SALIMBENI, Alessandro detto Ventura
– Figlio del pittore Arcangelo e di Battista Focari, e fratello uterino minore del pittore Francesco Vanni, nacque a Siena e fu battezzato il 26 gennaio 1569 (Bonelli, 1996, p. 25).
Dovette il nome Ventura a una possibile complicazione durante il parto (Romagnoli, ante 1835, 1976, VII, p. 782). Il 12 giugno 1576 ricevette la cresima (Capresi Gambelli, 1980, p. 145).
Dopo un brevissimo apprendistato presso la bottega del padre, in seguito alla morte di lui si recò a Roma; nel 1585 era sicuramente già attivo presso la bottega di Giandomenico Angelini, specializzata in copie da dipinti antichi (Capresi Gambelli, 1980, p. 143; Sani, 1997, pp. 417-423; Ciampolini, 2010, p. 728).
Il 5 novembre 1588 sposò Antonina Barrias, borgognona; lo stesso anno ricevette dei pagamenti per gli affreschi della cappella della Trinità presso la chiesa del Gesù (Ciampolini, 2010, p. 732). Risale a quell’anno l’incisione con S. Caterina che beve il sangue di Cristo, per cui Ventura fornì il disegno, vicino ai modi di Giovanni de’ Vecchi, che servì d’ispirazione al dipinto con lo stesso soggetto del fratellastro Francesco Vanni (Ciampolini, 2005, p. 374). Iniziato all’arte dell’acquaforte forse da Philip Galle, realizzò tra il 1589 e il 1594 sei stampe il cui stile è vicino agli esempi di Andrea Lilio e Ferraù Fenzoni (Bellini, 1980, pp. 244-250). Il 12 luglio 1590 è attestato a Siena per ratificare la vendita di una casa, ma fu una presenza transitoria: testimoniando, il 21 novembre 1591, a Roma nel processo intentato da Giandomenico Angelini contro Orlando Landi, Ventura affermò di trovarsi nell’Urbe fin dal pontificato di Gregorio XIII e di avere ormai una bottega indipendente in Parione (Capresi Gambelli, 1980, p. 146).
Durante la permanenza a Roma, Ventura fu coinvolto nelle grandi imprese decorative pontificie. Troppo giovane per aver preso parte al cantiere finale delle Logge Vaticane, ne trasse comunque notevole suggestione, guardando soprattutto a Raffaellino da Reggio. Durante il pontificato di Gregorio XIII partecipò al cantiere della loggia della Benedizione al palazzo del Laterano (Scavizzi, 1959, pp. 33-40), e poi, per Sisto V e sotto la direzione della ditta Nebbia-Guerra, alla decorazione della Biblioteca Sistina e della Scala Santa (Zuccari, 1992, pp. 84-86, 136 s.). Il suo linguaggio pittorico è vicino agli esempi del Cavalier d’Arpino e di Giovanni Baglione, caratterizzato da un’eleganza allungata e da una cromia limpida e vivace non dimentiche di un retaggio senese.
Risale ai primissimi anni dell’ultimo decennio del secolo l’importante esecuzione per S. Maria Maggiore dei due riquadri con l’Annunciazione e Gesù tra i dottori (Capresi Gambelli, 1980, p. 144; Zuccari, 2000, p. 150). Presso la sua bottega romana si formarono Agostino Marcucci e il Morazzone. Alcune considerazioni di Baglione indicano Ventura come pittore estremamente talentuoso, ma di spirito superficiale e dedito «tutto dì sugli amori» (Baglione, 1642, pp. 119 s.).
Nel 1595 Ventura rientrò a Siena e il 27 agosto cominciò a lavorare nella Compagnia della Ss. Trinità, in un vasto ciclo, fortemente indirizzato alla lotta contro l’eresia, che lo impegnò fino al 31 dicembre 1601, data dell’ultimo pagamento (Capresi Gambelli, 1980, p. 146). Lo stile delle pitture è estremamente vicino agli esempi romani e rappresenta uno dei suoi risultati più felici, tanto da meritare l’apprezzamento di Gianlorenzo Bernini, che lo considerò il primo pittore della città. Il giudizio, formulato durante un soggiorno senese, è riportato in una lettera del rettore della Metropolitana di Siena del 6 ottobre 1666, diretta al cardinale Leopoldo de’ Medici (Angelini, 2012, pp. 23-37; Riedl, 2012, pp. 55-100). A differenza del fratellastro Francesco Vanni, impegnato soprattutto nell’esecuzione di pale d’altare, la velocità esecutiva e la freschezza del linguaggio imposero Ventura come miglior freschista della scena cittadina. Conseguentemente, rientrato nella sua città natale, si accentuò in lui un intenso studio delle glorie artistiche senesi, incentrato soprattutto su Domenico Beccafumi (Ciampolini, 2005, pp. 375-377).
