salario di cittadinanza
loc. s.le m. Sussidio concesso dallo Stato ai cittadini che non raggiungono un determinato reddito fissato come riferimento.
• in questi giorni in cui si parla molto di «salario di cittadinanza», non dobbiamo mai dimenticare che il primo dono che la società civile e le istituzioni devono fare ai loro giovani è il dono del lavoro, mettendoli nelle condizioni, a partire da migliori studi, di poter lavorare, e possibilmente di lavorare bene. (Luigino Bruni, Avvenire, 10 marzo 2013, p. 2, Seconda pagina) • Quasi tutti i nuovi movimenti «di cittadini» sono antiliberisti, spesso con venature decisamente anticapitaliste, hanno una certa impronta neo-socialista, sono per un Welfare più esteso, per il salario di cittadinanza, per un drastico allargamento del potere decisionale. Ma con pochissime eccezioni (una è [Alexis] Tsipras) hanno una vera e propria fobia per la parola «sinistra». Che deve suonargli decrepita, compromessa, consunta. Sta di fatto che la loro politica, sia pure in forme inedite, profuma (o puzza, a seconda dei punti di vista) di sinistra in modo inconfondibile. (Michele Serra, Repubblica, 27 maggio 2015, p. 32) • E per il resto? «Ottimi i risultati nelle città in cui governiamo»; elogio del salario di cittadinanza; «via le pensioni d’oro e i vitalizi»; «io ho aiutato e progettato la struttura del movimento, del blog, dei meet-up e delle liste civiche» (ossia ammette, senza volerlo dire, di essere un super-leader nel mondo grillino) e «faccio queste attività in modo gratuito» (Davide Casaleggio riportato da Mario Ajello, Messaggero, 7 aprile 2017, p. 11, Primo Piano).
- Composto dal s. m. salario, dalla prep. di e dal s. f. cittadinanza.