ṢAFAWIDI
AFAWIDI Dinastia musulmana sciita che regnò sulla Persia nei secoli X-XIII eg. (XVI-XVIII d. C.). Le sue origini, che essa faceva addirittura risalire a un ramo degli arabi ‛Alidi, si connettono con una famiglia stabilita già attorno al sec. XIV d. C. in Ardabīl (Persia nord-occidentale), la cui grande autorità religiosa, fondata sulla vita pia e sui vantati legami genealogici con la famiglia del profeta, finì con l'assumere anche deciso riflesso politico.
Fondatore della dinastia safawide è un Ismā‛īl, quarto discendente di quello shaikh Ṣafi ad-dīn che alla famiglia ha dato il nome (Ṣafawī, relativo-gentilizio di Safī, divenuto nelle fonti occidentali Safi o Sophi): egli riuscì ad affermarsi, appoggiandosi alle tribù turche dei Qizil-Bāsh, tra le varie fazioni disputantisi il potere in Persia sulla fine del sec. XV, al declinare della potenza degli Āq-Qoyūnlī: sconfitti questi nella decisiva battaglia di Shurūr (907/1502), egli pose la sua capitale a Tabrīz e di là procedette alla conquista della Persia orientale, che non tardò a strappare ai Tīmūridi e ai minori dinasti ivi insediati. Sotto Ismā‛īl si riformò così dopo nove secoli, l'unità politica della Persia, spezzata dal tempo della conquista araba, e il paese, unificato anche religiosamente con l'assunzione dello sciismo imāmita a religione di stato, ebbe un vigoroso impulso politico e culturale. Ismā‛īl stesso venne in guerra con la Turchia ottomana, e benché sconfitto a Ciāldirān (1514), poté serbare sostanzialmente intatto l'edificio unitario da lui costruito. Sotto il suo quarto successore, ‛Abbās I il Grande (1587-1629), la dinastia safawide e la Persia raggiunsero l'apogeo della potenza e dello sviluppo culturale, e i confini dello stato a oriente e occidente furono validamente difesi e ampliati. È di questo periodo la descrizione che della Persia, e in particolare della nuova capitale safawide Iṣfahān, ha lasciato il viaggiatore romano Pietro Della Valle.
Una lenta decadenza seguì al fausto e lungo governo di ‛Abbās il Grande; sotto il nipote e successore di lui, Ṣafī I, la Persia perdé definitivamente la Mesopotamia, conquistata dal sultano ottomano Murād IV (1638), ma il crollo della dinastia si ebbe rapido e improvviso solo nel 1722, allorché gli Afghāni insorti e impadronitisi di Harāh (Herāt) e di Mashhad assediarono e conquistarono Iṣfahān, deponendo lo scià Ḥusain. Un'apparente reviviscenza vi fu dieci anni dopo, allorché il turco Nādir Qūlī, il futuro Nādir Scià, cacciò gli Afghāni e restaurò, sotto il suo effettivo protettorato, il ṣafawide Ṭahmāsp II (1731); ma egli lo sostituì ben presto col figlio fanciullo Abbās III, e infine, nel 1148 eg., 1736 d. C., assunse personalmente titolo e funzione di scià, ponendo così fine alla dinastia che dapprima era sembrato volesse difendere e restaurare.
Grazie alle personalità superiori di Ismā‛īl e ‛Abbās, e non ostante lo scarso valore dei restanti sovrani, la dinastia ṣafawide ha segnato in complesso per la Persia un periodo di grande prosperità economica e politica, a cui si accompagnò un grande rigoglio artistico; di questo sono rappresentanti principali gli splendidi monumenti ṣafawīdi di Tabrīz, Ardabīl e Iṣfahān.
Scià ṣafawidi di Persia: Ismā‛īl I, 907-930/1502-1524; Ṭahmāsp I, 930-984/1524-1576; Ismā‛īl II, 984-985/1576-1578; Moḥammad Khudābandah, 985-995/1578-1587; ‛Abbās I, 985-1038/1587-1629; Ṣafī I, 1038-1052/1629-1642; ‛Abbās II, 1052-1077/1642-1667; Sulaymān I, 1077-1105/1667-1694; Ḥusain I, 1105-1138/1697-1722; Ṭahmāsp II, 1135-1144/1722-1731; ‛Abbās III, 1144-1148/1731-1736.
Bibl.: P. M. Sykes, History of Persia, 2ª ed., Londra 1921, II; S. Lane Poole, The mohammadan Dynasties, Londra 1894, pp. 255-56, 259; E. de Zambaur, Manuel de généalogie et chronologie pour l'histoire de l'Islam, Hannover 1927, p. 261.