BUONGUGLIELMI, Sallustio (Bongugliemi Sallustio, de' Guglielmi Sallustio, Sallusti Sallustio, Sallustio da Perugia)
Nacque a Perugia (a Montemortino [Montemorcino?] di Perugia nel ms. Vat. lat. 8068, c. 74v e in Gherardi, p. 422; cfr. al riguardo Besta, p. 884) circa il 1373. Ove l'indicazione del Gherardi e del ms. Vat.lat. 8068 fosse esatta, si potrebbe ricavare con sufficiente approssimazione la data della nascita del B., da porre fra il 1373 e il 1375, anni in cui il padre Guglielmo fu bandito da Perugia; e poiché gran parte del suo esilio si svolse a Firenze si può supporre che egli, subito dopo il bando, si sia trattenuto nei pressi della città; il che farebbe risalire la nascita del B. al 1373, anno su cui concorda, pur con avveduta incertezza, il Martines (Lawyers, p. 502).
Il B. nacque dunque dal già ricordato Guglielmo di Cellolo, rilevante figura di uomo politico perugino di parte ghibellina, giurista e genero di Bartolo da Sassoferrato. Gugliemo aveva ottenuto nel 1376 la cittadinanza fiorentina e nel 1377 l'iscrizione privilegiaria nella corporazione dei giudici e notai fiorentini anche per il figlio Sallustio, timoroso, bene a ragione, che il suo impegno politico in Perugia potesse in futuro pregiudicare il figlio.
Il B. fu indirizzato agli studi giuridici che svolse in maniera encomiabile, se vero è che nel 1390 lesse nell'università di Perugia dove studiava, pur non essendo ancora laureato (Ermini, p. 439). Egli viene inoltre citato fra i "doctores" che dettero il loro parere sulla controversia riguardante l'autorità del priore generale dell'Ordine camaldolese sul monastero degli Angeli di Firenze: la controversia è del 1390, ma ci pare improbabile che il B. potesse già essere "doctor magni nominis" come è detto negli Annali (Ann. Cam., VI, p. 165); e poiché i pareri dei giuristi sull'argomento furono vari anche "post plures transactos annos", è più verisimile che l'annalista, per errore, abbia incluso fra i primi giuristi anche il B., che probabilmente espresse il parere soltanto in seguito. In realtà il B. sembra essersi addottorato in utroque iure a Perugia circa il 1395.
Non trascurando l'insegnamento, iniziò una notevole attività politica cittadina. Nel 1405 ebbe l'incarico di collaborare con i Priori per tenere lontano dalla città i banditi ed i ribelli (Pellini, p. 146). Nello stesso 1405 fu inviato a Roma insieme con quattro notabili, per offrire al papa Innocenzo VII e alla sua corte ospitalità in Perugia, in seguito alla rivolta scoppiata in quell'anno a Roma (Pellini, p. 149). Nel 1406 fu di nuovo a Roma ambasciatore presso il papa; ancora nel 1406 fu inviato a Todi per riaffermare l'appoggio di Perugia al governo popolare contro le pretese signorili dei Catalani. Nel 1407 lesse nell'università, ma non sappiamo con precisione quale parte del Corpus iuris: ilCuturi (p. 107) ricorda soltanto che fu chiamato a una cattedra di diritto civile. Secondo il Pellini (p. 157) e il Vermiglioli (p. 275), nello stesso anno venne inviato ancora a Roma presso Alessandro V, ma la notizia di un suo viaggio a Roma nel 1407 non ci è confermata dalle fonti, né certamente poté andare da Alessandro V il quale sarà eletto papa due anni dopo e non riuscì mai, come è noto, a raggiungere Roma.
Fra il 1408 e il 1410, durante il dominio di Ladislao di Durazzo su Perugia, il B. non svolse secondo il Martines (The career, p. 326) alcuna attività politica e pubblica; il Vermiglioli (p. 275) ritiene, invece, che egli fu ambasciatore ad Urbino nel 1408 presso il conte Guidantonio di Montefeltro. Nel 1411 si recò a Rimini, in rappresentanza della città di Perugia, in occasione di un matrimonio nella famiglia di Carlo Malatesta; nello stesso 1411 fu ancora a Roma ambasciatore presso il papa. Nel 1412 per un'altra missione tornò alla corte dei Malatesta e fu inviato anche a Napoli da re Ladislao.