Il 9 ottobre 1597 venne battezzata la figlia Maddalena e, secondo Ettore Romagnoli, nacque il figlio Salimbene (Marco Ciampolini anticipa la nascita di Salimbene ai primi anni Novanta; Romagnoli, ante 1835, 1976, IX, p. 37; Ciampolini, 2010, p. 733). Tra il 1597 e il 1598 Ventura affrescò tre lunette con le relative vele nella sala del Consiglio nel Palazzo pubblico di Siena, rappresentanti la Vittoria di Montaperti e l’Assedio dei Montalcinesi, l’Assedio di Antiochia e la Vestizione di Salimbene e due scene della Vita di s. Bernardino (Bagnoli, 1978, pp. 35-49; Capresi Gambelli, 1980, p. 144). L’11 gennaio 1599 venne battezzata la figlia Isabella (Ciampolini, 2010, p. 733), e allo stesso anno risale la Consegna delle chiavi a s. Pietro, firmata e datata, della chiesa di S. Lorenzo in S. Pietro a Montalcino.
In quel periodo Ventura collaborò con il fratellastro Francesco Vanni, dipingendo su suo disegno il S. Giorgio tra la Fede e la Carità in S. Giorgio a Siena (Ciampolini, 2005, p. 377), e maturando così un interesse per la pittura di Federico Barocci, che certo aveva conosciuto a Roma. Il 1° marzo 1600 battezzò il figlio Alessandro; secondo Romagnoli nello stesso anno nacque anche una figlia di nome Lucrezia (Romagnoli, ante 1835, 1976, IX, p. 43; Ciampolini, 2010, p. 734). Sempre nello stesso anno Ventura firmò e datò la Disputa del Ss. Sacramento per S. Lorenzo in S. Pietro a Montalcino e la Crocifissione di S. Domenico a Siena (Die Kirchen von Siena, 1992, II, 1, 2, p. 686). Alla fine del secolo risale secondo Marilena Caciorgna (2007, pp. 295-300) la decorazione di villa Buonvisi a Lucca.
Nel 1601 Ventura acquistò dalla Compagnia della Ss. Trinità alcune suppellettili lasciate in eredità da una consorella, prima di ricevere il saldo, il 31 dicembre, per la decorazione dell’oratorio (Capresi Gambelli, 1980, p. 146). Frattanto il 22 luglio la Compagnia di S. Giovannino gli aveva chiesto di dipingere un Banchetto di Erode (una commissione cui rinunciò due anni dopo; Bagnoli, 1978, p. 55), e l’8 agosto battezzò il figlio Aurelio (Ciampolini, 2010, p. 734). Nel 1602 eseguì per il cardinale Bonifazio Bevilacqua le tavole con la Processione di Gregorio Magno e la Punizione di re David in S. Pietro a Perugia (Zuccari, 2000, p. 150), che probabilmente gli valsero la nomina a cavaliere dello Speron d’Oro e la possibilità di aggiungere al suo cognome quello del cardinale (Capresi Gambelli, 1980, p. 147; Ciampolini, 2010, p. 734). Nello stesso anno affrescò a Siena tre lunette con Storie di s. Bernardino nel ciclo della sala inferiore dell’oratorio dedicato al santo. In questa fase il dialogo con il fratellastro fu massimo (Maccherini, 2009, pp. 92-103).
