COUNIS, Salomon-Guillaume
Nacque a Ginevra il 22 luglio 1785, figlio dell'incisore e orafo Jean-Michel e di Jacqueline-Elisabeth Favre. La famiglia, originaria di Kölleda in Sassonia (la grafia del cognome era Kunitz), era a Ginevra dal 1757 (o poco prima), quando il nonno del C., il pellicciaio Jean-André, vi aveva ottenuto la residenza.
Il C. si indirizzò subito all'attività di smaltatore: non si sa di chi sia stato allievo a Ginevra, forse dello zio Wolfgang-Adam Toepffer, ma già nel 1803 eseguì due buoni smalti: un Ritratto del padre (Parigi, Louvre, Donazione David-Weill) e uno della Baronessa di Krüdener (Vienna, coll. Lanckoronski), entrambi firmati e datati. Nel 1806 passò a Parigi, appoggiandosi allo zio Jean-Louis Prêtre, e studiò presso Girodet, dove ritrovò amici d'infanzia come Bernard Naef, nonno di quell'Ernest che sarà accuratissimo biografo (grazie anche alle lettere scambiate dai due) del Counis.
Il 1810 segna l'avvio in grande della sua carriera: eseguì due dei suoi smalti più noti, l'Autoritratto e la Belle grecque (tutti e due agli Uffizi), e li espose con altri (un Ritratto di Taxil) al Salon, meritandosi un incoraggiamento di David; venne scelto da Elisa Bonaparte, a Parigi per il matrimonio del fratello con Maria Luisa d'Austria, come suo pittore a smalto (pare dopo un rifiuto di Abraham Constantin) e in settembre partì per Firenze.
La sua nomina ufficiale è del 1º genn. 1811 e in questo stesso anno sono documentati i primi ritratti di Elisa, uno dei quali inciso da Raffaello Morghen. Oggi se ne conoscono due, uno nella collezione Rolex-Wilsdorf a Ginevra e uno del 1813 di Elisa con la figlia Elisa Napoleone nella collezione David-Weill (Parigi, Louvre). Nel 1512 dipinse anche, durante un suo passaggio da Firenze, Gerolamo Bonaparte re di Westfalia, che venne poi esposto al Salon.
Il 1º apr. 1812 sposò la francese Elisabeth Harmand, camerista a corte, che gli diede il 16 novembre di quell'anno la figlia Elisa (e il 7 marzo 1817 un'altra bimba, Judith, morta già nell'agosto 1818), cui fece da madrina la granduchessa. La famiglia venne ritratta nel 1815 dal C. in un disegno a matita oggi nella collezione Guillermin-Monnard di Ginevra: ma lo stesso anno il C., partito avventurosamente dalla Toscana dopo la caduta dei Napoleonidi, si dovette rifugiare a Ginevra dove lo raggiunsero la moglie (che aveva seguito più a lungo la granduchessa) e la figlia.
Ma l'ambiente della città natale - dove il C. ritrovò e ritrasse l'amico Bernard Naef in un olio e lo zio Barthélemy Counis in un bello smalto (Ginevra, Musée d'art et d'histoire) -, nonostante l'impegno dei membri della Société des amis des arts (a cui il C. pure aveva aderito dal 1812) per promuovere mostre triennali, non era artisticamente vivo; e inoltre si profilava una crisi dello smalto.
La perfezione tecnica ormai ottenibile dalla grande finezza dei colori sembra inaridire l'ispirazione e ridurre lo smalto a decorazione artigianale da orologi (che conoscerà infatti ancora periodi di vero splendore verso la metà del secolo) su prototipi copiati da quadri celebri.
Così nel 1816 il C. preferì trasferirsi con la famiglia a Parigi. Ai Salons successivi (1817; 1819; 1822; 1824; 1827; 1831) fu sempre presente con trascrizioni su smalto da ritratti soprattutto di Gérard, Guérin, Girodet o Prud'hon, figure idilliche, riduzioni di celebri quadri sacri.
