FARINA, Salvatore
Nacque a Sorso (Sassari) il 10 genn. 1846 da Agostino e Chiara Oggiano. Aveva dieci anni quando il padre fu trasferito a Sassari, in seguito alla nomina a procuratore del re. Nello stesso periodo morì la madre, e dopo qualche tempo il padre decise di risposarsi, scegliendo, col consenso dei figli, una ragazza del posto, Marietta Corrias: vicenda che influenzò notevolmente il F., come risulta dai ricordi autobiografici.
Nel '60, essendo stato il padre promosso avvocato generale nella sede di Casale Monferrato, tutta la famiglia lasciò la Sardegna per la nuova destinazione. Il F., bocciato all'ammissione al liceo, si preparò da autodidatta, ottenendo nel '64 la licenza liceale. Si iscrisse quindi alla facoltà di legge dell'università di Pavia (1865-66), ma già coltivava con alacrità la sua passione per la letteratura, pubblicando novelle, racconti e poesie (su L'Emporio pittoresco, 26 ag. '66, una rivista su cui scriveva anche I. U. Tarchetti; e sull'Illustrazione universale, 15 luglio e 5 ag. '66) e preparando un romanzo, Cuore e blasone, che uscì nel '67 a Milano e gli procurò subito una certa notorietà. Nel '67 si trasferì all'università di Torino, dove il 3 ag. '68 si laureò.
Aveva intanto conosciuto il Tarchetti, con il quale strinse una salda e profonda amicizia (cfr. ad es. La mia giornata. Dall'alba al meriggio, pp. 73 s.). Anche sulla spinta delle idee di questo, dopo Custoza e Lissa scrisse un opuscolo Tutti militi! Pensieri sull'abolizione degli eserciti permanenti (Milano '66); come all'amicizia con Tarchetti è dovuto il suo intervento per completare Fosca di cui scrisse, sotto il nome dell'amico che nel frattempo era morto, il cap. XLVIII (cfr. La mia giornata, pp. 147 s.).
Del resto qualche motivo tarchettiano è presente nei racconti del F., sicché per qualche verso i loro nomi furono accomunati dai critici sotto il segno della scapigliatura, benché profondamente diversa fosse la loro indole e il loro modo di praticare la letteratura. Nel '68 Tarchetti lo presentò alla redazione del Gazzettino rosa, uno degli alfieri della corrente scapigliata, ma il gusto del F. era fin d'allora troppo alieno dalle istanze più sentite della scapigliatura e si andava strutturando su quella disinvolta attitudine alla narrazione, soprattutto di taglio novellistico, che lo vide nel decennio 1870-80 protagonista della scena letteraria milanese.
Mentre il F. era ancora impegnato negli studi universitari, il padre fu trasferito a Messina in qualità di procuratore generale; rimasto solo a Torino, conobbe una giovane vedova con due figli, Cristina, che subito dopo la laurea sposò, spostandosi con la nuova famiglia a Milano. Qui iniziò una collaborazione con gli editori Treves e Sonzogno che lo impegnarono nelle attività più varie: fu traduttore di libri, elaboratore di rebus, riduttore di libretti teatrali, collaboratore di diverse pubblicazioni periodiche. Dal dicembre '69 ottenne la direzione della Gazzetta musicale dell'editore Ricordi (la mantenne fino all'84) e si affiancò, poco dopo, ad A. Ghislanzoni, entrando insieme con A. Boito e V. Imbriani nella redazione della Rivista minima, un mensile che veniva dato in omaggio agli abbonati alla Gazzetta musicale e della quale il Ghislanzoni aveva fatto uno strumento di un certo rilievo nelle polemiche letterarie dell'epoca. La presenza del F. impresse alla Rivista minima un'impronta sensibilmente diversa dalla serie precedente fino dall'inizio, anche se solo nel '75 ne divenne pure formalmente condirettore e dal '79 ufficialmente direttore unico (modificò allora il titolo in Rivista minima di scienze lettere ed arti; la rivista cessò le pubblicazioni nel novembre 1883).