Il B. era ormai una figura politica di primo piano e nel 1412 fu eletto fra i Tre dell'arbitrio, magistratura che aveva il compito di indagare su tutti coloro che avessero ottenuto la cittadinanza perugina negli ultimi dieci anni. I tre eletti, forse non sentendosi sufficientemente protetti, posero come condizione per assumere l'incarico che ad essi fossero associati almeno altri cinque membri: il che avvenne puntualmente nello stesso 1412 (Pellini, p. 193). La commissione, diversamente composta e chiamata i Cinque dell'arbitrio, fu di nuovo in funzione nel 1413 e nel 1414 ed in entrambi gli anni il B. ne fu membro (Pellini, pp. 197 e 203). Il suo spiccato orientamento politico antipapale, erede di quello paterno, lo indusse a prendere contatti con Ladislao di Durazzo, che nella primavera del 1411 insieme con Muzio Attendolo Sforza, aveva invaso gli Stati della Chiesa e riaperto il conflitto con Giovanni XXIII. Divenuto uomo di fiducia di Ladislao, il B. lo rappresentò nella pace conclusa il 12 giugno 1414 fra il Durazzo e i Fiorentini, fautori, nell'occasione, del papa e del duca Luigi II d'Angiò (Sozomenus, p. 5).
Alla morte di Ladislao (agosto 1414), il B. si recò a Firenze per sollecitare aiuti in favore dell'indipendenza della propria città: la missione fu senza esito e nel 1416, dopo alterne vicende, Perugia fu conquistata da Braccio da Montone. La resa della città fu negoziata dal B. e da altri sette ambasciatori perugini. È incerto se il B. sia stato promotore di tale resa, che indubbiamente le circostanze dell'assedio consigliavano; ma non vi è dubbio che egli fosse favorevole a Braccio, le cui aspirazioni egemoniche sull'Umbria potevano indurre il B. a ritenere probabile un suo conflitto col papa e, nel vario gioco politico del momento, a ben sperare che ciò non fosse di pregiudizio all'autonomia e all'indipendenza cittadina.
L'abilità politica del B. si rivelò in questo delicato momento: ottenne la fiducia di Braccio e venne così scelto fra i 17 consiglieri delle nuove magistrature cittadine. Nell'autunno dello stesso 1416 il B. fu inviato da Braccio, a titolo personale, insieme con Bindaccio dei Ricasoli, ad Urbino, per trattare la liberazione di Carlo e Galeotto Malatesta, imprigionati da Guidantonio da Montefeltro: la missione ebbe esito positivo e il riscatto fu di 40.000 ducati (Pellini, p. 225; Vermiglioli, p. 275). Probabilmente, però, fu questa una delle ultime missioni del B. che risulta già in esilio a Siena nel 1420.
Proprio in quell'anno, infatti, avvenne l'accordo fra Braccio da Montone e il papa Martino V e l'investitura del condottiero al vicariato apostolico in Perugia. L'azione politica di Braccio non ebbe quindi lo sviluppo auspicato dal B. e questi fu perciò coinvolto nel processo epurativo imposto dal papa e seguito all'accordo. Il suo nome appare, infatti, nell'elenco dei banditi: "Dominus Salustius domini Gulielmi et filii de porta Solis" (Diario del Graziani, p. 315 n.).
Secondo una notizia che ci riferisce il Diplovataccio (p. 344) il B. lesse a Siena nel 1420 la seconda parte del Codice. Una conferma di tale notizia abbiamo rinvenuto nel cod. ms. 179 della Bibl. del Collegio di Spagna a Bologna (c. 237). Nel 1423 era a Bologna - come sappiamo dalle sue Ricordanze (Arch. di Stato di Firenze, Giudici e notai, 677, cc. 64-65) - e svolgeva attività forense; secondo il Mazzetti (p. 278) insegnò anche nello Studio cittadino. Tornò quindi a Siena e probabilmente riprese anche l'attività universitaria in quello Studio. Nel 1425 fu a Roma da Martino V in qualità di consigliere legale del Comune di Siena. Nello stesso anno il suo nome appare nella lista dei fuorusciti, ribelli e sospetti, che il Comune di Perugia inviò al conte d'Urbino perché non venisse loro offerta ospitalità (Fabretti, Docum., p. 191). Nella primavera del 1430, in seguito ad un'epidemia, si trasferì provvisoriamente con alcuni amici a Lugnano. Solo nel 1431 si trasferì a Firenze, recando con sé tre "forzieri" di libri, di cui abbiamo l'inventario dello stesso B. (Martines, The career, p. 330) e lesse nello Studio fiorentino, ma non sappiamo quale parte della compilazione giustinianea. Il B. intese stabilirsi definitivamente a Firenze e si appellò perciò al privilegio avuto dal padre nel 1376 e in cui anch'egli era compreso. Il 28 ag. 1432 gli fu riconfermata ufficialmente la cittadinanza fiorentina (Gherardi, p. 421), ed egli assunse così il cognome di Buonguglielmi (era d'uso infatti che coloro che acquistavano la cittadinanza fiorentina assumessero per cognome il patronimico preceduto da "Buon" o "Bon": si veda ad es. i Buongirolami, Buonaccorsi, ecc.).
