FERGOLA, Salvatore
Nacque a Napoli tra il 1798 e il 1799 da Luigi (cfr. voce in questo Dizionario) e da Teresa Conti. Si dedicò prima allo studio delle lettere e dell'architettura, poi a quello della pittura. Seguì le orme del padre, sia nell'uso della tempera che nella impostazione della veduta sull'esempio di J. P. Hackert. Fin dall'inizio, le sue opere ebbero grande successo presso la corte borbonica; tra gli acquirenti si annoverano Francesco di Borbone. che poi salì al trono con il nome di Francesco I, e sua figlia Maria Cristina. Fu allievo nell'Officio topografico di Napoli (cfr. V. Valerio, Società uomini e istituzioni cartografiche nel Mezzogiorno d'Italia, Firenze 1993, p. 523). Le sue vicende giovanili, legate alle committenze di casa reale, sono minutamente annotate in una serie di documenti presentati al re Ferdinando Il dopo la morte di A. S. Pitloo (1837), quando si rese vacante la cattedra di paesaggio all'Istituto di belle arti di Napoli (Arch. di Stato di Napoli, Ministero d. Pubbl. Istruz., fascio 477, I, fasc. 1, Concorsi), consistenti in una lettera (30 sett. 1837), un Elenco de' quadri di paesaggio eseguiti da S. F. per ordine di S. M. Francesco I di felice ricordanza, un Elenco dei servizi resi da S. F. pittore paesista della Real Casa, nonché l'elenco dei dipinti del F. donati dal re Francesco I ai vari sovrani d'Europa.
Come attestano i documenti, nel 1819 il F. fu chiamato dal duca di Calabria e, dopo vari lavori eseguiti a Napoli, si repò presso il duca in Sicilia. Al ritorno gli fu assegnato uno stipendio di 30 ducati al mese pagati dalla cassa privata reale. Nel 1821segui i reali a Castellammare per dipingere alcune vedute da diversi punti della costa. Si recò poi a Caserta, a San Leucio e a Santa Maria. A questo periodo iniziale risale il dipinto Antico sepolcro detto la Conocchia in Santa Maria di Capua (1820; Caserta, palazzo reale, già nell'appartamento della regina madre). Nel 1822 seguì la famiglia reale ad Ischia per dipingere alcune vedute e vi risiedé circa tre mesi. Nel 1823 tornò in Sicilia per fare l'intero giro dell'isola, ma si ammalò a Trapani; appena ristabilito, andò di nuovo ad Ischia e poi per due mesi a Castellammare. Sempre in questo anno raffigurò l'Imbarco della r.e famiglia dal fiume Sarno.
Nel 1824 accompagnò la famiglia reale a Foggia e poi si recò a Carditello per disegnare la festa a Boscoreale e la corsa dei cavalli. Ritornò a Castellammare per disegnare il Varo del vascello "Vesuvio" (1825; Caserta, palazzo reale) e poi ad Arienzo per eseguire vedute pittoresche e costumi dei paesi di Terra di Lavoro. Come ricompensa ebbe un aumento di 5 ducati sullo stipendio. Nel 1826 disegnò La caccia reale nel parco di Persano (Napoli, palazzo reale); quindi si recò a Paestum, a Castellammare per due mesi e agli Astroni ancora per riprendere la caccia. Fu allora che accompagnò la famiglia reale al santuario, di Montevergine e ne disegnò il ritorno in un dipinto, il cui bozzetto espose nella biennale borbonica del 1826.
Nel 1827 il F. si recò a Castellammare per disegnare una manovra militare e successivamente per documentare il varo della fregata "Isabella". Si trattenne poi a Portici per tre mesi con lo Scopo di fare vari studi dei giuochi nel sito reale della Favorita ed altre vedute nei dintorni. In quell'anno documentò le evoluzioni militari che si fecero a Salerno alla presenza del re, e ancora le manovre militari ad Arpaia nella Valle Gaudina. Si recò poi a Persano a disegnare le battute di caccia della famiglia reale e a Castellammare per ritrarre i giochi dei cavalli.
