CEPPARULO, Salvatore
Nacque a Napoli il 3 dic. 1849. Dal 1881 fu insegnante di plastica ornamentale nell'istituto artistico industriale e professore onorario all'istituto di belle arti (Giannelli). Restauratore, scultore in legno, cartapesta, marmo e bronzo, raramente espose alla Promotrice di belle arti di Napoli: nel 1873 uno Studio dal vero, in legno; nel 1880 Compiacenze materne e Prete che va al camposanto, in bronzo; nel 1883 il progetto in gesso di un bassorilievo da eseguirsi per il cimitero di Pietroburgo. All'estero partecipò soltanto all'Esposizione di Melbourne, nel 1880, con una statua in bronzo. I titoli di queste opere, tutte disperse, fanno ritenere che inizialmente il C. partecipasse a quel clima artistico di acuta caratterizzazione verista, che si era venuto affermando a Napoli, partendo dalla metà del secolo; tuttavia l'aspetto noto della sua arte è quello successivo, legato ad un gusto ufficiale ed eclettico, che del resto gli consentiva di mettere in luce le sue qualità di tecnico abilissimo ma privo di un vero afflato creativo. Fra l'altro, nell'adozione del nuovo stile, fu incoraggiato dalla commissione di opere a carattere ufficiale, prima fra tutte la facciata del Museo artistico industriale, cui lavorò dal 1886 al 1891, ma che fu portata a termine solamente nel corso dell'anno 1898.
Qui, su un progetto di G. Raimondi, si intesero celebrare le glorie italiane, e al C. fu affidata la modellazione dei busti di Tiziano, Bernini, Luca Giordano e Salvator Rosa, di quattro figure di donne e di due pannelli con la Pittura e la Scultura. Opere di un certo impegno, colorate con gusto accademico dal Morelli, e di cui, in seguito ai bombardamenti, non restano che un busto, una Sirena e la Scultura. Questi pezzi si inseriscono in un insieme di gusto neoquattrocentesco e robbiano e si adeguano ad esso nello stile: il busto è esemplato su quelli dei Della Robbia, la Sirena si avviluppa in girali rinascimentali, ma mostra già una spiritualità più moderna, la scena con La scultura in una bottega egizia è resa secondo l'idea che il C. aveva dello stile egiziano. I caratteri di queste sculture saranno sempre presenti nell'opera del Cepparulo.
Nella decorazione a stucco di due sale del caffè Gambrinus, eseguita nel 1893-95 il tono del C. è consono a quello di G. Renda, V. Alfano, L. Postiglione ed E. Dalbono, che anche lavorarono nello stesso locale. Il Gambrinus è forse il più eloquente esempio di decorazione floreale napoletana, ed è proprio il C. che, nella Danza delle ore, tocca il punto più alto, sciogliendo il ritmo delle figure danzanti in cadenze nuove, smaterializzando la plastica e i panneggi in raffinatezze e leggerezze ormai Liberty, sconvolgendo e rinnovando i modelli classici. Un simile livello di modernità non sarà più toccato dall'artista; nemmeno in un'altra sala, decorata con scene agresti, corse di bighe, putti, memori di stucchi pompeiani. Contemporaneamente lo scultore lavorava alla statua di bronzo dell'Italia, posta nel basamento del monumento a Vittorio Emanuele II, in piazza Municipio, dove la plastica diviene soda, il panneggio ricco d'ombre e di apparenza cartapestacea. Dell'anno 1896 è l'Allegoria del commercio, posta nel timpano del palazzo della Borsa, dove lo scultore fonde suggerimenti puristi, rinascimentali e neoclassici, volti ad ottenere effetti magniloquenti e severi. Sue sono anche le otto Cariatidi in cemento, nell'attico dello stesso edificio.
Ad un tono più alto risale l'arte del C. nel ritratto di Bartolomeo Capasso, posto nel 1901 in un chiostro dell'Archivio di Stato di Napoli, e di cui esiste un modello in gesso in una sala dello stesso istituto. Qui il C. mostra una buona disposizione di ritrattista, attento ai modi del Lista. Intorno al 1905 egli aveva anche compiuto il Redentore, nella facciata del duomo, e il Tommaso Campanella, nell'aula magna dell'università. Fra il 1898 ed il 1909 fu occupato nella vasta decorazione della cattedrale di Nola, adeguandosi perfettamente allo stile neorinascimentale dell'insieme.
Seguendo moduli quattrocenteschi, intaglia il soffitto a lacunari, con i due stemmi dei vescovi Renzulli e Formisano e con due scene della Vita di s. Paolino in cui le figure, svolte in calibrate architetture, vengono nitidamente descritte e viste con occhio purista. Per il pulpito scolpisce in marmo un Cristo che predica (firmato), in cui imita perfettamente lo stile di quattro formelle cinquecentesche che lo accompagnano. Il gusto robbiano, tanto in vigore nella Napoli fin de siècle, ritorna nei cinque tondi in gesso dell'atrio, raffiguranti Gesù e gli Evangelisti, e nelle due scene in stucco con Angeli musici e cantori, nei transetti dove al ricordo della cantoria di Luca si locia qualche fluidità lineare, un'aria più profana in qualche volto angelico, memore della coeva scultura del Cifariello. Parimenti ispirati al Quattrocento sono i bronzi con L'ultima cena e i busti degli Apostoli, inseriti nell'altar maggiore neorinascimentale (datati al 1906), sovrastato, però, da una Assunta di cartapesta (firmata), che riprende un modello tardobarocco, tradotto con una leggerezza Liberty nei panneggi e nelle figure degli angeli. Ancora al C. furono affidate le quattordici coppie d'angioletti reggitorciere, in cartapesta, fredda e modesta ripresa di forme settecentesche, nonché, gli Angeli dolenti, in stucco, sull'altare del Crocifisso.
Morì a Napoli nel 1914.
Fonti e Bibl.: P. De Luca, Un caffè artistico, in Natura e arte, V(1895), pp. 122, 124; A. Guerra-C. Ferrara, Il nuovo palazzo della Borsa in Napoli, Napoli 1899, p. 16; L. Conforti, La facciata del duomo di Napoli, in L'Illustr. Ital.,2 luglio 1905, pp. 16 s.; L. Angelillo, La cattedrale di Nola nella sua storia, Napoli 1909, pp. 101-108; A. Giannelli, Artisti napol. viventi, Napoli 1916, pp. 538 s.; V. Della Sala, Ottocentisti meridionali, Napoli 1935, p. 181; F. De Filippis, Arte napol. dell'Ottocento, Napoli 1938, p. 85; C. Tropea, Il Museo artistico-industriale ed il R. Istituto d'arte di Napoli, Napoli 1941, pp. 44, 52, 57; F. De Filippis, Ottocento napoletano. Il Gambrinus e la sua epoca, Napoli 1954, p. 38; F. Strazzullo, Saggi stor. sul duomo di Napoli, Napoli 1959, p. 70; G. Borrelli, La sculturamaiolicata a Napoli dall'Ottocento al Novecento, in Realtà del Mezzogiorno, 1975, p. 688; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 286.