SALLIER DE LA TOUR, Vittorio Amedeo
– Nacque a Chambéry, in Savoia, il 18 novembre 1774 dal barone Giuseppe Amedeo e da Adelaide Duclos d’Ezery.
Appartenente a una nobile casata savoiarda «sortie de l’obscurité à la fin du 17e siècle» (Des Ambrois de Nevâche, 1901, p. 98), i cui membri giunsero a occupare nel Settecento le più alte cariche alla corte del re di Sardegna, La Tour, all’età di dieci anni, venne avviato alla carriera militare con l’ingresso all’Accademia di Torino. Divenuto paggio di Vittorio Amedeo III di Savoia (il sovrano era stato suo padrino di battesimo), il 21 febbraio 1789 ottenne il brevetto di cornetta nel reggimento cavalleggeri. Grazie alle entrature familiari – lo zio Vittorio era ambasciatore a Parigi, il padre Giuseppe Amedeo si apprestava a diventare tenente generale di cavalleria – la sua carriera fu garantita: luogotenente in virtù di un biglietto reale del 29 marzo 1791, allo scoppio della guerra delle Alpi contro la Francia repubblicana fu chiamato a ricoprire la carica di aiutante di campo del genitore. Distintosi nel fatto d’arme d’Épierre (1793), dopo il trattato di Cherasco siglato tra Napoleone Bonaparte e gli emissari di Vittorio Amedeo III (tra i quali La Tour senior), venne promosso il 5 luglio 1796 al grado di capitano dei dragoni. Nonostante la bruciante sconfitta subita dall’esercito piemontese, i La Tour, padre e figlio, continuarono a essere fedelissimi a casa Savoia. All’epoca della campagna austro-russa Carlo Emanuele IV riconobbe il valore di entrambi: a Giuseppe Amedeo, nominato dal generale Aleksandr Vasil′evič Suvorov plenipotenziario per la riorganizzazione dei territori liberati dall’occupazione francese, il re di Sardegna concesse il collare dell’Annunziata; a Vittorio Amedeo, costantemente al fianco del genitore, venne rilasciato il brevetto di maggiore nei dragoni.
Dopo la seconda campagna napoleonica in Italia e la sconfitta di Marengo, i due, non volendo compromettersi con i francesi, chiesero i rispettivi passaporti per recarsi in Toscana al seguito del monarca sabaudo; ma presto Vittorio Amedeo fu costretto a rientrare negli ex Stati sardi per occuparsi del disastro finanziario che aveva colpito la famiglia a causa del sequestro del patrimonio immobiliare, posto in vendita fra i beni nazionali. Grazie alla protezione accordatagli dallo zio – il conte Henry de Bellegarde, generale al servizio degli Asburgo –, La Tour riprese il mestiere delle armi sotto le bandiere austriache, ottenendo di essere aggregato, il 16 settembre 1805, a capitano soprannumerario del 44° reggimento di fanteria. Segnalatosi nella battaglia di Caldiero e reintegrato nel grado di maggiore il 29 dicembre 1806, fu assegnato allo stato maggiore generale, dove ebbe modo di prendere parte attiva ai progetti per una ripresa della guerra alla Francia. Promosso tenente colonnello il 1° marzo 1809, venne inviato a Palermo e a Cagliari allo scopo di guadagnare all’imperatore d’Austria le alleanze dei Borbone e dei Savoia, tramite operazioni combinate anglo-sardo-siciliane da condursi sulle coste italiane. Sfumato il piano per l’opposizione dell’Inghilterra a interrompere l’armistizio, La Tour fu impiegato in altre missioni segrete, questa volta nei Balcani, dove ebbe modo di prendere contatto con l’abate Giacomo Brunazzi di Lissa, oppositore di Napoleone sul versante Adriatico.
