saggio (savio)
Sebbene per alcune accezioni o l'uno o l'altro di questi allotropi non sia di fatto attestato, nessuna distinzione è possibile fare tra loro da un punto di vista semantico.
Per quanto occorra con una frequenza relativamente limitata, s. è una parola-chiave del lessico dantesco, perché esprime una delle componenti essenziali della civiltà romanza, e cioè un'ideale aspirazione a frenare i desideri, a distinguere il bene e il male con equilibrata prudenza, a decidere e ad agire con un senso di moderazione suggerito dall'esperienza.
La saviezza, insomma, si manifesta soprattutto come comportamento morale e si rivela nell'ambito delle attività pratiche; a suo fondamento sono la prudenza, la nobiltà d'animo, la ragionevolezza: Cv IV XXVII 5 Conviensi ... essere prudente, cioè savio: e a ciò essere si richiede buona memoria de le vedute cose, buona conoscenza de le presenti e buona provedenza de le future; e più oltre: impossibile è essere savio chi non è buono (che traduce Aristotele Eth. Nic. VI 13 " manifestum quoniam impossibile prudentem esse non entem bonum "; l'aggettivo si registra ancora tre volte nello stesso paragrafo); Pg XIII 109 Savia non fui, avvegna che Sapìa / fossi chiamata, dove l'applicazione della tradizionale dottrina scolastica espressa nella formula " Nomina sunt consequentia rerum " (cfr. Parodi, Lingua 388), consente di rilevare il vincolo ideale che unisce la saviezza al sapere e all'aver senno. Si spiega così perché, nel ritratto celebrativo dell'uomo leggiadro, cioè nobile e gentile, che conclude Rime LXXXIII, si afferma che questo per sé caro è tenuto / e disiato da persone sagge, / ché de l'altre selvagge [cioè rozze e incivili] / cotanto laude quanto biasmo prezza (v. 126; la contrapposizione fra ‛ saggio ' e ‛ selvaggio ' ricorre anche in Fiore XIV 6-7, XCVI 11-13). Il pregio della saviezza è anche una delle qualità della Donna gentile, e ciò conferma come il vocabolo miri a esprimere un ideale etico: Vn XXXVIII 1 Questa è una donna gentile, bella, giovane e savia, e apparita forse per volontade d'Amore; Cv II Voi che 'stendendo 47 ell'è pietosa e umile, / saggia e cortese ne la sua grandezza (ripreso e spiegato in X 7). È riferito a una donna anche in Rime dubbie I 10, XVIII 7.
La parola si colora naturalmente di una diversa sfumatura semantica nel Fiore e nel Detto. Per l'autore dei due poemetti s. è chi sa sfruttare con accortezza le passioni e le debolezze altrui per trarne piacere o ricchezza. Di questo diverso atteggiamento sono documenti esemplari la sconsolata e cinica ammissione della Vecchia a Bellaccoglienza (Fiore CXCIII 2 S'i fosse stata... / ben savia in giovanezza... / i' sare' troppo ricca in fede mia) e la dichiarazione resa da Amore ai suoi baroni a proposito di Amante: LXXXII 13 Molto penò di tòrrelmi Ragione: / que' come saggio fu sì fermo e stante / che no lle valse nulla su' sermone. In altri casi, vale semplicemente " accorto ": LXIX 13 Chi Malabocca vuol metter al chino [" mandare in rovina ", " sconfiggere "], / sed egli è saggio, egli 'l lusingherà.
Per un'ulteriore esemplificazione delle accezioni finora illustrate, cfr. Vn XX 5 9, Rime LXXXIII 35 e 36 (dove l'opposizione fra non saggi, con tipica litote, e saggio è di gusto guittoniano), CVI 106, Rime dubbie II 1, XIX 9, XXIV 1 e 6; Cv II I 3; Fiore XIV 6, XLIX 14, LXI 1 e 12, LXVII 10, LXII 2, LXXVII 13, LXXXVI 8, XCVI 11, CV 11, CXXXI 5, CXXXV 14, CXLVIII 5 (dove occorre il diminutivo-vezzeggiativo savietta), CLII 13, CLIX 13, CLXXVIII 1, CXCVII 10 (dove vale " prudente ", " dabbene "); Detto 285.
