SALVATAGGIO (fr. sauvetage; sp. salvamento; ted. Rettung; ingl. salvage)
Si dicono operazioni di salvataggio tutte quelle che sono intese, con l'ausilio di mezzi all'uopo predisposti o di sistemi di ripiego, a far galleggiare una nave che abbia subito una grave avaria (v.) allo scafo, che la renda impossibilitata a raggiungere con i proprî mezzi un porto per compiervi le necessarie riparazioni; i salvataggi si possono compiere anche su navi affondate, che per particolari ragioni sia conveniente riportare alla superficie, ma in tal caso prendono più particolarmente il nome di "ricuperi". In alcuni casi, ove non convenga rientrare in possesso della nave, si procede solo al salvataggio o al ricupero parziale o totale del carico.
Non meno importante del salvataggio del materiale, or ora accennato, è il salvataggio delle persone che si trovino sopra una nave pericolante (v. appresso).
Sotto il punto di vista giuridico, le operazioni di salvataggio, come pure le azioni di reciproco aiuto fra navi in avaria e navi soccorritrici, sono regolate dalla Convenzione di Bruxelles del 1913.
I salvataggi più semplici sono quelli che si compiono su nave incagliata su fondo sabbioso o melmoso, quando la nave poggia di solito sul fondo senza avere alcun compartimento allagato: i mezzi normali di disincaglio sono in tal caso, quando non aiuti l'alta marea nei mari con forte dislivello di marea, lo sbarco e il trasporto del carico, il tiraggio con cavi da parte di rimorchiatori o di altre navi. Per lo sbarco delle merci occorre avere a disposizione speciali galleggianti, che possono essere rimorchiati sul posto dagli stessi rimorchiatori che devono tentare il disincaglio. Questi devono essere forniti di robusti argani a salpare per essere in grado di compiere lo sforzo di trazione tirandosi sulle ancore anziché agire con le macchine a strapponi, perché in questo caso con sforzi discontinui e disordinati il disincaglio è meno sicuro.
Se la nave è incagliata su fondo roccioso, anche senza che si siano formate vie d'acqua, è necessario fare ogni tentativo per farla galleggiare alleggerendola, perché si possono sempre produrre lacerazioni nella carena al momento del disincaglio, se questo è effettuato per trascinamento
Nel caso in cui si tratti di un disincaglio più grave, cioè di un investimento con lacerazioni nel fasciame e quindi di allagamenti di compartimenti interni della nave, le operazioni di salvataggio acquistano maggiore importanza e richiedono in molti casi calcoli accurati e approntamenti speciali di mezzi esterni per dare alla nave la spinta necessaria a sollevarsi. Se le lacerazioni provocate dagli scogli sopra la carena sono di limitata estensione, è talora possibile tamponarle in parte dall'esterno o dall'interno della nave con l'aiuto di palombari e quindi o con le pompe proprie o con mezzi esterni esaurire una quantità d'acqua superiore a quella che penetra per la falla. In tal caso può essere ricuperata quasi tutta la spinta di galleggiamento perduta, ma può ancora essere necessario sollevare maggiormente la nave per poterla portare fuori della zona rocciosa senza pericolo che, strisciando sugli scogli, si determinino altre lacerazioni. La posizione e l'estensione della falla, il numero e l'importanza dei compartimenti allagati, la posizione di equilibrio che prende la nave dopo, l'investimento, l'esposizione del luogo a maree, a colpi di mare o di vento, la maggiore o minore possibilità di applicare mezzi esterni di spinta anche in dipendenza della presenza di altri scogli vicini e della profondità del mare libero sui fianchi della nave, la facilità di sbarcare il carico, la rapida disponibilità di tutti i mezzi di salvataggio, la durata del tempo favorevole a un regolare sviluppo dei lavori, sono tutti elementi che possono, ciascuno per suo conto, influire in maniera preponderante sulla buona riuscita di un salvataggio. Per dare alla nave la spinta necessaria sono stati usati in molti casi pontoni o galleggianti cilindrici, i quali, riempiti d'acqua e assicurati alla nave con catene o cavi metallici, oppure sistemati sotto robusti mensoloni applicati ai fianchi, sono poi stati vuotati con pompe o con l'aria compressa sviluppando così una spinta pari al peso dell'acqua esaurita. In altri casi l'aria compressa è stata impiegata a cacciare l'acqua dai locali interni della nave, come nel caso del ricupero della R. Nave Leonardo da Vinci: bisogna però a tal fine assicurare in precedenza una perfetta tenuta stagna del locale da esaurire con quel mezzo. Se la nave è affondata in profondità non troppo grandi, si può esaurire qualcuno dei suoi locali non interessato dalla falla costruendo delle garitte stagne uscenti dal mare in corrispondenza delle aperture di coperta.