Il 1º sett. 1437 per la "moria" abbandonò Firenze e si recò alla Badia, portando con sé varie ceste di libri, di cui sappiamo lo stato di conservazione, la legatura e la stima (Martines, The career, p. 331). Assai limitata appare a Firenze la sua attività universitaria: di sue "lecturae" non abbiamo notizia e ricordiamo soltanto che fu membro, il 20 apr. 1444, della commissione che addottorò in diritto civile e canonico "Jacobum domini Ugolini de Farneto" (Gherardi, p. 447). Intensa fu, invece, la sua attività di consulente e di giudice e notevole anche quella dedicata alla corporazione dei giudici e notai. Nel 1440 fu membro della commissione che approvò l'immatricolazione di due nuovi dottori: Rolando de' Bonarli di Firenze e Benedetto di Pauluzzo dei Barzi di Perugia. Fra il 1437 e il 1454 fu per sei volte consigliere dei consoli della corporazione e nel 1454, 1456, 1459, console egli stesso (Martines, The career, p. 328).
Il B. aveva intanto raggiunto un'elevata prosperità economica come è testimoniato non solo dalle ingenti spese domestiche di cui egli stesso ci dà notizia nel suo promemoria (Arch. di Stato di Firenze, Giudici e notai, 677, passim)ma anche dalle notevoli proprietà urbane ed extraurbane, ereditate dai figli Giovanni e Guglielmo, come risulta dal catasto fiorentino del 1469 (Arch. di Stato di Firenze, Catasto, 915, cc. 484r-485v; cfr. Martines, The career, p. 329).
Nel 1460, ormai vecchio, si ritirò a vita privata: nell'ottobre del 1461 morì e fu sepolto in S. Croce.
Aveva sposato Giovannina di Giovanni che appare come sua consorte già nel 1416, ed abbiamo notizia di almeno quattro suoi figli: Castellano (anch'egli giurista e, a detta del Diplovataccio, p. 378, autore di un bel trattato De testamentis et ultimis voluntatibus sia pure "per eadem verba et eundem modum" dell'omonimo trattato di Angelo Gambiglioni), Giovanni, Guglielmo (che nel 1522 fu dei Dodici buonomini) e Guglielmina. I Buonguglielmi furono anche chiamati secondo il Vermiglioli (p. 274) "Gelomi" e secondo il Mecatti (p. 36) con il nome di "Lionguilli". Quest'ultimo deriva a nostro avviso da un'erronea lettura della forma brachigrafica - bonguillis - (cfr. indice settecentesco premesso al cod. Magliab., XXIX. 173 della Nazionale di Firenze) ed è quindi privo di fondamento.