Furono anni estremamente prolifici per la bottega di Salimbeni, che lavorò alacremente per Siena e il suo territorio. Al 1603 risalgono la Vergine che appare a s. Rocco dell’omonimo oratorio senese, il S. Michele Arcangelo che combatte Lucifero della Bob Jones University di Greenville e gli affreschi dell’abside della chiesa dei Ss. Quirico e Giulitta a Siena (Bagnoli, 1978, pp. 35-49; Capresi Gambelli, 1980, p. 144). Lo stesso anno il pittore ricevette due pagamenti per un perduto stendardo per la Compagnia del Beato Andrea Gallerani e per gli affreschi eseguiti nel ‘capellone delle done’ nella Compagnia di S. Antonio Abate, anch’essi non giunti fino a noi (Capresi Gambelli, 1980, p. 147). Iniziarono inoltre i problemi legali tra il pittore e la moglie: il 24 luglio Ventura fu precettato per aver commesso adulterio con Lucrezia, moglie di Pietro Giuliani (Ciampolini, 2010, p. 735).
A questo periodo risale l’esecuzione di numerose opere quali l’affresco con Santa Caterina assalita dai soldati fiorentini per l’oratorio della Contrada dell’Oca (Die Kirchen von Siena, cit., II, 1, 1, pp. 140-142) e le tele con la Crocifissione di S. Lorenzo in S. Pietro a Montalcino e con la Madonna col Bambino del Museo di Capodimonte a Napoli (Capresi Gambelli, 1980, p. 147; Ciampolini, 2010, p. 735), tutte datate 1604. A partire da tale anno Salimbeni ricevette una serie di pagamenti dalla Compagnia di S. Stefano per l’esecuzione del cataletto attualmente conservato in S. Giacinto, che si conclusero l’anno seguente (Capresi Gambelli, 1980, p. 156). Il 12 febbraio pagò 70 lire alla Compagnia di S. Antonio Abate per la rendita di un’eredità; il 23 maggio concorse insieme ad Alessandro Casolani e Giovan Paolo Pisani per l’assegnazione della pala dei Ss. Gherardo e Lodovico, ottenuta poi dal Casolani (Ciampolini, 2010, p. 735).
A partire dal 1605 Ventura ottenne diverse commissioni lontano da Siena, che gli offrirono nuovi stimoli e la possibilità di confrontarsi con altri maestri. Nel 1605 lavorò a Firenze insieme a Bernardino Poccetti, realizzando due lunette per il Chiostro dei Morti della Ss. Annunziata rappresentanti Il beato Alessio Falconieri fa disegnare la fabbrica della chiesa e Il beato Manetto dell’Antella ottiene le prime indulgenze per la chiesa da Clemente IV (Bagnoli, 1978, pp. 35-49; Capresi Gambelli, 1980, p. 147). Una nuova attenzione per gli effetti luministici caratterizzò la seconda metà del decennio, attenuando i cangiantismi barocceschi ed emiliani in favore di un utilizzo del colore più sobrio e naturalistico, derivato probabilmente dagli esempi di Poccetti e il Cigoli. I soggiorni più frequenti riguardarono, oltre a Firenze, Lucca e Pisa; proprio a Lucca Ventura firmò nel 1606 la Santa Caterina d’Alessandria, ora nella Pinacoteca di Palazzo Mansi (Voss, 1920; trad. it. 1994, pp. 323-327; Capresi Gambelli, 1980, p. 159).
Fu quindi a Pisa, dove nel 1607 ricevette un pagamento dall’Opera del duomo per l’esecuzione della Caduta della manna (Maccherini, 2008, p. 92); nello stesso anno firmò e datò il Martirio di s. Cecilia in S. Cecilia a Pisa e il S. Girolamo ora nella Galleria Doria Pamphilj a Roma (Capresi Gambelli, 1980, p. 147; Ciampolini, 2010, p. 736). Tra l’aprile e il maggio successivi si svolse il processo per adulterio di Antonina, moglie di Ventura, la quale aveva avuto un figlio da Rinaldo Specchi, e il 16 giugno venne esiliata dal territorio della diocesi di Siena (Ciampolini, 2010, p. 736). L’anno seguente Salimbeni fu autorizzato a portare con sé spada e pugnale per proteggersi dai soprusi che un pretendente della moglie gli aveva mosso; così abbigliato appare effettivamente nell’Autoritratto degli Uffizi (Capresi Gambelli, 1980, p. 161). L’8 ottobre 1608 ottenne, grazie al novello rettore dell’Opera del duomo di Siena Muzio Placidi, la commissione di quella che sarebbe stata la sua impresa più rilevante del nuovo secolo: la decorazione del coro del duomo di Siena, nelle pareti laterali all’abside, che era stata affrescata da Domenico Beccafumi nel 1536-44. Era stato in lizza per l’assegnazione anche Pietro Sorri, delle accuse del quale Salimbeni si lamentò in una lettera del 10 dicembre indirizzata a Vanni. Le quattro pitture, eseguite entro il 1611, rappresentano il Beato Ambrogio Sansedoni presenta Siena a papa Gregorio X (l’identificazione del pontefice in Gregorio X è la più sostenuta dalla critica, anche se taluni vi riconoscono Gregorio VII; Maccherini 2008, p. 92), la Caduta della manna, la Storia di Ester e Assuero e Santa Caterina tra santi e beati senesi (Maccherini, 2008, pp. 88-97).