È stata anche applicata l'originale idea di congelare l'acqua attorno alle falle e alle aperture, per ottenerne la chiusura, in modo da poter vuotare l'interno dello scafo con pompe.
Per ricuperare lo scafo della corazzata Maine, affondata il 15 febbraio 1898 all'Avana, gli Stati Uniti sono perfino ricorsi al costosissimo sistema di costruire intorno alla nave affondata una tura con pali di ferro di apposito profilo, costituendo così un bacino che hanno poi prosciugato aspirando l'acqua con potenti mezzi di esaurimento. Il sistema è oltremodo costoso e non può essere impiegato che in casi in cui ogni considerazione di carattere economico sia soverchiata da esigenze di altra natura. Il ricupero della Maine, iniziatosi nel novembre 1910, durò un anno.
Poiché la riparazione di una nave salvata non può essere fatta che in un bacino di carenaggio, il quale consente necessariamente pescaggi limitati, può accadere che i mezzi di salvataggio a disposizione non consentano di sollevare la nave fino al punto che possa entrare nel bacino disponibile; in tal caso la nave viene sollevata per gradi, cioè, tolta dal luogo dell'investimento, viene portata ad incagliare in fondale conosciuto, dove viene nuovamente ripresa e sollevata dandole minore immersione.
Le operazioni di salvataggio sono sempre costose e non sempre di esito sicuro per la complessità degli elementi che le influenzano non tutti regolabili dalla mente dell'uomo: così non è raro il caso in cui, anche dopo molti sforzi e molta spesa, debbano essere abbandonate. In genere per una felice riuscita, specialmente in mare aperto, si richiedono rapidità di decisioni, abbondanza di mezzi e una buona dose di fortuna.
Le cronache delle marine militari registrano molti casi di salvataggi brillantemente compiuti. All'epoca della guerra russo-giapponese i Giapponesi rimisero a galla le corazzate russe Retvisan, Pobieda, Peresviet e Poltava, gl'incrociatori russi Bayan, Pallade e Variag e la corazzata giapponese Mikasa. Gl'Inglesi hanno salvato la corazzata Sultan nel 1889, la corazzata Howe nel 1892 e l'incrociatore Gladiator nel 1896. L'Italia ha al suo attivo i due salvataggi dell'incrociatore San Giorgio, incagliatosi prima sulla secca della Gaiola (Golfo di Napoli) il 12 agosto 1911 (liberato dopo 34 giorni) e poi sulla costa di S. Agata (Messina) il 21 novembre 1913 (liberato dopo 19 giorni), e quello dell'esploratore Bari, incagliatosi presso Terrasini (costa settentrionale della Sicilia) il 24 agosto 1925 (liberato dopo 27 giorni). Notevole pure il ricupero della nave coloniale Basilicata, affondata per esplosione di una caldaia il 13 agosto 1919 all'imboccatura del canale di Suez. L'operazione di maggiore importanza, e l'unica del genere che sia stata tentata e condotta a termine con esito felice, fu quella compiuta dal genio navale italiano col ricupero della corazzata Leonardo da Vinci, affondatatasi capovolta nel Mar Piccolo di Taranto il 2 agosto 1916 per una esplosione interna: dopo la chiusura di tutte le aperture nella carena, la nave fu sollevata con l'impiego dell'aria compressa e immessa capovolta in bacino; chiusi quindi e rinforzati i ponti, fu portata a galleggiare capovolta nello stesso Mar Piccolo, e raddrizzata il 24 gennaio 1921 facendola ruotare per mezzo di allagamento eccentrico di compartimenti appositamente preparati (cfr. le illustrazioni dell'articolo avaria). La guerra mondiale ha dato luogo a un intenso sviluppo di operazioni di salvataggio sia di navi mercantili sia di navi da guerra. È recente l'ultimazione delle operazioni di ricupero, durate circa 8 anni, della maggior parte delle 72 unità della flotta tedesca arresasi all'Inghilterra e affondata a Scapa Flow il 21 giugno 1919.
