SALVACONDOTTO
. Storia del diritto. - Il termine di "salvacondotto" (lat., securus conductus, guida, guidagium; fr., conduit, sauvegarde; ted., Geleit, sicheres Geleit), sorto nel Medioevo, ha assunto col tempo una più ampia accezione, venendo a comprendere istituti - già esistenti nell'antichità - che nulla avevano del conductus, cioè di guida o scorta. Resta tutt'al più tra essi, come elemento tipico comune, il concetto di protezione e sicurezza (di fatto o legale) in situazione altrimenti sfavorevole.
Vanno pertanto distinti, dal punto di vista storico e dogmatico, il salvacondotto originario e propriamente detto (che si attuava attraverso il materiale accompagnamento dell'individuo - per lo più straniero - a opera di una scorta, in territorio che è di fatto per lui malsicuro o disagevole; ted.: Personalgeleit; o attraverso la commendatizia per il viaggio, diretta a funzionarî, sudditi o governi amici, e munita spesso di speciali sanzioni; ted.: Geleitsbrief) dalle altre promesse e carte di sicurezza (litterae securitatis, tuitionis, ecc.).
Queste ultime infatti vengono chiamate salvacondotti nei casi in cui (derogando alla norma comune o sospendendone l'applicazione per lo più in occasione di un determinato viaggio, soggiorno, fiera, dieta, processo, ecc.) preventivamente sottraggono l'individuo (nemico; bandito; condannato in contumacia; prigioniero fuggitivo, ecc.) all'arresto o ad altra misura esecutiva a suo carico.
Quindi i salvacondotti in questo nuovo senso, si distinguono dalle varie forme storiche di passaporti non tanto per la fonte da cui emanano (il passaporto internazionale, nella maggioranza dei casi, dall'autorità del paese cui lo straniero appartiene; il salvacondotto, invece, dal paese ospite) quanto perché il passaporto serviva ad accertare l'identità e l'appartenenza del titolare a una categoria di persone, cui il libero accesso, il soggiorno e la protezione statale erano normalmente concessi e garantiti da quel determinato ordinamento giuridico, mentre il salvacondotto era diretto a garantire, in via di privilegio, tale libertà e sicurezza a chi, secondo la norma comune, avrebbe dovuto subire contrario trattamento.
Il medievale salvacondotto o guidagium, nel senso di accompagnamento di sicurezza, ha precedenti nell'Egitto greco-romano, dove erano organizzate scorte speciali (arabarchie), per la protezione e guida dei passeggeri, specialmente nel traffico verso i porti e le frontiere, dietro pagamento di una tassa.
Scorte pubbliche (per dignitarî o per forestieri) esistettero anche nell'alto Medioevo bizantino, longobardo, franco e islamico. Ma è specialmente nel periodo feudale che tale "salvacondotto" prende rilievo e autonomia, come istituto del diritto pubblico. Il potere sempre più debole e indiretto dello stato, il pullulare di signori feudali, detentori della forza militare e dediti allo sfruttamento fiscale del traffico, e la generale scarsa sicurezza, diffusero la necessità, specialmente tra i mercanti, di chiedere accompagnamento armato a signori e privati potenti, compensandolo con speciali tasse o dazî (guidonagium, Zollgeleit). Più tardi, per tale fiscalità, il conducius divenne spesso obbligatorio. L. Fiesel pensa si sia diffuso con le Crociate, che fecero conoscere l'istituto arabo alla feudalità.