Numerosi sono i consigli del B. che ci sono pervenuti, di cui quattro sono editi: il primo, in materia compromissoria, trovasi in appendice al Tractatus de arbitris di Lanfranco di Oriano (in Tract. Univ. Iuris, III, 1, Venetiis 1584, f. 224rv), gli altri tre si trovano nelle raccolte di G. B. Ziletti, Consiliorum seuresp. ad causas criminales (I, Venetiis 1566, cons. 34, f. 23vb, relativo al "furtum publicum"), Matrimonialium consiliorum (I, Francofurti ad Moenum 1580, cons. 10, f. 19rb, riguardo alla pena convenzionale apposta agli sponsali) e Responsorum ad causas ultimarumvoluntatum (I, Venetiis 1581, cons. 79, f, 78rb, in tema di usufrutto costituito per testamento). Nella Bibl. Apost. Vaticana si trovano altri consigli in materia fidecommissaria, dotale ed ereditaria nel cod. Barb. lat. 1396 (cc. 67r-70r, 76v-77v, 141v-142v). Nel cod. Vat. lat. 2656 abbiamo un consiglio del B. in materia penale (cc. 51v-52v); nel cod. Vat. lat. 8068 un consiglio in materia di guarentigie (cc. 73r-74v), dove il B. viene appunto detto, come abbiamo già ricordato, "de montemortino", e una subscriptio a un consiglio di Matteo Filiciani; nel cod. Vat.lat. 8069 abbiamo un'altra subscriptio riguardante una controversia su immobili (cc. 160v-161r). Due consigli del B. si trovano nel cod. Urb. lat. 1132 alle pp. 257r-259r (trattasi di una consultazione in materia processuale richiesta al B. da G. B. de' Bentivoglio) e 381r-382v (conflitto fra due circoscrizioni rurali sulla "potestas imponendi collectam"). Il cod. Ottob. lat. 1726 contiene un interessante consiglio sotto forma di trattatello alle cc. 62r-64v "An potestas electus per tirannidem debeat habere salarium" (la questione assai dibattuta nella dottrina, trovò la sua sedes materiae nei commentari in relazione al frammento "Barbarius Philippus" del tit. "de officio praetorum" [D.1.14.3.]; cfr. per tutti Alberico da Rosate, Bartolo e soprattutto Baldo nel Commentum al luogo cit., Venetiis 1594, n. 27. f 53va, con riferimento allo statuto fiorentino). Nello stesso codice abbiamo due consigli in materia ereditaria (c. 192rv) e di sostituzione testamentaria (cc. 243r-244v). Nell'Ottob. lat. 1727 (cc. 1r-4r) trovasi un consiglio in materia penale ove si afferma la possibilità del capitano fiorentino "vigore sui arbitrii" di prosciogliere e liberare l'imputato senza dover attendere la conclusione del processo per l'incriminazione di falso dei testimoni, e ciò in difformità al disposto degli "Statuta populi et communis Florientiae" (III. 31) del 1415. Questo consiglio reca anche il sigillo del B., nel cui disegno ormai sbiadito ci sembra di poter ravvisare una figura umana china su un leggio ove è posto un libro aperto. Il cod. Panciatichiano 139 (cc. 332r-333v) della Nazionale di Firenze contiene un altro breve consiglio del B. che reca il titolo "de affictu". Ancora alla Nazionale di Firenze abbiamo un consiglio del B. nel cod. Magliab. XXIX.117 (cc. 281r-282v); un altro consiglio in materia di sostituzione testamentaria nel cod. Magliab. XXIX.173 (c. 21), che abbiamo già avuto occasione di citare e che ci riporta anche alcune allegationes (cc. 367v-368v) del B. su varie questioni in tema di falso in atto pubblico. Due consigli autografi con sigillo si trovano nel Magliab. XXIX.193 alle cc. 37r-39v (a proposito di sentenza lata contro il contumace) e 176v-177r (sulla condizione risolutiva). Il ms. 179 del Collegio di Spagna a Bologna contiene consilia,notata e allegationes del B. alle cc. 393v, 400r, 404r. Nello stesso Collegio di Spagna abbiamo rinvenuto nel ms. 121 (cc. 1r-2v) un consiglio in materia di usufrutto e nel ms. 248 (cc. 516r-517v) un consiglio sul tema "de donatione facta inter patrem et filium". Segnaliamo inoltre l'indicazione, della cui esattezza non ci è stato dato trovar conferma, del Mazzatinti (Inv. dei Mss. delle Biblioteche d'Italia, XI, Forlì 1901, p. 52) riguardo a un consiglio del B. che si troverebbe nel cod. Magliab. XXIX.135. Altri due consigli sono indicati dal Martines (The career, p. 328 n. 27) alla Bibl. Augusta di Perugia, ms. 1007 (cc. 89rv e 97v). Un consiglio autografo con sigillo, in tema di appello, è segnalato dall'Ascheri in un ms. senza segnatura dell'Archivio dell'Università di Siena.
