SADAT (es-Sādāt, Anwar)
Uomo politico egiziano; nato il 25 dicembre 1918 a el-Menūfiyyah, nella regione del Delta, frequentò l'accademia militare del Cairo, dalla quale uscì, come ufficiale, nel 1938. Fervente nazionalista, simpatizzante per gl'ideali di rinnovamento islamico della Fratellanza musulmana, negli anni della seconda guerra mondiale fu fra coloro che in una vittoria delle forze dell'Asse videro la possibilità di scuotere il controllo della Gran Bretagna. Nel 1942 fu arrestato e internato dalle forze di sicurezza britanniche; fuggito dal campo d'internamento nel 1944, rimase latitante fino alla fine della guerra. Reintegrato nell'esercito, intorno al 1950 entrò in contatto con i "Liberi ufficiali" guidati da Nasser (v. 'abd an-násir) che nel 1952 diressero il colpo di stato. Membro del Consiglio del Comando della rivoluzione, fu dal 1957 al 1961 segretario generale del partito unico, l'Unione nazionale, dal 1961 al 1969 presidente dell'Assemblea nazionale, dal 1964 al 1967 e ancora dal dicembre 1969 vice presidente della Repubblica. In tale sua veste assunse i poteri di presidente alla morte di Nasser nel settembre 1970; e nell'ottobre fu confermato nella carica da un plebiscito popolare. S. dimostrò subito ottime doti di politico, nonché una notevole indipendenza di giudizio, che lo portò a modifiche radicalmente le linee tracciate da Nasser, rispetto al quale si rivelò più realista. Non esitò a fare uso dei grandi poteri riconosciuti al presidente dalla Costituzione, approvata con referendum popolare nel settembre 1971; tuttavia, pur non giungendo alla piena liberalizzazione del regime, mitigò notevolmente i controlli, consentendo il ritorno di numerosi fuorusciti, ammettendo una progressiva libertà di stampa e di critica, eliminando la censura; nel luglio 1975 annunciò la liberazione di migliaia di persone militanti in movimenti di destra e di sinistra imprigionate ai tempi di Nasser sotto varie accuse di natura politica; sia pure con prudenza, fu ammessa la costituzione di movimenti politici anche di opposizione. Aperto alla collaborazione con gli altri stati arabi, ma geloso degl'interessi egiziani, non esitò a frenare gli entusiasmi unitari della Libia di Gheddafi, dimostrandosi non disposto a pagare eventuali vantaggi psicologici e finanziari con la rinuncia alla piena autonomia nella condotta politica; lo stesso atteggiamento mantenne con l'Unione Sovietica, malgrado la firma (1971) dì un trattato quindicennale di amicizia e collaborazione. Un'abile preparazione politica e militare, condotta con una prudenza che fece sospettare un sostanziale disimpegno, gli consentì nell'ottobre 1973 di riproporre drammaticamente al mondo l'insoluto problema arabo-israeliano. Per quanto ridimensionato dal successivo svolgimento delle operazioni belliche, l'iniziale successo fu sentito dagli Arabi come una riaffermazione del loro onore dopo anni di umilianti sconfitte; l'embargo proclamato dai paesi produttori di petrolio sconvolse d'altronde l'economia dell'Occidente, inducendolo a premere su Israele. Con realismo, frenando gli eccessivi entusiasmi e resistendo agli oltranzisti, S. si accinse a sfruttare la vittoria per avviare, su posizioni di forza, trattative per una soluzione politica globale della questione; e si avvalse di ogni mezzo di pressione, dalla mediazione degli Stati Uniti, con i quali riallacciò rapporti diplomatici, agli atti di moderazione e buona volontà quali la riapertura del Canale di Suez, attuata senza particolari contropartite nel giugno 1975. Per uscire dalla posizione di stallo nella quale si trovava la questione arabo-israeliana, nel novembre 1977 non esitò a recarsi a Gerusalemme, in visita ufficiale in Israele. Il gesto clamoroso fu condannato dai paesi arabi più oltranzisti e accolto con imbarazzo da quelli moderati, ma consentì la ripresa di una fitta trama di contatti miranti alla soluzione del problema vicino-orientale.