In seguito, alla materiale scorta fu generalmente sostituito il documento, che attestava della protezione di quel sovrano o signore, e minacciava speciali sanzioni a chi disturbasse il viaggio (fase intermedia, in qualche caso, fu la largizione di una insegna o simbolo del protettore, da portarsi in mostra viaggiando). Ridottosi così il salvacondotto a una forma scritta, venne ad assimilarsi alle ben più antiche litterae tractoriae, alle pubbliche commendatizie, alle carte di tuitio o protezione sovrana, di cui si hanno esempî in Italia fin dal periodo ostrogotico. E analogia trovò pure nell'amān arabo, ben conosciuto da mercanti e pellegrini occidentali, e necessario all'infedele per entrare e soggiornare nel territorio islamico, dal quale la perpetua "guerra santa" l'avrebbe altrimenti escluso. Specialmente a favorire l'incremento delle fiere periodiche, i sovrani e i signori territoriali garantiscono sicurezza assoluta a chi vi accede o ne ritorna anche se di paese nemico, anche se, per vario motivo, passibile di arresto (ad esclusione soltanto, di solito, dei banditi politici), trasformando così e integrando la speciale e locale "pace del mercato". E anche questo vien chiamato salvacondotto. Per tal modo si confuse col salvacondotto e ne assunse il nome anche un altro istituto, già conosciuto nel diritto imperiale romano col nome di "verbum, λόγος" (anche "securitatis promissio"), cioè il iusiurandum, prestato dal magistrato e da lui rilasciato anche per iscritto, di non arrestare, per un determinato tempo, l'individuo chiamato a comparire, anche quando fosse colpito da precedente condanna (di solito, secondo gli esempî prospettati anche dalle Novelle giustinianee, in quel momento l'individuo si trovava protetto dal diritto di asilo in luogo sacro). Tale istituto, proprio del diritto processuale criminale e civile, incontratosi nel Medioevo con pratiche germaniche dirette ad assicurare dalla vendetta privata chi doveva recarsi al giudizio, e rinnovato, più tardi, dalla prassi dei magistrati mercantili italiani in materia di fallimento, fu, sotto il nome appunto di salvacondotto (anche di securitas o fidantia), studiato e sistemato dalla giurisprudenza del diritto intermedio.
Quanto alla fonte, si distinguevano salvacondotti emananti da poteri superstatali e teoricamente validi in ogni stato che riconoscesse tali autorità (Chiesa, Impero); oppure (è il caso normale) dal governo dello stato e dai suoi magistrati e funzionarî; oppure da minori enti (Comuni, nel Medioevo italiano) o da Signorie e baroni, ma anche da capifazione, da pirati, e da semplici privati (da quest'ultimi, come parte nel processo, emanava, per taluni diritti storici, un salvacondotto a favore di chi era citato a comparire e voleva assicurarsi dalla vendetta privata).
Ma il salvacondotto privato fu progressivamente avversato ed eliminato dal potere statale che attribuiva carattere di regalia ai dazî di conductus.
Tuttavia; anche nei casi nei quali la tuitio per il mercante straniero era largita dal signore come manifestazione di prerogativa sovrana, il salvacondotto conteneva spesso la formale promessa di risarcimento del danno e, se il risarcimento fosse mancato, poteva anche contemplare una penale a carico del signore.
Diritto vigente. - Il salvacondotto può nel diritto vigente definirsi l'ordinanza con la quale si sospendono pei un tempo precisato, ed eventualmente nell'ambito di una limitata parte del territorio dello stato, tutti i mandati di cattura e di arresto che per qualsivoglia titolo siano stati o saranno emessi da qualsiasi autorità giudiziaria in confronto di una determinata persona. Escluso in favore degl'imputati come tali e ammesso al solo fine di assicurarne temporaneamente l'impunità dal codice di procedura penale del 1865, venne disciplinato sotto il capo dei testimonî dal codice successivo (1913). Allo scopo di non far venir meno gli elementi di prova provenienti da chi per lo stato di latitanza non si sarebbe presentato a deporre, questo autorizzava il giudice, nel citare un testimone contro il quale era stato spedito mandato di cattura, ad avvertirlo della facoltà di chiedere un salvacondotto. La considerazione che esso rappresentava "una transazione fra la pubblica autorità e il privato renitente" ne determinò la soppressione nel nuovo codice di procedura penale (1930). Ma, sia perché la norma proibitiva, essendo inserita nel capo particolare relativo ai testimonî (art. 335), si può ritenere dettata limitatamente al processo penale, sia perché le riforme degli altri codici hanno corso separato, il divieto non si può estendere alle vigenti disposizioni del codice di procedura civile (1865) e del codice di commercio (1882) che del salvacondotto prevedono tuttavia la concessione.