Vi collaborarono, tra gli altri, T. Massarani, A. Boito, E. De Amicis, G. Faldella; lo stesso F. vi pubblicò molte novelle, racconti, recensioni letterarie e cronache drammatiche, firmando anche con l'anagramma Aristofane Larva. Il F. diede alla rivista un indirizzo conciliativo e spiccatamente antirealistico, secondo una intenzione di distanza dalle scuole che ribadì in molte occasioni: "Svelare le brutture sociali senz'altro animo che quello di mostrare di averle viste ... esser acuti nell'indagine delle miserabili cose del cuore solo per far pompa d'acume, come ha fatto alcune volte Dumas figlio, come han fatto sempre con molto minor ingegno Feydeau e Belot, e come fanno molti cattivi romanzieri e pessimi drammaturghi francesi, questa è colpa imperdonabile" (La morale in teatro e nei libri, in Rivista minima, 2 marzo 1873; più tardi, per inciso, tra i cattivi romanzieri annovererà anche Zola). Costante rimane il rifiuto delle correnti in voga: "Sarete voi romantici o idealisti o realisti oppure veristi, o sia impressionisti? Tutte queste parole, e altre di simil genere, vogliono rappresentare qualche cosa, forse una scuola, sicuramente un difetto. E voi fate a modo mio; siate voi stessi... e se quello che dovete dire ha valore, se la veste che darete al vostro pensiero sarà attraente, sia ideale o sia reale o sia verista, pur che sia vera (che significa ben altro), pur che sia bella, il vostro romanzo sarà riletto quando il chiasso dei paroloni difficili sarà svanito" (Come si scrive un romanzo?, Prefaz. a Il numero 13, p. 15).
Il F. collaborò anche a Rivista italiana, Nuova Antologia, Gazzetta letteraria di Torino, Giornale d'Italia, L'Illustrazione, Il Giornale per tutti, Lo Scacciapensieri, Fanfulla della domenica, ecc. Nel 1872 entrò nella redazione del Trovatore come cronista (senza firmare i pezzi); collaborò fin dalla fondazione (gennaio 1874) a Serate italiane di G. C. Molineri; nello stesso '74 ebbe l'incarico di dirigere la "Scelta dei buoni romanzi stranieri" della Società tip. ed. lombarda.
All'attività giornalistica si affiancava incessante la produzione narrativa. Sono del '69 il romanzo Un segreto (Milano) e il racconto Due amori (ibid.; rist. insieme a Più forte dell'amore? e Amore bugiardo nel volume dal titolo Il libro degli amori, Torino 1911); del '71 è Il romanzo di un vedovo (Milano, 3 voll.); dell'anno successivo il romanzo Frutti proibiti (o Fiamma vagabonda, ibid., 2 voll.).
Si tratta di narrazioni per lo più ambientate in famiglie piccolo borghesi (qualche volta dell'alta società), centrate su vicende sentimentali e passionali ritratte con garbo, notevole facilità comunicativa e un diffuso spirito di pacato umorismo, unito a una vena tenue di patetismo e di partecipazione commossa alle avventure dei personaggi: tutti elementi che gli assicurarono un grande successo di pubblico in Italia e ancora più nei moltissimi paesi stranieri in cui i suoi libri furono tradotti.
Del '73 (sempre a Milano) è il romanzo considerato in genere il suo più riuscito, Il tesoro di Donnina, dove le componenti già indicate si raccolgono in felice equilibrio compositivo. Seguirono Fante di picche (ibid. 1874), una raccolta di novelle che ebbe grande successo, anche di critica; i romanzi Amore bendato (Torino 1874) e Capelli biondi (Milano 1875); i racconti Un tiranno ai bagni di mare: tre scene dal vero (ibid. 1875); il romanzo Dalla spuma del mare (ibid. 1876); Oro nascosto: scene della vita borghese" (Roma1877); le novelle Le tre nutrici (Torino 1878); Ilmerlo bianco (Roma 1879); il ciclo Mio figlio (in La Nuova Antologia, 1877-1881, più volte ristampato, 10 ediz., Torino 1909, poi Firenze 1966); Racconti e scene (Milano 1878, che raccoglie La famiglia del signor Onorato, Fante di picche, Una separazione di letto e di mensa, Un uomo felice, gli ultimi tre già raccolti in volume insieme con Fante di picche (1874); Prima che nascesse (Torino 1879), ecc.