Le cronache delle marine mercantili sono piene di analoghi salvataggi di navi da commercio, per le quali il ricupero del carico ha spesso importanza non minore di quello dello scafo. Esistono numerose organizzazioni permanenti per procedere a salvataggi di questo genere. Degni di ricordo in tal campo i ricuperi conseguiti brillantemente dagl'Italiani (Società Ricuperi Marittimi; SO. RI. MA.) con appositi apparecchi nel caso di avi affondate in grandi profondità (Egypt, ecc.).
Dei mezzi necessarî ad assicurare il salvataggio delle persone si sono occupate diverse conferenze internazionali sopra la sicurezza della vita umana in mare, l'ultima delle quali si è riunita a Londra nel 1929. Dalle conclusioni di questa conferenza derivano direttamente le norme attualmente vigenti nella marina mercantile italiana. Esse stabiliscono in primo luogo la capacità complessiva delle imbarcazioni di salvataggio, considerando con criterî gradualmente diversi le navi da passeggeri adibite a viaggi internazionali di lunga oppure di breve navigazione, quelle per navigazioni minori e quelle da carico: per le prime si deve avere nelle imbarcazioni di salvataggio un posto per ciascuna delle persone imbarcate (passeggeri ed equipaggio), ed esse devono avere in più apparecchi galleggianti atti a sostenere il 25%, delle persone imbarcate. È prescritto che per le navi che hanno più di 13 imbarcazioni di salvataggio, una di queste sia un motoscafo; e per quelle che ne hanno più di 19, due siano motoscafi; il motore di questi motoscafi dev'essere chiuso in ambiente stagno per assicurarne il funzionamento in qualunque condizione di mare, ed esso deve imprimere all'imbarcazione carica una velocità di almeno 6 nodi in acqua tranquilla. Le imbarcazioni di salvataggio possono essere a scafo metallico o a scafo di legno con bordo libero determinato per tenere bene il mare: l'insommergibilità è ottenuta con casse d'aria stagne di rame o di metallo giallo di volume totale non inferiore a una determinata percentuale della capacità cubica dell'imbarcazione. Questa percentuale varia a seconda delle diverse categorie d'imbarcazioni. Le casse d'aria sono inoltre disposte in modo da determinare per qualunque inclinazione della barca un momento raddrizzante positivo, talché la barca tenda in ogni istante a tornare alla sua posizione normale. Il numero delle persone che le imbarcazioni sono autorizzate a portare è determinato in base a un coefficiente di volume o di superficie secondo i tipi: per le imbarcazioni di prima categoria, ad es., è ammessa una persona ogni mc. 0,283 di capacità cubica dell'imbarcazione. Nessuna imbarcazione completamente carica con tutte le pegsone e l'armamento deve superare il peso di kg. 20.300.
Oltre alle imbarcazioni di salvataggio sono consideraii altri mezzi di salvataggio collettivo e cioè le zattere di salvataggio, appositamente studiate per il sostentamento fuori acqua delle persone e provvedute di remi ed oggetti di dotazione diversi per tenere il mare, e gli apparecchi galleggianti, banco o seggiola galleggiante di ponte o qualunque altro apparecchio galleggiante tenuto sul ponte scoperto, di forma e peso maneggevoli, tali da potersi facilmente gettare in mare e da poter comunque galleggiare sul mare per servire, nei casi d'urgenza, al salvataggio dei naufraghi che riescono ad aggrapparvisi. Sono inoltre obbligatorî anche mezzi di salvataggio individuali, come le cinture di salvataggio, che devono essere distribuite nei varî alloggi in numero di una per ogni persona imbarcata, oltre a una certa percentuale da distribuirsi sul ponte dove i passeggeri devono radunarsi per salire nelle imbarcazioni, e i salvagente anulari, anche questi in numero determinato per ogni tipo di nave.