Rientrato a Vienna nel gennaio del 1810, riprese servizio presso lo zio Bellegarde, presidente del Consiglio aulico di guerra, ma, a causa di un articolo segreto del trattato di pace che imponeva il licenziamento degli ufficiali stranieri, nel novembre di quello stesso anno venne congedato con il grado di colonnello onorario. Postosi al servizio dell’arciduca Francesco d’Asburgo-Este, nell’agosto 1811, La Tour riuscì a incontrare lord William Bentinck, comandante delle forze britanniche nel Mediterraneo: con lui studiò la possibilità di un accordo per l’ingresso di diversi ufficiali fuoriusciti ex austriaci alla testa di una ‘armata italiana’ al soldo inglese, che realizzasse il progetto di mettere il futuro duca di Modena a capo dell’insurrezione antifrancese nella penisola.
Sfumata l’ipotesi e prese le distanze dall’Austria, il 12 settembre 1812 La Tour fu comunque nominato brigadiere generale dell’esercito inglese a capo dei reggimenti dell’Italian Levy. Mandato a combattere in Catalogna, si rese artefice di un singolare manifesto politico sotto forma epistolare in cui, esaltando il governo britannico, perorava il ‘risorgimento’ d’Italia e l’indipendenza della patria da francesi, tedeschi e russi (Lettera di uno spagnolo ad un italiano per incitare gli italiani a seguire l’esempio della Spagna nel difendersi e rendersi indipendenti). Allo stesso modo, al fianco di Bentinck al momento dell’assedio di Genova nell’aprile 1814, fu autore di un abbozzo di costituzione in cui, vagheggiando l’unione del Piemonte, della Liguria e della Lombardia, auspicava una carta che garantisse un governo più liberale. Rientrato al servizio del restaurato Vittorio Emanuele I, il 4 febbraio 1815 venne destinato quale governatore della divisione di Novara e il 15 maggio successivo elevato al grado di tenente generale di cavalleria. Posto a capo dell’armata austro-piemontese impegnata nell’assedio di Grenoble, ultimo avamposto napoleonico dopo la disfatta di Waterloo, per la sua brillante condotta nell’operazione bellica vittoriosa, il 13 luglio fu insignito della croce di grande ufficiale dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro.
Commendatore dell’Ordine militare di Savoia dal 4 marzo 1816, ritornato a Novara, nel 1821 ebbe un ruolo chiave nella risoluzione della crisi politica del Regno di Sardegna, determinata dai moti liberali scoppiati in marzo. Al principe di Carignano Carlo Alberto, sconfessato per aver concesso la costituzione spagnola del 1812, venne intimato dal nuovo re Carlo Felice di raggiungere La Tour a Novara, piazzaforte dove si erano concentrate le milizie lealiste. Nominato governatore generale del Piemonte, La Tour fu alla testa del contingente militare che assieme agli austriaci capitanati da Ferdinand Antonín Bubna von Littitz debellò le sparute forze rivoluzionarie nei pressi di Vercelli. Premiato il 4 maggio 1821 con il collare dell’Annunziata, il 22 luglio 1822 ottenne le patenti di primo segretario di Stato per gli Affari esteri e notaio della Corona. Agli esordi del suo ministero, La Tour fu interessato alla grave questione che riguardava la successione dinastica del principe di Carignano ostacolata da Carlo Felice, deciso a escludere Carlo Alberto dal trono. Contrario a tale provvedimento (come del resto le potenze della Santa Alleanza riunite al congresso di Verona), La Tour si impegnò a favorire la ‘conversione’ del giovane principe, appoggiando il piano che prevedeva di staccare l’erede dagli ambienti liberali tramite la sua partecipazione alla guerra di Spagna.