Nel 1828 andò a Caserta per realizzare diverse altre vedute e per prepararsi a disegnare delle cacce reali. Vi si trattenne circa tre mesi. Ottenne dal re l'aumento dello stipendio a 60 ducati insieme col passaggio a carico della Casa reale.
Quando Francesco I, accolse nel 1829 Carlo Felice re di Sardegna, il F. fu incaricato di illustrare l'avvenimento in due dipinti, donati alla Casa Savoia: L'arrivo nella rada di Napoli delle ll. mm. sarde (Porto di Napoli in lontananza) e Lo sbarco delle ll. mm. sarde alla deputazione di Salute (Torino, palazzo reale, Soprint. ai Beni architett. e ambientali: Cultura figurativa..., 1980, scheda 292, pp. 295 s.). Francesco I fu largamente munifico verso il F., gli concesse anche di tenergli a battesimo la figlia, cui fu dato il nome di Isabella.
Il F. partecipò a quasi tutte le edizioni delle esposizioni borboniche, fin dal 1826, quando espose sette dipinti, fra cui uno Studio di una quercia nel bosco di Mascabruno, una Veduta del castello di Airola sopra Arienzo, una Veduta del bosco della Ficuzza in Sicilia, una Veduta delle isole de' Galli presi da' Conti di Sorrento (regalata, quest'ultima, da Francesco I alla regina di Spagna). Nel 1827 fu nominato professore onorario del R. Istituto di belle ani per ordine di Francesco 1, e nel 1829, in occasione del matrimonio della principessa Maria Cristina con Ferdinando VII di Spagna, fu invitato a seguirli in Spagna. Si recò poi in Francia, dove fu nominato "pittore di corte" ed ottenne la medaglia dell'ordine di Francesco I.
Continuò a partecipare alle biennali borboniche (cfr. Martorelli, iggi e Picone Petrusa, 1993); inoltre con decreto del 19 giugno 1837 Ferdinando II fece registrare il nome del F. fra i soci corrispondenti della R. Accademia di belle arti.
In quegli anni la sua attività di illustratore degli avvenimenti di corte e degli eventi più significativi del paese s'incrementò moltissimo, tuttavia non superò il concorso del 1838 per la cattedra di paesaggio, vinta da G. Smargiassi. In compenso, su raccomandazione di A. Niccolini, fu impiegato nella reggia per pitture di decorazione e paesaggio. Nel 1839 partecipò alla mostra borbonica con Veduta della sorgente del Sarno, Interno della cattedrale di Toledo in Ispagna (acquistato dal re per 400 ducati; Picone Petrusa, 1993), tre "paesaggi di composizione", che avevano per tema il levarsi e il tramontare del sole, e i Briganti sorpresi dalla gendarmeria nella foresta;un quadro con tale soggetto, datato 1838 ed identificabile presumibilmente con questo, è a Napoli in una collezione privata (pubbl. in Immagini e miti [catal. Gall. Nuova Bianchi-d'Espinosa], Napoli s.d. [ma 1994], p. 16). Ancora due soggetti spagnoli figuravano nell'esposizione del 1841 (Interno gotico del chiostro di S. Giovanni de' Re a Toledo ed Esterno gotico della cattedrale di Burgos), insieme con Montevergine nel giorno della festa e al primo dipinto con L'inaugurazione della strada di ferro seguita in Napoli nell'ottobre del 1839 (Caserta, palazzo reale). Quest'ultimo iniziò una fortunata serie, di cui per ora conosciamo solo l'altro dipinto del 1845 con La stazione della strada ferrata di Castellammare (Caserta, pal. reale), mentre le fonti (Giucci, 1845, p. 485) parlano di altri quindici dipinti realizzati per il francese A. Bayard de la Vingtrie, ingegnere capo della società che realizzò a Napoli la strada ferrata. Dal 1843, dopo il successo del quadro esposto alla biennale rappresentante un Naufragio di quattro marinari, cominciò un nuovo fortunato filone, questa volta "marinista", di cui diede saggio anche nelle mostre successive.