Dei molti attestati nei libretti dei Salons si possono citare Luigi XVIII, il Conte di Forbin, Madame de Staël, i marescialli Lauriston e Suchet, ma gli unici oggi conosciuti sono il Medico Trioson (1817, Ginevra, Musée d'art et d'histoire) e la più tarda (1827) delle tre repliche del Cristo nello spasimo di Raffaello, quadro allora a Parigi (ora a Ginevra, Musée de l'horlogerie et de l'émaillerie); con in mano una di queste patetiche teste il C. si raffigurò nell'Autoritratto a olio degli Uffizi, che il Röthlisberger (1956) data 1828. Copiò anche Pigmalione e Galatea che Girodet dipingeva per il conte Sommariva; l'autore, affidandogli il grande quadro, auspicava che lo smalto ne documentasse per sempre la freschezza originale che fatalmente sarebbe svanita con l'invecchiamento della sofferta tela: interessante testimonianza di una funzione dell'ardua ma inalterabile tecnica di una pittura fissata dal fuoco quale quella su smalto.
In questi anni il C. si dedicò anche alla litografia, preparandone diverse da cicli di disegni del Girodet (due in Les amours des dieux, 1825-26, cinque nelle Compositions tirées des Géorgiques); altri smalti di questo secondo periodo parigino sono l'Ignota, incompiuta, degli Uffizi (1824) e il Ritratto del 1829, già creduto autoritratto, dedicato alle signore di Fontenelle (coll. Naef dal 1929; in origine coll. Ney).
Nel 1830 il C. lasciò Parigi e si stabilì definitivamente in Toscana, dove arrivò il 14 ottobre. Non sappiamo cosa lo abbia fatto decidere a questo passo, se la necessità di curarvi i propri interessi (Elisa Bonaparte Baciocchi aveva donato un appezzamento di terra alla coppia all'atto del matrimonio) o un certo declino della fortuna e della moda del ritratto su smalto: a questo, infatti, il C. sembrò dare un addio col trattatello che scrisse nel 1831 (e pubblicò nel 1842 a Firenze, forse sulla scia delle Idées italiennes sur quelques tableaux célèbres del rivale Constantin): Dissertation sur la peinture en émail, sur la peinture en porcelaine et de leur usage, suivi du petit traité à l'usage du peintre en émail. Non è l'unica opera della modesta penna del C., a cui dobbiamo anche Quelques souvenirs..., pubblicato unitamente alla citata Dissertation, ce que je pense de Paris e un Album Historico-pittoresque dedié à ma Fille, datato 1842 ma composto nei dieci anni successivi, manoscritto (Ginevra, Bibliothèque d'art et d'archéologie).
A Firenze il C. ritrovò i cognati, amici artisti e la famiglia Henraux, padrona, dai tempi di Elisa Bonaparte, della più importante cava di marmo di Carrara, i cui discendenti conservano ancora i ritratti del capostipite Jean-Baptiste (coll.Gaillard-Lacombe), di Madame Sancholle-Henraux, datato 1818 (castello di La Chûte presso Tours) e vari disegni del C. e della figlia Elisa. Proprio la precoce scomparsa della figlia, nel 1847, inaridì la vena del C., ormai figura eminente della colonia svizzera e della chiesa evangelica riformata di Firenze.
Fino alla morte, avvenuta a Firenze il 10 genn. 1859, egli, donate agli Uffizi nel 1848 le sue opere più significative e l'Autoritratto della figlia, si dedicò esclusivamente alla chiesa e alla nipotina orfana. La moglie gli sopravvisse fino al 24 genn. 1873.
Elisa nacque a Firenze il 16 nov. 1812. Nel 1815, mentre il padre partì da Firenze, restò in un primo momento in Toscana, a Santa Brigida, affidata agli zii materni Gargiolli, ma poi si ricongiunse ai genitori a Ginevra e a Parigi, per poi ritornare con loro a Firenze nell'anno 1830.
Il padre la istruì nella musica e nella pittura, e le poche garbate opere che di lei sono rimaste la mostrano sua fedele seguace nella nitidezza del tratto dei disegni, nella gamma (piuttosto scura e sorda) dei colori degli oli, nel garbato romanticismo degli acquerelli. Due di questi ultimi con paesaggi appenninici, datati 1835 e 1838 (un terzo simile è del 1843), sono le sue prime opere note: sono segnalate dal biografo del padre e suo, Ernest Naef (1935), nella collezione Guillermin a Ginevra. L'Autoritratto a oliodegli Uffizi, dove Elisa porta allo scollo un cammeo con la figura della granduchessa da cui ebbe nome, è del 1839, mentre di poco più giovanile sembra uno in disegno di proprietà Burnat a Vevey. Le si attribuisce anche un disegno raffigurante il padre di profilo in età avanzata, seduto su una sedia a braccioli, nella collezione Maillart-Gosse a Ginevra. Un altro disegno, che rappresenta l'amico di famiglia Jean-Bernard Sancholle-Henraux, conservato nel castello di La Chûte (Indre-et-Loire), è datato Firenze, luglio 1844. Il 16 sett. dello stesso anno Elisa sposò a Firenze il commerciante ginevrino François-Louis Le Comte, da cui ebbe una figlia, Lisina, che fu allevata dai nonni materni.