Nel settembre 1878, sollecitato dal successo riscosso dai suoi libri, si recò a Parigi e quindi a Londra, dove tenne conferenze e discorsi. La fama del F. era ormai all'apice in Italia e all'estero, come testimoniano anche le sue collaborazioni sui più diffusi periodici europei: tra gli altri Revue des deux mondes, Magdeburgische Zeitung, Deutsche Rundschau, Revue britannique, Correspondant, Temps, Contemporain. Nell'aprile 1881 tornò, dopo più di venti anni, in Sardegna, accompagnato dalla moglie gravemente ammalata (morì infatti l'anno successivo); in segno di omaggio alla sua terra, volle dedicare alla Sardegna il romanzo Amore ha cent'occhi (Milano 1883) che si affianca alla sempre copiosissima produzione del F. modulata sui motivi ormai consolidati nelle forme narrative della novella e del romanzo. Alcuni titoli: Coraggio e avanti (Torino 1880); Ilmarito di Laurina (ibid. 1880); L'intermezzo e la pagina nera (ibid. 1881); Nonno! (ibid. 1881); Fino alla morte? (Milano 1881); Ilsignor Io (Torino 1882); Fra le corde d'un contrabbasso (Milano 1882), ecc.
In una lettera a F. Petruccelli della Gattina (26 marzo 1878, pubblicata in La Stella della Sardegna, 8 marzo 1879) il F. scriveva: "Il concetto morale, cardine di ogni mio lavoro, è la famiglia. Nobilitarla, rialzarla, difenderla, mostrare quanto grandeggi su tutte le altre istituzioni e quanto il sentimento di essa sopravanzi ogni altro sentimento umano". Questa diffusa ispirazione sentimentale e perbenistica, di profondo impianto moralistico, appena corretta da un lieve tono umoristico, di chiara derivazione dalla narrativa inglese sette-ottocentesca, è calata in moduli linguistici ed espressivi elaborati sul filo della semplicità e della scorrevolezza ("Nella forma ho avuto di mira di rendere il più possibile snella la nostra prosa accademica e classica"). Entro queste coordinate, pressoché immutate negli anni, si possono allineare tutti i suoi libri successivi: il ciclo di novelle raccolte sotto il titolo Si muore (Caporalsilvestro, Milano 1883; L'ultima battaglia di prete Agostino, ibid. 1886; Pe' begli occhi della gloria. Scene quasi vere, ibid. 1887; Vivere per amare, ibid. 1890; Per la vita e per la morte, ibid. 1891), Idue desideri (ibid. 1889); Don Chisciottino (ibid. 1890); Più forte dell'amore? (ibid. 1891); Perché ho risposto no? (ibid. 1892); Che dirà il mondo? (ibid. 1893); Carta bollata (ibid. 1894); Ilnumero 13 (ibid. 1895); Madonnina bianca (Vanitas, ibid. 1897); Fino alla morte (ibid. 1897, rist. Torino 1902 con premesso I soliloqui di un solitario); Il segreto del nevaio (Torino 1908); Il secondo libro degli amori (ibid. 1912, che comprende Amore canuto -Senz'amore). Vanno ancora ricordate le molte novelle pubblicate sulla Nuova Antologia tra il 1898 e il 1915 (alcune poi in volume) e le commedie: Coscienza elastica (Torino 1906); Pietosa bugia (ibid. 1909); False nozze (ibid. 1909); In iscena e fuori (ibid. 1909); nonché una raccolta di conferenze Il mio esame di coscienza (ibid. 1908).Nel 1884 (29 febbraio) il F. era stato colpito da una strana e traumatica forma di afasia totale che si protrasse per quindici giorni, procurandogli disturbi gravi per i sei anni successivi. Su consiglio dei medici nell'aprile '85 intraprese un lungo viaggio nell'Europa centrale e settentrionale. In questa occasione conobbe un chimico tedesco, al quale si associò per fondare a Milano uno stabilimento industriale (Farina e Farko) al quale si dedicò per qualche tempo (nel '94 la ditta aprì una succursale a Zurigo).