Fra i quadri presentati nel 1843 figuravano anche due dipinti acquistati dal re per 200 ducati ciascuno: Marina di Capri a chiaro di luna con battello in cui dorme un marinaro e Un sifone nel golfo di Procida (Picone Petrusa, 1993), forse identificabili con quelli conservati nei depositi del Museo di Capodimonte. In occasione della mostra del 1845 furono acquistati da Casa reale, secondo le diciture d'archivio (ibid.), "Mare in tempesta" e "Due grandi campagne per traverso", che, tuttavia, non sono citati in catalogo. Nel 1848 espose, invece La preghiera della sera (un paesaggio di composizione) ed un altro episodio di salvataggio dal vero.Nel 1850 fece parte della commissione che nominò G. Mancinelli professore ordinario successore di C. Angelini alla cattedra di disegno del R. Istituto di belle arti di Napoli.
Alcune opere presentate dal F. alla mostra del 1851 attestano l'influenza che su di lui esercitò lo Smargiassi con la moda del paesaggio storico: si tratta dei Sagrifizi di Abele e di Caino (Napoli, Avvocatura dello Stato) e di Caino che fugge alla terribile chiamata di Dio dopo aver compiuta la sua vendetta sull'innocente fratello (Napoli, palazzo reale), esposti insieme con uno Studio di mare in tempesta, un Naufragio di un marinaio e due paesaggi. Nel 1859 il tema del mare in tempesta ricorre in un soggetto sacro, Gesù nella barca degli apostoli impone al mare tempestoso di calmarsi (Napoli, Museo di Capodimonte). I suoi legami molto stretti con i Borbone sono confermati anche da quattro tempere (1845; Caserta, palazzo reale), che documentano il presepe allestito da G. Cobianchi per Ferdinando II nel 1844 e una serie di undici piccoli oli che facevano parte di un Album (Roma, coll. priv.; cfr. Picone Petrusa, 1994), donato da Ferdinando II alla moglie Maria Teresa d'Austria. I soggetti sono tutti paesaggi ed alcuni di questi sono probabilmente in relazione con i suoi più famosi dipinti esposti nelle biennali borboniche. Dopo l'Unità il F. partecipò alla prima Esposizione nazionale di Firenze del 1861 - con il S. Francesco in orazione nel bosco, che aveva già presentato nella biennale del 1855 - e alla prima mostra della Promotrice napoletana con tre dipinti.
Morì a Napoli il 7 marzo 1874 all'età di "76 anni" (Comune di Napoli, Stato civile, Quartiere Avvocata, morti n. 273).
Dopo la sua morte furono presentate quattro sue opere di Naufragi e Marine in tempesta nell'Esposizione nazionale di Napoli del 1877. Recentemente gli è stato attribuito (Martorelli, 1991, p. 33) il dipinto con i Bagnia Santa Lucia (1820 c.; Napoli, Museo di S. Martino). Fra le numerose opere presenti nelle collezioni pubbliche si ricordano inoltre: Cristo nell'orto (1858; Napoli, Galleria dell'Accademia), Paesaggio con Rinaldo e Armida e Ilriposo dalla fuga in Egitto del 1859 (entrambi a Napoli, palazzo reale), La Real tenuta di San Leucio presso Caserta (1827), IlPonte di S. Erasmo in Palermo, e Getto della prima pietra della cappella al Campo di Marte (1837) e tre rappresentazioni di Tornei cavallereschi a Caserta davanti alla Reggia, uno del 1846 e altri due databili al 1849 (tutti a Caserta, palazzo reale); La veduta dell'Orto botanico di Palermo (tempera, Napoli, procura della Repubblica); Equipaggio reale (Napoli, prefettura); La quercia gigante (Bari, Pinacoteca provinciale).
