ALDISIO, salvatore
Nacque a Terranova di Sicilia (dal 1927 Gela), in provincia di Caltanissetta, il 29 dic. 1890, da Gaetano e Gaetana Trevigne. In una zona agricola e povera, dove già prosperavano vari istituti dell'associazionismo cattolico (scuole, cooperative, istituti di credito, ecc.) e anche il modernismo alimentava nella cultura cristiana l'attenzione verso i problemi di una società rurale, l'A. - di famiglia agiata - compì i primi studi in quello stesso clima socio-culturale che in quegli anni e in quella terra stava generando l'elaborazione politica e sociale del popolarismo. In questo ambiente egli, legato giovanissimo al movimento cattolico, ebbe la sua formazione culturale, in contatto anche con la già prestigiosa personalità politica di Luigi Sturzo.
Compiuti gli studi classici, sottotenente di fanteria nella guerra di Libia e capitano nella guerra mondiale, decorato, l'A. si laureò in giurisprudenza e, figura emergente di una vasta rete di organizzazioni cattoliche, nel giugno 1921 fu eletto alla Camera quale capolista del Partito popolare italiano per il collegio di Girgenti-Caltanissetta-Catania.
Come deputato l'A. - anche sulla spinta delle forti pulsioni antilatifondistiche del dopoguerra di cui le stesse leghe bianche nel Mezzogiorno si erano fatte interpreti - presentò un progetto di legge volto al frazionamento ed alla colonizzazione del latifondo che andava nella direzione della formazione della piccola proprietà contadina. Nell'estate 1923 si scontrò col deputato popolare Filippo Meda disposto ad accettare la legge elettorale fascista proposta da Acerbo; in questa polemica (rilevante perché si inserì nel più generale contrasto tra le gerarchie ecclesiastiche e Luigi Sturzo, contrasto che costrinse quest'ultimo ad abbandonare il partito e l'Italia) emergeva altresì un giudizio di netta avversione al fascismo che l'A. avrebbe confermato nei suoi ulteriori interventi parlamentari, nella successiva condotta politica e nella esplicita condanna di un tentativo siciliano di formare un gruppo politico di ispirazione clerico-fascista (ottobre 1924).
Ricandidato nel 1924 per la XXVII legislatura (conservava l'appoggio del movimento popolare, ed in particolare del vescovo Mario Sturzo che ne caldeggiò la rielezione), l'A. si trovò presto sospinto dalla crisi Matteotti nell'opposizione aventiniana, nella quale militò fino al novembre 1926 allorché, con gli altri deputati antifascisti, fu dichiarato decaduto dalla carica parlamentare. Tornato a Gela dove possedeva un'azienda agricola, per tutto il ventennio fascista fu lontano dalla vita politica.
Come si legge in una nota del prefetto di Caltanissetta del febbraio 1941, l'A. "mantiene sempre contegno riservato e, pur non esplicando alcuna attività sovversiva, continua a professare idee di opposizione al regime". Conservò comunque, ancorché tenui, dei contatti con Giuseppe Spataro ed Alcide De Gasperi e, al momento della liberazione della Sicilia (luglio 1943), fu il maggior punto di riferimento del neopopolarismo siciliano.
I primi passi della rinascita democratica siciliana videro l'A. impegnato su una prospettiva unitaria, largamente concordata con De Gasperi e caldeggiata anche da Luigi Sturzo, rivolta a battere le tendenze separatiste e ad assicurare all'arco delle forze antifasciste il governo dello Stato. Esplicitamente repubblicano, fu tra i firmatari del manifesto antiseparatista della prima coalizione dei rinati partiti politici, il Fronte unico siciliano (novembre 1943), e - per la diretta investitura di De Gasperi ed il personale prestigio - fu tra coloro che gettarono le fondamenta della Democrazia cristiana in Sicilia (dicembre 1943). Alla vigilia della formazione del secondo governo Badoglio (nel quale dal 22 aprile l'A. avrebbe retto il ministero degli Interni), fu nominato membro della giunta consultiva dell'Alto Commissariato governativo per la Sicilia (aprile 1944). Anche in qualità di ministro si batté per togliere ai separatisti le amministrazioni locali da questi controllate (prevalentemente a tale scopo emise la circolare del 27apr. 1944 che invitava i prefetti a tenere conto, nella ricostruzione delle giunte municipali, della composizione del governo e del Comitato di liberazione nazionale) e puntò al rafforzamento della polizia per meglio combattere l'illegalità diffusa (mercato nero, banditismo, mafia, separatismo, ecc.).
