salute
Lo stato di benessere individuale, espressione di normalità anatomo-funzionale dell'organismo considerato nel suo insieme. Il concetto di s. non corrisponde alla semplice assenza di malattie e di deficit funzionali, ma esprime la condizione positiva di efficienza psicofisica. Fattori biologici, psicologici, culturali e sociali concorrono alla formazione e alla preservazione della complessiva situazione di benessere, soprattutto frutto dell'interazione fra s. mentale e s. fisica.
La nozione occidentale di s., risalente a Ippocrate e a Galeno, contemplava un’intima connessione di psiche e corpo, concezione che dall’antichità si continuò nel Medioevo e fino agli inizi dell’era moderna. Superando il pregiudizio meccanicista, soprattutto imperante fino alla fine dell’Ottocento, che prevedeva una decisa separazione tra le problematiche psichiche e mentali e quelle organiche, dall’inizio del Novecento si è sempre maggiormente insistito sulla reciprocità fra le funzioni fisiologiche e quelle emotive e psichiche, anche se nel frattempo la iperspecializzazione delle discipline mediche ha reso più complesso un approccio medico-terapeutico a un concetto globale di salute. La prevenzione delle malattie e la rimozione di fattori ambientali che compromettano il benessere del singolo e della collettività, sono entrati a far parte del moderno concetto di s. e si è quindi passati a considerare la s. un insieme di equilibri nelle funzioni organiche, associato a benessere psichico, ad ambiente salubre, all’attenzione nel prevenire danni futuri.
Il concetto di s. è declinato in modo diverso nelle varie culture, ciascuna con proprie gerarchie di importanza nel formulare i principali criteri di benessere. Sicuramente la nutrizione, le condizioni igieniche, il controllo dei fattori di rischio, l’immunizzazione sono fattori acquisiti ovunque come essenziali per il mantenimento dello stato di s.; esistono tuttavia differenze, legate alle tradizioni nutrizionali ed economiche, al tipo di lavoro (rurale, urbano, itinerante), al clima e a società più o meno urbanizzate, e quindi sempre meno legate ai cicli naturali della terra e delle stagioni. Per es., le malattie stagionali (influenza, raffreddore da fieno, enteriti estive, ecc.) non sono più considerate come tali, ma come detrimento della s. intesa come integrità a tutti i costi. In certi contesti economicamente più sviluppati c’è la netta tendenza a legare la s. a fattori di produttività (quantificando le perdite in giornate lavorative dovute a patologie quali le epidemie influenzali e le riacutizzazioni artrosiche). Nella società occidentale, inoltre, le migliorate condizioni di vita, i progressi nella prevenzione delle malattie, nella terapia medica e chirurgica, hanno aumentato vertiginosamente il numero relativo degli anziani, i quali, pur affetti spesso da malattie croniche, godono di discreto benessere e autonomia. Questa situazione porta a una relativizzazione, anche in funzione dell’età, del concetto di s. ammettendo la coesistenza di patologie ben curate e di benessere psico-fisico. Per contro, un disagio psichico o l’insoddisfazione delle proprie condizioni generali (anche quelle legate all’aspetto fisico, oggi in parte modificabile grazie ai progressi della medicina estetica), porta a una percezione soggettiva di mancanza di s. in soggetti che non presentano patologie importanti e che possono però legittimamente richiedere interventi medici e psicologici alla ricerca del proprio benessere.