Ventura continuò nel frattempo a lavorare per il duomo di Pisa, eseguendo il Dio Padre tra gli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, che gli fu pagato il 23 aprile 1609, anno in cui la moglie Antonina, dopo un arresto, subì un nuovo processo e un’ennesima condanna all’allontanamento da Siena (Ciampolini, 2010, p. 737).
Secondo Filippo Baldinucci, nel 1610 Salimbeni si recò a Genova, dove lavorò con Agostino Tassi (Baldinucci, 1681-1728, 1846, III, p. 427). Affittata dai frati di S. Agostino una casa in via dei Maestri a Siena, eseguì la S. Francesca Romana della Contrada della Chiocciola (Ciampolini, 2009, pp. 22-24) e l’Adorazione dei Pastori in Sant’Agostino a Foligno (Capresi Gambelli, 1980, p. 162). Nel 1611 terminò l’ultimo degli affreschi del duomo di Siena, ricevendone il pagamento il 9 novembre.
A quest’anno risale un fitto carteggio con il governatore di Siena Carlo Gonzaga, riguardante sia un’opera commissionata dal parente cardinal Ferdinando sia la residenza della moglie adultera in città, nonostante la condanna (Ciampolini, 2010, p. 738). Ventura era ormai rientrato stabilmente in patria e prossimo alle sue ultime opere, nelle quali raggiunse alcuni dei punti più alti della sua vicenda, grazie ai modi gentili e pacati, alle liquide cromie e a una creatività mai doma: dalle Storie di s. Giacinto per la cappella Bargagli in S. Spirito (1610-12; Barzanti - Cornice - Pellegrini, 2006, p. 155) agli affreschi con le Storie di s. Galgano e un Concerto di Angeli nella chiesa di S. Maria degli Angeli a Siena, detta del Santuccio (Cioni, 2015).
Dopo avere completato l’Adorazione dei pastori, lasciata incompiuta da Casolani, per la chiesa di S. Agostino (Die Kirchen von Siena, 1992, I, 1, 1, pp. 67 s.), Ventura morì il 23 novembre 1613 e fu sepolto nella chiesa del Carmine (Capresi Gambelli, 1980, p. 148; Romagnoli, ante 1835, 1976, IX, p. 128).
Fonti e Bibl.: G. Mancini, Considerazioni sulla pittura (1617-1621), a cura di A. Marucchi - L. Salerno, I, Roma 1956, pp. 210 s.; G. Baglione, Le vite de’ pittori, scultori et architetti..., Roma 1642, pp. 119 s; F. Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno da Cimabue in qua (1681-1728), a cura di F. Ranalli, III, Firenze 1846, pp. 425-429; G. Della Valle, Lettere sanesi sopra le belle arti, III, Siena 1786, pp. 354-365; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, Roma 1796, pp. 249 s.; E. Romagnoli, Biografia cronologica de’ bellartisti senesi (ante 1835), Firenze 1976, VII, p. 782, IX, pp. 3-184; H. Voss, Die Malerei der Spätrenaissance in Rom und Florenz, Berlin 1920 (trad. it. Roma 1994, pp. 323-327); A. Venturi, Storia dell’arte italiana, IX, 7, La pittura del Cinquecento, Milano 1934, p. 1112; G. Scavizzi, Note sull’attività romana del Lilio e del Salimbeni, in Bollettino d’arte, XLIV (1959), 1, pp. 33-40; Disegni dei barocceschi senesi. Francesco Vanni e Ventura Salimbeni, a cura di P.A. Riedl, Firenze 1976, pp. 9-13; A. Bagnoli - D. Capresi Gambelli, Disegni dei barocceschi senesi (Francesco Vanni e Ventura Salimbeni) recensione alla mostra, in Prospettiva, 1977, n. 