Le navi abilitate al trasporto dei passeggeri in viaggi internazionali di lunga navigazione devono avere almeno una imbarcazione di salvataggio provvista di apparecchio radiotelegrafico, se il numero delle persone trasportate è superiore a 200; se superiore a 400, le imbarcazioni con impianto radiotelegrafico devono essere due.
Particolamente importanti sono i mezzi per la messa in mare delle imbarcazioni di salvataggio, e al loro perfezionamento molta cura si è data da parte di inventori e costruttori. Le imbarcazioni sono tenute a bordo da coppie di gru, le quali hanno la possibilità di spostarsi a comando per farle sporgere fuori bordo e scendere in mare. I requisiti a cui queste manovre devono soddisfare sono principalmente i seguenti: rapidità di manovra per la discesa in mare delle imbarcazioni; possibilità di una sicura discesa parallelamente al ponte, evitando il pericolo di diversa velocità di filamento dei due paranchi prodiero e poppiero; possibilità di discesa in mare anche con nave sbandata per le imbarcazioni che si trovano dalla parte della nave che tende ad emergere dall'acqua; possibilità di arresto a un punto determinato della discesa per imbarcare i passeggeri.
Il transatlantico Rex è fornito di 21 imbarcazioni di salvataggio, ciascuna della capacità di 145 persone (lunghezza m. 11,50, larghezza m. 4,10, alteżza m. 1,70) e provveduta di un motore da 20 cav., chiuso in cassa stagna, che può funzionare anche con lo scafo completamente allagato.
Le imbarcazioni di salvataggio portate dalle navi sono intese a preservare la vita dei passeggeri in caso di sinistro in alto mare, permettendo ad essi di lasciare la nave pericolante in attesa dei soccorsi e anche di dirigersi verso la costa più vicina, con mare conveniente. Nel caso però di una nave che sia stata gettata contro costa con mare grosso, è molto difficile calare a mare le imbarcazioni di salvataggio e sarebbe ad ogni modo sommamente arduo per il personale poco esperto che può esservi imbarcato sbarcare su costa in cattive condizioni di mare. Per soccorrere i naufraghi in questi casi esistono organizzazioni speciali di salvataggio a carattere regionale o nazionale, costituite per la maggior parte da personale volontario. Queste associazioni sono dotate esse pure di speciali imbarcazioni di salvataggio che, specialmente in Inghilterra, sono state studiate e perfezionate per rispondere alle varie esigenze del loro servizio. Esse possono distinguersi in due classi principali secondo che debbano servire in acqua profonda, nel qual caso sono varate da appositi scali o si conservano galleggianti, o servire in acque basse, e sono principalmente spinte in mare dalla spiaggia. Le più recenti giungono fino a 18 m. di lunghezza e hanno motori a combustione con due eliche: i motori sono chiusi in compartimenti stagni e possono funzionare con l'imbarcazione allagata e anche con l'imbarcazione capovolta. Alcune sono provvedute di apparecchio radiotelegrafico. Le condizioni dure nelle quali devono essere varate e ricuperate e il faticoso servizio che devono prestare richiedono una particolare robustezza di costruzione; le eliche devono essere specialmente protette da urti contro la spiaggia durante il varo e contro i rottami dei naufragi.
Hanno in media velocità di 8 nodi, ma sono richiesti fino a 17 nodi per alcuni tipi destinati al salvataggio dei passeggeri di idrovolanti, i quali, dopo caduti, possono tenere il mare per un tempo limitato.
Importanti sistemi di salvataggio, che nonostante i recenti perfezionamenti non hanno ancora raggiunto uno stadio di completa sicurezza e praticità, sono quelli che riguardano il personale dei sommergibili affondati, il quale deve essere messo in grado di raggiungere la superficie del mare dalla profondità alla quale il sommergibile si è fermato senza attendere che sia ricuperato lo scafo, perché questo ricupero è sempre operazione lunga, quando è possibile, e non permette il salvataggio del personale che è rinchiuso nel sommergibile.