Già prefetto di Caltanissetta dal 26 genn. 1944, l'A. assurse alla carica di alto commissario per la Sicilia nel luglio 1944 - sostituendo Francesco Musotto -, si fece interprete presso il governo delle esigenze economiche ed amministrative dell'isola (concordò un piano di lavori pubblici ed ebbe un ruolo rilevante nella costituzione della sezione credito industriale del Banco di Sicilia) e si impegnò nella realizzazione dei granai del popolo.
Al I congresso regionale della Democrazia cristiana (Acireale, novembre 1944), l'A. ripropose la questione, tipica della tradizione popolare, della riforma agraria, questione però che il congresso lasciò cadere. Sul finire dello stesso anno diede notizia della decisione governativa di istituire l'Assemblea regionale siciliana e nel febbraio 1945 insediò la Consulta regionale, primo organo di autogoverno dell'isola. Nel settembre dello stesso anno avrebbe nominato la commissione incaricata di redigere lo statuto regionale.
Vivaci discussioni e polemiche, soprattutto da parte delle sinistre che lo accusarono di collusione con gli agrari, suscitò l'azione dell'A. (giugno 1945) tendente a sminuire la portata innovativa e riformatrice dei decreti Gullo sull'assegnazione delle terre incolte. I provvedimenti dell'alto commissario provocarono anche la protesta di vari settori di lavoratori agricoli, tanto che si giunse ad un nuovo accordo per la Sicilia alla cui stipula contribuirono anche i ministri Gullo e Segni. Nell'attività complessiva dell'A. come alto commissario vi è chi ha voluto vedere una duplice operazione politica: favorire l'ingresso nella Democrazia cristiana del grosso del movimento separatista, irreversibilmente in crisi, ed un nuovo radicamento centrista che allontanava il partito democratico cristiano dalla prospettiva sociale del popolarismo (Renda, Il movimento contadino in Sicilia, pp. 629 s.).
Né la frattura tra la Democrazia cristiana e le sinistre in Sicilia si sarebbe ricucita, ché anzi; nella discussione alla Consulta sulle modalita di approvazione dello statuto regionale (dicembre 1945-gennaio 1946), essa si approfondì al punto che dai partiti di sinistra vennero richieste le dimissioni dell'A. dalla carica commissariale, che tuttavia mantenne fino al luglio 1946.
L'A. aveva intanto rappresentato il suo partito in alcune delle massime istanze politiche fin dal congresso dei Comitati di liberazione nazionale dell'Italia libera (Bari, gennaio 1944), muovendosi sempre più decisamente come leader nazionale (il congresso interregionale democratico cristiano di Napoli del luglio 1944 lo aveva eletto nel consiglio nazionale e di qui era stato nominato nella prima direzione centrale del partito, nella quale sarebbe stato confermato fino al congresso del 1952). Deputato alla Costituente, dal dicembre 1946 fu vice presidente del comitato permanente della Democrazia cristiana per il Mezzogiorno, presieduto da Luigi Sturzo. Ministro della Marina Mercantile nel secondo e terzo ministero De Gasperi (luglio 1946-maggio 1947), fu senatore di diritto e vice presidente del Senato dal maggio 1948. Nel novembre 1947 presiedette il II congresso della Democrazia cristiana (Napoli), e fu nominato ministro per i Lavori Pubblici nel sesto e settimo ministero De Gasperi (gennaio 1950-luglio 1953). Nel 1953 fu eletto deputato nel collegio di Palermo-Trapani-Caltanissetta-Agrigento.
Mentre negli anni Quaranta l'attenzione dell'A. era stata rivolta ai problemi dell'agricoltura meridionale e della riforma fondiaria - con un'azione politica diretta a disinnescare il potenziale di lotta emerso nelle campagne del Sud e a favorire lo sviluppo di una civiltà rurale che salvaguardasse la famiglia colonica, la piccola proprietà coltivatrice e le relative radici cristiane (fu anche presidente della Confederazione cooperativa italiana, organismo dei cooperatori di ispirazione cristiana, eletto al II congresso nazionale svoltosi a Roma nell'ottobre 1947) -, successivamente egli divenne uno dei massimi responsabili del suo partito per i problemi degli enti locali e delle opere pubbliche. Fu il maggior propugnatore della legge 10 ag. 1950, n. 715, destinata a sollecitare l'edilizia privata attraverso la concessione di mutui per la costruzione di case di abitazione.