9, pp. 82-86; A. Bagnoli, in Rutilio Manetti 1571-1639 (catal., Siena), a cura di A. Bagnoli, Firenze 1978, pp. 35-49, 55; F. Bellini, Un peintre-graveur senese: Ventura Salimbeni, in L’arte a Siena sotto i Medici (1555-1609) (catal., Siena), a cura di F. Sricchia Santoro, Roma 1980, pp. 244-250; D. Capresi Gambelli, Ventura Salimbeni, ibid., pp. 143-162; P. Torriti, La Pinacoteca nazionale di Siena, Genova 1990, p. 495; M.C. Galassi, Simone Balli e altri: toscani “riformati” a Genova agli inizi del naturalismo secentesco, in Studi di storia dell’arte, 1991, n. 2, pp. 141-146; Die Kirchen von Siena, a cura di P.A. Riedl - M. Seidel, München 1992, I, 1, 1, pp. 67 s., II, 1, 1, pp. 140-142, 436, II, 1, 2, p. 686; A. Zuccari, I pittori di Sisto V, Roma 1992, pp. 84-86, 136 s.; L. Bonelli, Documenti per il giovane Francesco Vanni, in Prospettiva, 1996, n. 82, pp. 95 s.; B. Sani, Il Cinquecento e il Seicento, in G. Chelazzi Dini - A. Angelini - B. Sani, Pittura senese, Milano 1997, pp. 417-423; A. Zuccari, I toscani a Roma. Committenza e “riforma” pittorica da Gregorio XIII a Clemente VIII, in Storia delle arti in Toscana. Il Cinquecento, a cura di R.P. Ciardi - A. Natali, Firenze 2000, pp. 137-166; M. Ciampolini, Ventura Salimbeni, in Nel segno di Barocci. Allievi e seguaci tra Marche, Umbria, Siena, a cura di A.M. Ambrosini Massari - M. Cellini, Milano 2005, pp. 370-393; R. Barzanti - A. Cornice - E. Pellegrini, Iconografia di Siena. Rappresentazione della città dal XIII al XIX secolo, Siena 2006, p. 155; M. Caciorgna, L’ascesa dei virtuosi nella villa lucchese Buonvisi al Giardino, in M. Caciorgna - R. Guerrini, Alma Sena. Percorsi iconografici nell’arte e nella cultura senese, Siena 2007, pp. 255-300; M. Maccherini, Ventura Salimbeni, Muzio Placidi e la decorazione del coro del duomo, in Le pitture del duomo di Siena, a cura di M. Lorenzoni, Cinisello Balsamo 2008, pp. 88-97; M. Ciampolini, La Santa Francesca Romana di Ventura Salimbeni, in Contrada della Chiocciola. L’Oratorio dei SS. Pietro e Paolo. Restauri 2009, Siena 2009, pp. 22-24; M. Maccherini, Considerazioni sulla pittura senese al tempo di Barocci, in Federico Barocci, 1535-1612: l’incanto del colore, una lezione lunga due secoli (catal., Siena), Cinisello Balsamo 2009, pp. 92-103; E. Toti, Pittura a Siena tra baroccismo e naturalismo, Cinisello Balsamo 2009, p. 24; M. Ciampolini, Pittori senesi del Seicento, II, Siena 2010, pp. 727-807; A. Angelini, Dipinti e sculture nell’Oratorio della Santissima Trinità. Un ciclo decorativo all’insegna della lotta all’eresia, in Una gemma preziosa: l’Oratorio della Santissima Trinità in Siena e la sua decorazione artistica, Poggibonsi 2012, pp. 23-37; P.A. Riedl, Gli affreschi della zona delle volte, ibid., pp. 55-100; M. Occhioni, Il ciclo galganiano nella chiesa del Refugio, in Speciosa Imago. L’iconografia di San Galgano dal XIII al XVIII secolo, a cura di A. Conti, Siena 2014, pp. 149-159; E. Cioni, Per la storia dell’iconografia di San Galgano. Gli affreschi di Ventura Salimbeni nella chiesa di Santa Maria degli Angeli detta del Santuccio a Siena, Lugano 2015.