Manovre. - Le operazioni di salvataggio che si effettuano in caso di sinistri marittimi comportano alcune speciali manovre, che qui sommariamente si descrivono.
a) Caduta in mare di un uomo. - L'uomo caduto dovrebbe nuotare subito al largo, e l'ufficiale di guardia fermare immediatamente le eliche, mettendo il timone verso il naufrago per allontanare la poppa da lui. Per il ricupero dell'uomo si può fermare la nave sulla direzione della rotta che stava seguendo, oppure compiere un giro intero che riporta la nave vicino al punto dove è caduto l'uomo. Con mare grosso bisogna portare la nave sopravento al naufrago, ammainare la lancia di sottovento, spargere olio per facilitare il compito e poi passare sottovento alla lancia in modo che questa possa ritornare a bordo col mare in poppa.
b) Avarie all'opera morta. - Bisogna mettere il lato avariato sottovento per diminuire l'eventuale imbarco di acqua e facilitare la riparazione.
c) Vie d'acqua nell'opera viva. - Andando a vela, se la falla è a prua si mette in panna, se è sottovento si cambiano le mure. Si debbono chiudere tutte le porte stagne, mettere in moto tutte le pompe che possono aspirare dai compartimenti allagati, preparare i paglietti turafalle. Se la falla è molto grande e si dubita di poter fronteggiare con i mezzi disponibili l'invasione dell'acqua, si deve dirigere verso la costa più vicina e portare la nave a incagliare su un bassofondo.
d) Investimenti. - Quando la nave investe un basso fondo, bisogna guardarsi dalla manovra istintiva di dare subito indietro con le macchine; perché se il fondo è roccioso si rischia di aumentare la falla e perdere la nave, se è molle si possono riempire di fango i condensatori, e se la nave è monoelica la rotazione della poppa può portare tutta la nave sulla secca. La prima decisione da prendere è di chiudere le porte stagne e stendere un'ancora in posizione conveniente. Accertati i danni, se si giudica possibile disincagliarsi, si ala sull'ancora aiutandosi con le macchine e alleggerendo la nave in modo che i materiali scaricati non formino un cumulo dannoso al disincaglio.
Per disincagliarsi con l'aiuto di un rimorchiatore, bisogna fare il computo della pressione esercitata dalla nave sul fondo per avere un'idea dell'attrito all'atto del disincaglio, della resistenza dei punti d'attacco e dei collegamenti in relazione con lo sforzo statico o dinamico che può esercitare il rimorchiatore. Bisogna inoltre che il rimorchiatore stia pronto a mollare i cavi, perché la nave improvvisamente liberata può investirlo.
Quando per salvare una nave si vede che non v'è nessun altro rimedio che portarla a incagliare presso la costa, si deve scegliere un punto il quale sia possibilmente senza scogli e senza frangenti.
e) Incendî. - Manifestandosi un incendio, si deve accostare in modo da mettere sottovento il lato incendiato; se la nave è a vela bisogna imbrogliare le basse vele, e se una vela s'incendia tagliarne l'inferitura.
f) Salvataggio del personale di una nave che sta per naufragare con mare grosso. - Ci si deve portare sopravento della nave naufragata ammainando una lancia sottovento e spargendo olio; poi portarsi sottovento per attendere la lancia: questa naviga così protetta dall'olio, e al ridosso offerto prima dalla propria e poi dall'altra nave, alla quale la lancia non dovrà attraccare, ma ricuperare gli uomini a uno a uno con un salvagente guarnito con una cima. Si può anche portare a circa 200 m. sopravento alla nave naufragata, filando la lancia con una cima da bordo e attendendola con la prua al mare per alarla poi a bordo.
Se il mare non consente di ammainare una lancia bisogna filare una zattera che poi si ala a bordo. La scelta di uno dei tre metodi dipende dal criterio del comandante.
g) Abbandono della nave. - Quando siano esauriti tutti i tentativi di salvamento della nave, e dopo sentito il parere di tutti gli ufficiali riuniti a consiglio, il comandante può decidere di abbandonare la nave. Devono prima scendere i passeggeri con precedenza alle donne e ai bambini, poi l'equipaggio con gli ufficiali, per ultimo il comandante. L'imbarco delle persone dev'essere disciplinato evitando il sovraccarico delle imbarcazioni e delle zattere.
V. anche manovra della nave. Circa le regole per evitare gli abbordi in mare, v. collisione.