Dal già citato inventario della biblioteca del B. (Martines, The career, p. 332) abbiamo notizia dell'esistenza di due suoi repertori e di due volumi di consilia; ilGori (p. 197) riferisce di un suo "ingens" volume di consilia, redatto dal suo discepolo Alessandro Longari di Perugia, che si sarebbe trovato nel sec. XVIII nella biblioteca di Francesco Rucellai. Secondo il Diplovataccio (p. 334) il B. scrisse commentari su tutta la compilazione giustinianea, ma degno di particolare nota sarebbe stato quello al Codice. In realtà nel ms. 179 già citato, del Collegio di Spagna a Bologna (cc. 237r-342v), in conformità a quanto riferisce il Diplovataccio, trovasi una lettura del B. "recollecta" da Antonio Lauzi e iniziata il 19 nov. 1420 nello Studio senese dal titolo del Codice "de servis fugitivis [C.6.1.]". La lettura è però frammentaria e con molte lacune giunge fino alla "l. si quis. C. de prescriptione xxx. an. [c. 7.39.8]". Una sua allegazione di una costituzione del Codice "l. raptores C. de episcopis et clericis [C.1.3.53 (54).]" ci è testimoniata da Andrea Barbazza (In tertium Decretalium, de donationibus c. per tuas [X.3.24.5], Venetiis 1511, f. 23va). È significativo peraltro che nei libri in possesso del B. vi siano stati soltanto di sua produzione repertori e volumi di consilia, ad ulteriore prova che l'attività di consulente e di pratico fu in lui senza dubbio prevalente e gli recò notevole fama fra i giuristi suoi contemporanei, sì che possiamo concordare su quello che di lui dice il Diplovataccio (p. 344): "...certe patri suo in legibus persimilis fuit..." ed inoltre "...iuris utriusque doctor celeberrimus eisdem temporibus".
Fontie Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Giudici e notai, 677, passim; Sozomeni… Chronicon universale, in Rer. Ital. Script., 2 ediz.s XVI, 1, a cura di G. Zaccagnini, pp. 5, 7; Cronaca della città di Perugia dal 1309 al 1491 (Diario dei Graziani), a cura di A. Fabretti, in Arch. stor. ital., XVI, 1 (1850), p. 315 n.; Documenti di storia perugina, a cura di A. Fabretti, I, Torino 1887, doc. 29, p. 191; Annales Camaldulenses ordinis S. Benedicti, a cura di I. B. Mittarelli-A. Costadoni, VI, Venetiis 1761, p. 165; Statuti dell'Università e Studio fiorentino, a cura di A. Gherardi, Firenze 1881, pp. 421 s., 447; T. Diplovatatius, Liber de claris iuris consultis, a cura di F. Schulz, H. Kantorowicz, G. Rabotti, in Studia Gratiana, X (1968), pp. 318, 344 s., 378, 404; P. Pellini, Dell'historia di Perugia, II, Venezia 1664, pp. 146, 149, 157, 159, 169, 191, 193, 197, 20 3, 225; A. F. Gori, Florilegium noctium Corythanarum, Florentiae 1751, p. 197; G. M. Mecatti, Storia genealogica della nobiltà e cittadinanza di Firenze, Napoli 1754, p. 36; V. Bini, Memorie istoriche della perugina università degli studi e dei suoi professori, Perugia 1816, p. 273; G. B. Vermiglioli, Biografia degli scrittori perugini, II, 1, Perugia 1829, pp. 274 ss.; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, II, Milano 1833, p. 524; S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori della famosa università e del celebre istituto delle scienze di Bologna, Bologna 1847, p. 278; T. Cuturi, Ruolo dei professori nell'università di Perugia fino al sec. XIX, in Per una festa scientifica nell'università di Perugia il 18 sett. 1890, Perugia 1891, p. 107; G. Degli Azzi Vitelleschi, Le relazioni tra le repubblica di Firenze e l'Umbria nei secc. XIII e XIV, II, Perugia 1909, p. 156; O. Scalvanti, I "consilia" della facoltà giuridica di Perugia nei secc. XVI e XVII, I, Perugia 1913, p. 3; E. Besta, Fonti, in Storia del diritto italiano, a cura di P. Del Giudice, I, 2, Milano 1925, p. 884; G. Ermini, Storia dell'università di Perugia, Bologna 1947, p. 439; L. Bonazzi, Storia di Perugia..., I, Città di Castello 1959, pp. 585, 587; L. Martines, The career and library of a 15th century lawyer, in Annali di storia del diritto, III-IV(1959-1960), pp. 323-332, Id., The social world of the Florentine humanists (1390-1460), Princeton 1963, p. 97; Id., Lawyers and statecraft in Renaissance Florence, Princeton 1968, p. 502; M. Ascheri, Schede di due codici giuridici senesi, in Studi senesi, s. 3, XX (1971), 1, p. 131.