Era stato candidato alle elezioni dell'82 ma non venne eletto; risultato che si ripeté dieci anni più tardi, quando fu spinto a candidarsi di nuovo dall'amico Petruccelli della Gattina nel collegio di Sassari. Nel '96 gli morì il padre. Nel 1903 iniziò a pubblicare su Natura ed arte le sue Memorie letterarie, che raccolse poi sotto il titolo La mia giornata, suddivise in tre volumi, Dall'alba al meriggio (Torino 1910), Care ombre (ibid. 1913), Dal meriggio al tramonto (ibid. 1915). Nel 1907 (26 maggio) su iniziativa dei suoi amici (promotore e presidente A. De Gubernatis) fu celebrato a Roma, nell'aula magna del Collegio Romano, il giubileo letterario (nel 40° anniversario della pubblicazione di Cuore e blasone), con la partecipazione dei più illustri letterati italiani e stranieri. Da quello stesso anno la Società tip. ed. naz. di Torino iniziò la ristampa di tutte le sue opere. Nel 1911 il F. visitò la costa settentrionale dell'Africa, nel 12 fu in Svezia e Scandinavia.
Morì il 15 dic. 1918 e fu seppellito nel cimitero monumentale di Milano.
Benché oggi il F. sia pressoché dimenticato, il suo caso può essere considerato "uno dei piùnotevoli avvenimenti di costume letterario del decennio 1870-80" (G. Mariani, p. 652), per l'apprezzamento ampiamente positivo che la critica dell'epoca (quasi unanimemente) diede della sua narrativa, apparentata, almeno per alcuni anni, a quella verghiana, come esemplari della nuova produzione italiana; e, insieme e soprattutto per il grandissimo successo di pubblico che incontrarono i suoi scritti. Nell'intreccio di vocazione giornalistica e di attitudine, abilmente coltivata, a una forma "popolare" di narrativa, vanno probabilmente rintracciati i motivi della intensa presenza del F. sulla scena letteraria in un periodo che in Italia, specialmente, aveva tutte le caratteristiche di una fase di passaggio a forme ed esperienze radicalmente nuove.
Fonti e Bibl.: A. Albertazzi, Storia dei generi letterari. Il romanzo, Milano 1902, pp. 296 s.; S. F. nell'occasione del giubileo letterario, Torino 1908; G. Boglietti, Scritti storici e letterari, Torino 1910, pp. 278-281, 290 ss., 297-300, 301 ss., 303-306; B. Croce, Letteratura della nuova Italia, Bari 1914, I, pp. 193-199; V. Dendi, Un romanziere dimenticato. S. F., Pisa 1921; A. Balestrazzi, Il romanzo di S. F., Pavia 1923; E. Pilia, La letteratura narrativa in Sardegna, Cagliari 1926, I, pp. 107-113; L. Falchi, Scrittori contemporanei di Sardegna: l'arte di S. F., in Mediterranea, VI (1932), 5-6, pp. 4-7; S. F., a cura di F. Addis, Sassari 1942; M. Berrini, Torino a sole alto, Torino 1950, pp. 31, 46, 48, 50, 56, 65, 103, 139, 146 ss., 253; G. Mazzoni, Storia letteraria d'Italia. L'Ottocento, Milano 1964, VIII, 2, pp. 270, 273 s.; G. Mariani, Storia della scapigliatura, Caltanissetta-Roma 1967, pp. 39 ss., 55, 61, 63, 108, 207, 219, 384, 449, 459, 554, 559, 652-657, 675, 700 s., 707, 749, 756 s., 785, 787, 789, 792, 808 ss., 813, 826 s., 833, 881 s.; R. Bigazzi, I colori del vero, Pisa 1969, pp. 102, 178, 208, 221, 225, 227-233, 239, 241, 247, 259, 266, 268-271, 275 ss., 279, 289, 298 s., 305, 383, 397, 410; G. Contini, Introduzione ai Narratori della scapigliatura piemontese, in Varianti e altra linguistica, Torino 1970, pp. 533-566; C. Zimbone, L. Capuana, S. F., A. Graf, A. Negri. Segnalazioni critiche, Catania 1981, pp. 55-94; La pubblicistica nel periodo della scapigliatura, a cura di G. Farinelli, Milano 1984, ad Indicem.