Capace di dare un forte indirizzo alla politica estera sarda, come nel caso dell’impresa di Tripoli, che vide nel 1825 la flotta al comando di Francesco Sivori aver la meglio sul bey venuto meno ai capitolati contro la pirateria, nel 1831 fu confermato al ministero da Carlo Alberto, appena succeduto a Carlo Felice. Protagonista nelle trattative che portarono il Regno di Sardegna a firmare la convenzione militare con l’Austria il 23 luglio 1831, La Tour ebbe diversi riconoscimenti dal nuovo sovrano: cavaliere dell’Ordine civile di Savoia il 30 novembre 1831, ottenne il gran cordone dell’Ordine mauriziano il 7 gennaio 1832. Attestatosi tra i ministri conservatori più influenti, nel febbraio 1835 ottenne di succedere a Ignazio Thaon di Revel alle cariche di governatore di Torino con il grado di maresciallo di Savoia e di vicepresidente annuale del Consiglio di Stato. Confermato in quest’ultimo ruolo fino al 1847, si presentò quale maggiore oppositore all’indirizzo riformistico intrapreso dal ministro della Giustizia Giuseppe Barbaroux. Nonostante ciò, nel novembre 1847 fu La Tour a proporre a Carlo Alberto di anticipare le mosse del movimento liberale e democratico-patriottico dichiarando guerra all’Austria e concedendo una costituzione. Si trattava di una ripresa dell’idea maturata oltre trent’anni prima, che prevedeva l’istituzione di una Camera dei pari nominati a vita e una Camera dei deputati di natura corporativa. Bocciata da Carlo Alberto la proposta, La Tour fu tra le personalità del Consiglio di conferenza allargato che arrivò a deliberare lo Statuto. Già decorato della medaglia mauriziana al merito militare di dieci lustri, fu giubilato con il grado di maresciallo d’armata il 24 marzo 1848. Tra le fila dei senatori nominati il 3 aprile 1848, prese parte ai lavori parlamentari attestandosi tra i maggiori oppositori della politica liberale promossa da Massimo d’Azeglio e da Camillo Benso di Cavour.
Morì a Torino il 19 gennaio 1858.
Sposatosi nel 1819 con Marietta Galleani d’Agliano, tra i suoi figli si distinsero il primogenito Carlo Felice (1824-1893), ufficiale d’ordinanza di Vittorio Emanuele II, e Vittorio (1827-1894), ministro plenipotenziario in Giappone.
Fonti e Bibl.: Il personaggio è rievocato in L. Des Ambrois de Nevâche, Notes et souvenirs, Bologna 1901, pp. 98-101; uno studio biografico purtroppo incompleto perché limitato agli anni precedenti al 1821 è G. Gallavresi - V. Sallier de la Tour de Cordon, Le maréchal S. de la T. Mémoires et lettres, Torino 1917; per l’esperienza inglese: V. Ilari, I soldati italiani di Lord Bentinck 1812-1816, ePub 2015, passim; per il ruolo avuto nei moti del 1821: A. Monti, Un drammatico decennio di storia piemontese e il maresciallo di Savoia V.A. S. de la T., Milano 1943; per gli anni carloalbertini: P. Gentile, Carlo Alberto in un diario segreto. Le memorie di Cesare Trabucco di Castagnetto (1834-1849), Torino-Roma 2015, ad ind.; per le sue idee costituzionali: R. Romeo, Una iniziativa costituzionale del maresciallo La Tour nel novembre 1847, in Civiltà del Piemonte. Studi in onore di Renzo Gandolfo nel suo settantacinquesimo compleanno, a cura di G. P. Clivio - R. Massano, Torino 1975, pp. 368-370; per gli ultimi anni: P. Gentile, L’ombra del re. Vittorio Emanuele II e le politiche di corte, Torino-Roma 2011, ad ind.; per la sua carriera: A. Manno, Il patriziato subalpino, consultabile in Vivant. Associazione delle tradizioni storico-nobiliari, http://www.vivant.it/ pagine/patri.php, ad vocem (22 maggio 2017); Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, I, Senatori del Regno di Sardegna, sub voce, http://notes9.senato.it/web/senregno.NSF/ S_l?OpenPage.