Le fortune dell'A. quale dirigente politico subirono una battuta d'arresto nel gennaio 1954. Allorché il presidente del Consiglio Giuseppe Pella indicò l'A. quale titolare del dicastero dell'Agricoltura, da più settori della stessa Democrazia cristiana fu posto un veto - motivato dal fatto che l'A. non avrebbe assicurato la continuità della politica agraria del partito - che costrinse Pella, assertore dell'autonomia della scelta del presidente incaricato, alle dimissioni. In realtà, l'opposizione al suo nome - che veniva sia dalla Coldiretti sia da Aldo Moro, da poco capogruppo alla Camera - fu un momento del travaglio che vide nella Democrazia cristiana l'emergere del nuovo gruppo dirigente postdegasperiano. L'A. fu comunque inserito nell'elenco dei ministri, per il Lavoro e la Previdenza Sociale, del successivo effimero governo Fanfani (gennaio-febbraio 1954).
Da allora, pur rieletto alla Camera nel 1958 e 1963, la figura dell'A. restò un po' marginale nella vita del partito (il congresso di Napoli del giugno 1954 non lo rielesse nel consiglio nazionale), tanto che è stato detto che egli "trascorse gli ultimi anni in una specie di Aventino più sdegnoso del primo perché ultimo" (Giuseppe Costa). Intervenne al IV congresso nazionale della Democrazia cristiana (Trento, ottobre 1956), dove difese la Cassa per il Mezzogiorno, e fu rieletto alla Camera, nello stesso collegio, nel 1958 (legislatura nella quale fu presidente della commissione Lavori Pubblici) e nel 1963.
L'A. morì a Roma il 27 luglio 1964.
Fonti e Bibl.: Per una biografia dell'A. vedi G. Costa, S.A. una vita per il Meridione, suppl. a La Discussione, 23 luglio 1984, n. 30; Deputati e senatori del quarto Parlamento repubblicano, Roma 1965, pp. 6-8; C. Naro, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia 1860-1980, III, 1, Casale Monferrato 1984, ad vocem (con ulteriore bibliografia). Sulla sua milizia popolare e il periodo fascista vedi: Arch. centr. dello Stato, Casellario politico centrale, b. 56, ad nomen; G. De Rosa, Il Partito popolare italiano, Bari 1966, ad Indicem; G. Spataro, I democratici cristiani dalla dittatura alla Repubblica, Milano 1968, ad Indicem. Per gli annidella ricostruzione in Sicilia: S. Di Matteo, Cronache di un quinquennio. Anni roventi. La Sicilia dal 1943 al 1947, Palermo 1967, pp. 36, 175, 184, 200, 216 s., 224 ss., 233 s., 239 ss., 279, 285 s., 290, 299-303, 309, 316, 329, 340-345, 351, 356, 362, 368 s., 391, 393, 457-463, 477 ss., 496, 510, 520 s., 529; S. M. Ganci, L'Italia antimoderata. Radicali, repubblicani, socialisti, autonomisti dall'Unità a oggi, Parma 1968, pp. 324 s., 378-382, 391, 404; G. Giarrizzo, Sicilia politica 1943-1945. La genesi dello statuto regionale, in Arch. stor. per la Sicilia or., LXVI (1970), pp. 10, 15, 18, 25 s., 36-43, 46-54, 58, 60, 64-68, 71, 76-82 89 s., 95, 99-107, 111-119, 121-136; F. Renda, Movimenti di massa e democrazia nella Sicilia del dopoguerra, Bari 1979, ad Indicem; Id., Il movimento contadino in Sicilia, in Campagne e movimenti contadini nel Mezzogiorno d'Italia dal dopoguerra a oggi, I, Bari 1979, ad Indicem; M. Degl'Innocenti, Cooperazione e movimento contadino, ibid., II, Bari 1980, pp. 141, 166. Sull'A. dirigente della Democrazia cristiana vedi: F. Magri, La Democrazia cristiana in Italia, I-II, Milano 1954, ad Indices; I congressi nazionali della Democrazia cristiana, Roma 1959, ad Indicem; Atti e documenti della Democrazia cristiana 1943-1959, Roma 1959, pp. 41, 49, 52 s., 57, 99, 169, 216, 222, 232, 256, 306, 325, 334 ss., 341, 345, 348, 352 s., 361, 363, 368 s., 393, 404 s., 407, 415, 418, 422, 427, 429, 431, 452, 454 s., 462, 464, 491, 513, 554, 563, 637, 641, 662, 943; G. C. Re, Fine di una politica. Momenti drammatici della democrazia italiana, Bologna 1971, ad Indicem; Il movimento cooperativoin Italia 1926-1962, a cura di W. Briganti, Roma-Bologna 1978, pp. 27, 198; M. Di Lalla, Storia della Democrazia cristiana, I-II, Torino 1980-1981, ad Indices; P. Nenni, Tempo di guerra fredda. Diari 1943-1956, Milano 1981, ad Indicem. Per la sua attività parlamentare si vedano gli Atti delle legislature XXVI e XXVIIdel Regno, della Costituente e delle prime quattro legislature repubblicane.