Il primo, infatti, occupandosi dell'esecuzione dell'arresto personale in materia civile e commerciale, prescrive che non può eseguirsi quando il debitore, chiamato a deporre come testimone davanti un'autorità giudiziaria, sia munito di salvacondotto (art. 754); ma occorre aggiungere che l'arresto personale per debiti, per quanto legislativamente limitato a casi eccezionali dalla legge 1877, è ripudiato dalla pratica, e quindi l'istituto non trova più applicazione. Non così può dirsi per il codice di commercio. Qui la ragion d'essere del salvacondotto si spiega con l'opportunità di sottrarre temporaneamente il fallito all'esecuzione personale per dargli modo di accordarsi con i creditori. In verità si sostiene da qualche autore (Manzini, Trattato di diritto processuale pen., II, 1931, p. 302, III, 1932, p. 216) che le disposizioni, che autorizzano il giudice del fallimento a munire di salvacondotto il fallito latitante contro il quale sia spedito mandato di cattura o nell'ipotesi che ciò possa aver luogo (art. 731, 732), debbano ritenersi abrogate e per effetto della legge 10 luglio 1930, n. 995, e per le disposizioni di attuazione del codice di proc. penale (articolo 58), laddove è stabilito che gl'istituti aboliti o modificati dal codice di procedura penale s'intendono aboliti o modificati anche per le leggi e per i decreti che li richiamano o che altrimenti debbono essere integrati da disposizioni dello stesso codice. Ma una tale opinione va accolta con qualche riserva, sia perché l'accennata legge 10 luglio 1930, n. 995, non ha attuato una completa riforma dell'istituto fallimentare, e continuano quindi ad aver vigore le disposizioni del codice di commercio che non sono state modificate; sia perché il diritto penale fallimentare ha nel codice di commercio una regolamentazione autonoma, e il salvacondotto rilasciato al fallito non richiama il salvacondotto rilasciato al testimone nel processo penale, né l'una norma va integrata con l'altra.
Comunque, il salvacondotto è un istituto destinato a scomparire del tutto dalla legislazione interna dello stato. Esso rimane e resterà nel campo del diritto internazionale sotto le due forme di: a) permesso di attraversare o di rimanere sul territorio occupato dalle truppe, accordato, in tempo di guerra, da uno stato belligerante a una persona determinata o a una categoria di persone (giornalisti, ufficiali o rappresentanti di stati neutrali); b) misura stabilita nei trattati di estradizione e di assistenza giudiziaria in materia penale, a favore di chi sia stato citato a comparire come testimonio o perito in uno stato estero, perché durante il periodo in cui renderà la testimonianza o procederà alla perizia non possa esserne effettuato l'arresto per fatti o condanne anteriori, né come partecipe ai fatti che formano oggetto del processo.
G. Magalotti, De securitate ac salvoconductu, in Tractatus illustr. Iurisconsult., XI; A. Pertile, Storia del diritto italiano, V, Torino 1892, p. 123 segg.; P. Huvelin, Essai historique sur le droit des marchés et des foires, Parigi 1897, p. 363 segg.; H. C. Kalisch, Über das Verhältnis des Geleitsregal zum Zoll-regal, Berlino 1901; H. Taub, Beiträge zue Geschichte und Theorie des sicheren Geleits, Berna-Lipsia 1906; O. Stolz, Die tirolische Geleits- und Rechtshilfeverträge, in Zeitschrift des Ferdinandeum, III, 53, Innsbruck 1909; L. Fiesel, Zur Entstehung des Zollgeleits, in Vierteljarhrschrift für Sozial- und Wirtschaftsgeschichte, XV (1921), p. 466 segg.; id., Woher stammt das Zollgeleit?, ibid., XIX (1926); id., Zum früh- und hochmittelarlterlichen Geleitsrecht, in Zeitschrift der Sav.-St. für Rechtg. (Germ. Abt.), XLI (1920); G. P. Bognetti, Note per la storia del passaporto e del salvacondotto, Pavia 1933.