Elisa, infatti, morì a Firenze il 5 dicembre 1847.
Sua ultima opera, creduta anche del padre perché i documenti menzionano solo il cognome e non il nome di battesimo dell'artista, sarebbe il ritratto (di fantasia, ché il personaggio è della metà del '700) di G. M. Caglieri, un benefattore dell'ospedale degli Innocenti, che fa parte della serie di ritratti eseguita per beneficenza da vari artisti fiorentini fra il 1845 e il 1849 ed ancora conservata nello stesso ospedale.
Fonti e Bibl.: Firenze, Arch. d. Gallerie fiorentine, filza LXXII (anno 1848), n. 29; H. Nagler, Neues allgemeines Künstler-Lexicon, II, München 1836, p. 151; P. Mantz, Exposition de Rouen, in Gazette des Beaux-Arts, XI (1861), p. 91; A. Siret, Dict. histor. des peintres de toutes les écoles, Paris 1866, p. 221; P. Marmottan, Les arts en Toscane sous Napoléon. La princesse Elisa, Paris 1901, pp. 177, 188 e n. I (p. 294 per Elisa); E. Naef, S.-G. C. (1785-1859), Lausanne 1935 (pp. 33, 44, 63-66, tavv. XIX-XXIV per Elisa); Ville de Genéve. Musée d'art et d'histoire, Guides illustrés, III, Emaux et miniatures (Salle 1), Genève 1955, pp. 19 s., ill.; J. Bouchot-Saupique, Donation de D. David-Weill au Musée du Louvre. Miniatures et émaux (catal.), Paris 1956, pp. 108 s., n. 228, tav. XXIII; Chefs d'oeuvre de la miniature et de la gouache (catal.), Genève 1956, pp. 35, 120, nn. 110 s., 471, 472, 473; M. Röthlisberger, Les autoportraits suisses à Florence, in Genava, n. s., IV (1956), pp. 107 s., figg. 41 s. (p. 109 e fig. 43 per Elisa); P. F. Schneeberger, Les peintres surémail genevois au XVIIe et au XVIIIe siècle, ibid., VI (1958), pp. 82, 85, 126, 131, 182, 199; L. R. Schidiof, La miniature en Europe au 16e, 17e, 18e et 19e siècles, Graz 1964, I, p. 176; III, tav. 137 e fig. 261; Die Samml. der Selbstbildnisse in der Uffizien, I, W. Prinz, Geschichteder Sammlung, Berlin 1971, p. 58 (anche per Elisa); S. Meloni Trkulja, in Pittura francesenelle coll. pbbliche fiorentine (catal.), Firenze 1977, pp. 266 s., 273, nn. 216, 217, 218, CXXX, ill.; Gli Uffizi, Catalogo generale, Firenze 1979, p. 849 (anche per Elisa); Raphaël et la secondemain (catalogo), Genève 1984, pp. 219-21; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 574 (anche per Elisa); Ch. Eggimann, in Schweizerisches Künstlerlexikon, I, Frauenfeld 1905, pp. 323 s.; H. Clouzot, Dictionnaire des miniaturistes sur émail, Paris 1924, pp. 57 s.; E. Bénezit, Dict. ... des peintres, sculpteurs, dessinateurs et graveurs, II, Paris 1949, pp. 677 s. Più specificamente per Elisa, cfr.: B. Viallet, Gli autoritratti femminili delle Gallerie d. Uffizi …, Roma s. d. [ma 1923], p. 107, tavv. XXVII; U. Cherici, Guida stor. artist. d. R. Spedale di S. Maria degli Innocenti …, Firenze 1926, p. 53 n. 48; L. Bellosi, Il Museo dello Spedale degli Innocenti, Milano 1977, p. 248 n. 146, tav. 172.