Altre volte, più che prudenza e accortezza di comportamento, esprime equilibrio e avvedutezza di giudizio determinati da innate capacità intellettuali e da dottrina, accostandosi così al valore di " sapiente ": Cv II VIII 8 se noi rivolgiamo tutte le scritture, sì de' filosofi come de li altri savi scrittori, tutti concordano in questo; Pd XIV 99 biancheggia tra ' poli del mondo / Galassia si, che fa dubbiar ben saggi; Rime XLII 8, Pg XXV 63. In quest'accezione compare soprattutto come sostantivo: Cv IV I 1 Amore, secondo la concordevole sentenza de li savi di lui ragionanti... è che congiunge e unisce l'amante con la persona amata; in If XXIV 106 gran savi sono tutti coloro che hanno narrato la leggenda della fenice (probabile fonte del passo è Ovidio Met. XV 391 ss.); così ancora in Rime XLII 11, Cv I VIII 5, II I 4, IV VI 8, XXIV 2, Fiore XLIII 13. Con riferimento a personaggi storici o leggendari, celebri per la loro sapienza: Cv II XIV 2 li savi d'Egitto; III XI 4 quelli sette savi antichissimi; IV XIII 12 lo Savio per antonomasia, cioè Boezio.
Secondo D., i poeti, dotati d'ingegno, sono naturalmente disposti ad accogliere l'ispirazione dall'alto, che essi conservano in sé e trattano servendosi degli strumenti dell'arte (v. INGEGNO). Fonte dell'ispirazione poetica è la Sapienza, che'è propriamente divina; ai poeti, che ne partecipano, ai addice in particolare il titolo di saggi, e saggio (Vn XX 3 2) è detto G. Guinizzelli, savio (Pg XXXIII 15) Stazio, saggi (XXVII 69) o savi (XXIII 8) Stazio e Virgilio, savi (If IV 110) i poeti del nobile castello del Limbo. Ma più spesso il termine è riservato a designare Virgilio: il famoso saggio (If I 89), il savio gentil, che tutto seppe (VII 3), il savio mio maestro (VIII 86), il savio duca (Pg XXVII 41). E si veda anche If IV 149, X 128, XLI 16, XIII 47, Pg XIII 75, XXI 76.
Ad accezioni meno pregnanti, più consuete all'uso del tempo, si collegano gli altri esempi. Così, l'opposizione i folli e i savi (Pd V 71) per dire " tutti " (cfr. Benvenuto: " quasi dicat, omnes habentes humanam affectionem ", e Buti: " imperò che ognuno la [Ifigenia] pianse ") è attestata anche da Z. Bencivenni (Volgarizzamento dell'esposizione del Paternostro, Firenze 1828, 45): " Salomone... quand'elli ebbe tutto 'l mondo rovesciato e tutti li stati de' folli e de' savi ". La stessa contrapposizione si ha in If II 36 temo che la venuta non sia folle. / Se' savio; intendi me' ch'i' non ragiono, dove, anzi, il carattere topico dell'espressione è rafforzato dalla formula se' savio; intendi me'..., usuale, come osservano Flamini-Pompeati e il Barbi (Problemi I 202), nelle concioni del tempo.
Altre volte s. vale " esperto nell'arte ": Cv III X 8 l'opera di quello savio guerrero che combatte lo castello da uno lato per levare la difesa da l'altro. Quest'accezione risulta più evidente quando segue un complemento di limitazione: Fiore CXLVI 2 Se del giuoco d'amor i' fosse essuta / ben saggia; e così CXIV 8, CXCI 2. Anche " esperto del luogo, del cammino ": Pg IV 39 pur su al monte dietro a me acquista, / fin che n'appaia alcuna scorta saggia. " Edotto ", " informato ": V 30 Di vostra condizion fatene saggi.
Riferito a cosa, vale " che dimostra saggezza ", " dettato da saggezza ": Fiore XLVI 11 i' so la lezion tratutta a mente / ... ma già per me non è savia niente; Rime XLII 7 né per via saggia come voi non voco, non procedo come voi " per la via della saggezza ".
Bibl.-M. D'Andria, Dell'uso di " savio " e " saggio " nella D.C., in " Aspetti Letterari " VI (1968).