fatturato la strada percorsa dalle due ditte individuali è così sintetizzabile: la Salvatore Matarrese, partendo da un fatturato di 70 milioni di lire nel 1948, lo decuplicò fino ai 700 milioni del 1955; dopo lo sdoppiamento, la Salvatore Matarrese e la Vincenzo Matarrese, muovendosi da un fatturato rispettivo di 900 e 500 milioni nel 1960, arrivarono, nel 1971, a 3500 e 4200 milioni.
Con la formazione dei consorzi per il porto e per la zona industriale, e con l’arrivo del centrosinistra alla guida della città (1965), crebbero gli interventi sulla realtà urbana, consentendo un ulteriore potenziamento dell’industria edile.
In questo contesto, il M., nell’ambito dell’Associazione degli industriali baresi, era entrato a far parte, fin dal 1959, del consiglio del gruppo edile, sostituito, dal 1961 in poi, dal figlio Michele. Il M. fu inoltre presidente del Consorzio delle imprese edili provinciali e regionali (Edilcom), costituito su impulso dell’Associazione nazionale costruttori edili (ANCE), cavaliere dell’Ordine pontificio di S. Silvestro, e, nel 1976, cavaliere del Lavoro.
Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta, il M., pur mantenendo il profilo familiare tipico delle grandi imprese edili del Barese, operò una riorganizzazione e diversificazione delle attività della ditta.
Nel dicembre 1969 creò la Sa.Ma. spa, costituita con i figli, capitale di 1.000.000 di lire diviso in azioni del valore di 1000 lire ognuna (50 rispettivamente a Salvatore, Giuseppe e Carmela; 250 a Michele e Vincenzo; 200 ad Amato e 150 ad Antonio); lo statuto della società (finalizzata specificamente all’attività edilizia), divenuto in seguito modello delle altre società Matarrese, prevedeva regole precise a garanzia che la proprietà e la gestione rimanessero saldamente nelle mani della famiglia. Su questa base, nel 1971 furono costituite altre quattro società, in cui (fatta eccezione per la presenza di V. Memeo in due di queste e di M. Giura come consigliere non socio in un’altra) il consiglio di amministrazione e la carica di presidente facevano capo al M. e ai suoi familiari. Il 20 ottobre fu fondata la Euro diamond italiana spa (EDI), per la lavorazione e la produzione di materiali metallici ferrosi e non ferrosi, di leghe leggere, di dischi, lame e utensili vari diamantati e di carpenterie di ogni genere, con un capitale di 10 milioni di lire (diviso in cinque pacchetti di 200 azioni ognuno per i quattro figli Michele, Vincenzo, Antonio, Amato e per Vincenzo Memeo, che ne fu presidente); poi fu la volta della Italplastica-Costruzioni spa, per la lavorazione di materie plastiche e la produzione di manufatti plastici in genere, con lo stesso capitale sociale, la medesima ripartizione delle azioni e gli stessi soci; e la Beton-Sud spa, per la produzione di conglomerati cementizi e di manufatti prefabbricati in cemento armato, con un capitale di 20 milioni di lire diviso in quattro pacchetti di 500 azioni ciascuno, per i quattro fratelli Matarrese. Il 26 dicembre dello stesso anno nacque, infine, la Imco-Immobiliare costruzioni spa per l’acquisto e la vendita di terreni e fabbricati, la costruzione di immobili e la loro amministrazione, gestione e conduzione, sia in proprio sia per conto terzi, con 1 milione di lire di capitale diviso tra i sei figli del M. (250 azioni rispettivamente a Michele e Vincenzo, 180 ad Antonio e Amato, 70 a Giuseppe e Carmela). La EDI, in quegli anni, aprì anche una succursale in Grecia, la Ediellas.
Nella prima metà degli anni Settanta, accanto alle abituali opere di ingegneria civile – dagli appalti di cooperative all’edilizia popolare, dalla costruzione di complessi immobiliari per uffici e negozi all’edilizia scolastica, ai grandi lavori per il Policlinico e per il Politecnico di Bari (che avviò in quegli anni la costruzione del campus), alla costruzione di complessi turistici – il M. ampliò anche la partecipazione al settore dell’edilizia industriale.
Nell’area industriale di Bari il gruppo Matarrese, oltre a costruire gli stabilimenti delle sue società realizzò anche infrastrutture e impianti per importanti aziende italiane e straniere (come la RIV SKF spa, la Breda, la Citroën, la Philips, la FIAT, il Gruppo SNIA-Viscosa).
Agli inizi del 1976 risale l’ultima riorganizzazione delle società del gruppo prima dell’uscita di scena del Matarrese.
Furono costituite: la Vincenzo Matarrese spa con un capitale di 50 milioni di lire diviso tra i quattro figli Michele, Vincenzo, Antonio e Amato (rispettivamente 15.000 azioni ai primi due e 10.000 agli altri due) e per oggetto l’attività edilizia; e la Salvatore Matarrese spa con i medesimi capitale, oggetto, azioni e soci della precedente, e il M. come primo presidente del consiglio di amministrazione; tale società avrebbe ereditato, alla morte del M., il ruolo di casa madre della ditta individuale Salvatore Matarrese.
Il M. morì a Bari il 30 genn. 1977.
Attualmente il gruppo Matarrese è controllato dalla holding FINBA con un medesimo azionariato per ognuna delle 34 società controllate e rimane saldamente nelle mani della famiglia.
Fonti e Bibl.: Necr., in Gazzetta del Mezzogiorno, 31 genn. 1977; Bari, Camera di commercio, industria, agricoltura e artigianato, Registro delle imprese, ad nomen; Arch. di Stato di Bari, Fondo Assindustria, Ufficio economico-edili, bb. 43, f. 2279; 44, f. 2309; 46, f. 2329; 51, ff. 2363, 2365; 53, f. 2430; Il Corriere dei lavori pubblici, 1948-67 (in partic. la sezione dedicata al resoconto delle aggiudicazioni degli appalti pubblici); Deliberazione del Consiglio comunale di Bari, n. 2867, 27 giugno 1988 (oggetto: Toponomastica - Attribuzione della denominazione stradale «Salvatore Matarrese»; in partic.: Notizie biografiche, pp. 1 s.); Matarrese, a cura del gruppo Matarrese, Bari 1978 (illustra la struttura del gruppo e le maggiori realizzazioni sino al 1978); M. Matarrese, La mia grande famiglia, in M. Castelli, Primi in economia. Incontri ravvicinati con 41 imprenditori a prova di crisi, Milano 2004, pp. 273-283. Per ricostruire il contesto dello sviluppo dell’industria edile nel Barese e per i dati forniti sulle grandi imprese cfr.: D. Borri, Produzione capitalistica dello spazio urbano e residenza popolare. Bari dal dopoguerra agli anni Settanta, in Questione urbana e sviluppo edilizio. Il caso di Bari, Bari 1980, pp. 67-145 (in particolare si veda la tab. n. 5 dell’appendice); Bari, questione urbana e piano regolatore: ricerca su una città meridionale. Atti del Convegno… 1977, Bari 1978, passim; G. Amendola, Segni e evidenze, in Segni e evidenze. Atlante sociale di Bari, a cura di G. Amendola, Bari 1985, pp. 9-23; M. Scionti, L’immagine della città. Architettura e urbanistica nella Bari del Novecento, in Storia di Bari. Il Novecento, a cura di L. Masella - F. Tateo, Bari 1997, pp. 33-65; G. Amendola, 1960-1980: gli anni della «belle époque», ibid., pp. 335-356.