Tra i fratelli i del F., Francesco, nato a Napoli probabilmente nel 1801 poiché nell'atto di morte è detto settantaquattrenne. è noto per la sua attività di paesaggista legata all'impostazione hackertiana del padre Luigi. Era dotato di una precisione documentaria nella ripresa dei luoghi derivata dalla cosiddetta veduta "a volo d'uccello" di P. J. Hackert. Le prime notizie certe sulla sua attività artistica sono legate alle esposizioni borboniche a cominciare -dalla prima del 1826. Qui figurava come facente parte "del R. Istituto di belle arti" ed esponeva due dipinti, Veduta di Pirozzi e Veduta del palazzo di D. Anna a Posillipo;ebbe in premio la medaglia d'argento di terza classe. Nel 1830 presentò una tempera, Veduta di Napoli presa dal campo, e fu premiato con la medaglia d'argento di seconda classe; il dipinto si può forse identificare con una tempera su carta, Veduta di Napoli da Capodichino (Napoli, palazzo reale), firmato e datato 1830. Francesco fu presente anche all'esposizione borbonica del 1835 con una Eruzione del Vesuvio (cfr. Picone, 1993). Francesco morì a Napoli il 19 ott. 1874 (Comune di Napoli, Stato civile, Quartiere Stella, Atto di morte n. 910). Figlio suo e di Maddalena Manzo fu Luigi (1840 c.-1869), anch'egli pittore paesista.
Sue opere, conservate in collezioni private napoletane, si distinguono per una inipostazione classica ancora vedutistica ed un senso del colore fresco e luminoso. Quattro gouaches, forse appartenenti ad una serie volta a documentare le novità viarie del regime borbonico, come sembra di poter dedurre dalla presenza di due firme - quella di Francesco, che aveva dipinto e quella di Luigi Giordano, che aveva diretto -, furono esposte pochi anni or sono nella mostra dedicata alle gouaches napoletane del Settecento e dell'Ottocento: si tratta di Vico Equense e la nuova strada per Sorrento (pubbl. in Gouaches..., 1985, p. 83) e della Veduta di Pozzuoli dalla nuova strada Campana / propriamente da San Francesco (ibid., p. 138;entrambi a Napoli, coll. priv.) e inoltre Vietri dalla strada di Amalfi e Vietri e Salerno dalla strada di Amalfi (ibid., p. 214). Sempre riferibile a Francesco è infine un olio datato 1834 (Napoli, coll. priv., pubbl. in Catal. dell'arte ital...., 1994, p. 108).
Un altro fratello Alessandro, nato nel 1812 c., è soprattutto noto come paesista. Non compare nel catalogo della prima esposizione borbonica del 1826; tuttavia, in quella occasione un suo dipinto, Studio di cortile (da identificare con quello che è a Roma, Camera dei deputati), fu acquistato dal re. Fu invece sicuramente presente nelle biennali borboniche del 1830, del 1837 e del 1839 (cfr. Picone Petrusa, 1993, p. 126). Le sue opere sono andate disperse, forse passate sul mercato sotto finne più remunerative. Qualche dipinto è in collezione privata: ad esempio, La piana di Caserta (pubbl. in Picone Petrusa, 1993 tav. n. n.), che ne documenta l'attività almeno fino al 1860. Un'altra veduta con La reggia di Caserta (1828, Caserta, palazzo reale) è citata da Ortolani (1970, p. 188) a riprova della sua eredità di neovedutista, mentre Biancale (1961, p. 96) lo include fra gli epigoni stanchi della Scuola di Posillipo. Un suo Paesaggio al tramonto è conservato a Sorrento presso il Museo Correale. Morì a Napoli il 13 febbr. 1864 (Comune di Napoli, Stato civile, Quartiere Avvocata, morti n. 158).
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