RUVO (῾Ρύψ, Rubi)
Antico centro della Peucezia, corrispondente all'odierna Ruvo di Puglia in provincia di Bari.
Scarsi i dati topografici: dell'abitato antico non si sono ancora rinvenuti avanzi, ma numerose notizie di ritrovamenti di tombe ci permettono di localizzare la necropoli preromana alle falde della collina, proprio sotto la città medievale e moderna.
Abitata fin da età preistorica, come testimoniano ritrovamenti di manufatti silicei e di tombe a fossa di età neoeneolitica, R. comincia a fiorire nel VI sec. a. C., quando inizia l'importazione di prodotti greci, soprattutto ceramici, che continuerà per più di due secoli. I vasi più antichi importati sono prodotti corinzî e attici: tra questi ultimi i più rappresentati sono i vasi a figure nere dell'ultima fase. Contemporaneamente continuava la produzione locale di ceramica di tipo indigeno peucetico, iniziata forse già nel VII sec. a. C. e fortemente influenzata nella forma e nella decorazione, soprattutto nel periodo più antico, dalla ceramica dauna, sì da costituire quasi una classe a sé. Tra il V e il IV sec. R. raggiunge il culmine della sua floridezza. Ce lo testimoniano i complessi tombali, ricchi soprattutto di magnifici vasi attici a figure rosse, dagli esemplari di stile severo a quelli della fine del secolo. Tra la fine del V e gli inizî del IV sec. a. C., da altri alla metà del IV sec. a. C., è datata la nota pittura tombale del museo di Napoli che rappresenta una danza funebre.
In questo periodo di particolare splendore della vita della città potrebbe porsi l'importazione di quei magnifici prodotti di oreficeria, soprattutto fibule e collane, rinvenuti a R. e che, per caratteristiche stilistiche e tecniche, si avvicinano a gioielli simili rinvenuti in altre località dell'Italia meridionale. In alcuni di questi pezzi è chiaro lo stile ionico, come in una collana con pendenti a forma di testine femminili ora al museo di Taranto; altri, come la collana del museo di Napoli con pendenti a forma di ghiande, di fiori di loto, di maschere sileniche, lavorati a granulazione e a pulviscolo, mostrano un evidente influsso etrusco. Si è pensato a prodotti etruschi di importazione, databili al VII-VI sec. a. C. (Breglia): ma attualmente si propende per la tesi che si tratti di prodotti dell'area etruschizzata dell'Italia meridionale, creati verso la fine del VI sec. a. C. in officine locali (Becatti).
Alla fine del V sec. a. C. compaiono nelle tombe di R. i primi prodotti protoitalioti, con esemplari di notevole bellezza e nelle tombe del IV sec. predominano i vasi àpuli, soprattutto della corrente "monumentale". Sia per la qualità che per la quantità di questi prodotti, che hanno arricchito nel secolo scorso i musei di tutto il mondo, allo inizio del nostro secolo godette di grande favore la teoria, sostenuta soprattutto dal Macchioro e dal Patroni, che R. fosse il centro più importante di fabbricazione dei vasi protoitalioti ed àpuli. Questa teoria, ritenuta per molti anni sorpassata da molti studiosi di ceramica àpula (tra cui il Tillyard, la Moon, il Trendall), è oggi da riprendere in esame, perché, se non pare possibile dimostrare l'esistenza di una fabbrica ruvestina di vasi protoitalioti, pare invece assai probabile che a R. sia esistita, come in altri centri della Puglia antica, una fabbrica di vasi àpuli, forse specializzata nella produzione di una classe sola di questi vasi, come pare ormai dimostrato per Canosa. Ma queste supposizioni aspettano conferma, per R., da scavi scientificamente condotti.
Intorno al 300 a. C. si iniziò a R. la coniazione di monete d'argento e di bronzo con tipi tarantini. Da queste monete apprendiamo il nome di R. preromana, ῾Ρύψ, e il nome dei suoi abitanti, ῾Ρυβαστεῖνοι. La monetazione in bronzo durò fino al 200 a. C. circa.
In età romana Rubi è nominata da Orazio che vi fece tappa nel suo viaggio da Roma a Brindisi (Sat., i, 5, 94); i suoi abitanti, Rubustini, sono ricordati da Plinio (Nat. hist., iii, 105) e il suo territorio, ager Rubustinus, è menzionato nel Liber Coloniarum. Dopo l'apertura della via Traiana divenne una stazione di questa (Itin. Anton., 116; Itin. Hieros., 610). Un'iscrizione con dedica all'imperatore Gordiano III, rinvenuta nel 1793 nel centro della città moderna, ci testimonia che R. fu municipio ed ebbe un suo collegio di Augustales (C.I.L., ix, 314).
Scarse notizie si hanno di essa per tutto il periodo del basso impero, delle invasioni barbariche e della lunga dominazione bizantina.
La Collezione Jatta. - È questa una delle più importanti collezioni private di ceramica antica attualmente esistenti. Il nucleo più cospicuo si formò nel secolo scorso, dal 1820 al 1835, ad opera di Giovanni Jatta senior (1767-1844), autore anche di una importante monografia su R., per acquisto dei prodotti degli scavi clandestini che con particolare intensità venivano condotti in quegli anni nella ricchissima necropoli ruvestina. L'opera dello zio fu continuata da Giovanni Jatta iunior (1832-1895), che incrementò abbondantemente la collezione e ne compilò il catalogo, pubblicato a Napoli nel 1869. In esso sono enumerati ben 2266 oggetti archeologici, per la maggior parte vasi. La notevole collezione numismatica, che tra l'altro comprendeva tutti i tipi conosciuti delle monete antiche ruvestine, fu rubata nel 1915; per il resto la consistenza della collezione non è quasi variata. Il grande pregio della Collezione latta sta, oltre che nella qualità quasi sempre eccezionale dei pezzi raccolti, anche nella sua omogeneità: la maggior parte degli oggetti si riferiscono ai secoli V e IV, e provengono da scavi di R. o di località vicine. Poco rappresentata è nella collezione la ceramica d'importazione greca del VI sec. a. C., con prodotti corinzî e attici.
Molto interessanti sono alcuni vasi d'imitazione dei prodotti ionici e corinzî del VI sec. a. C., che ripropongono il problema, ancora insoluto, della ubicazione delle fabbriche. Ma particolarmente importante, anche dal punto di vista storico, è l'abbondante presenza di ottima ceramica attica a figure rosse, rara altrove in Puglia e rara anche a Taranto, ulteriore testimonianza degli intensi rapporti commerciali che si erano stabiliti nel V sec. a. C. fra l'Attica e varî centri della costa adriatica d'Italia. Numerosi sono i vasi attribuiti al Pittore di Meidias, fra cui il bellissimo aröballos col mito di Thamyris. La gemma della collezione è il magnifico cratere attico con la raffigurazione del mito di Talos, (v. talos, pittore di, Tav. a colori) del primo ventennio del IV sec. a. C.
Tra i primi vasi protoitalioti, numerose opere dei Pittori di Pisticci, di Amykos, di Sisiphos. Al Pittore di Amykos è attribuito il cratere con la rappresentazione del mito di Fineo. Il monogramma HE, leggibile su di esso, indusse lo Hauser a formulare l'ipotesi che il centro di fabbricazione di questi primi prodotti protoitalioti fosse stato ad Eraclea). La ceramica àpula del IV sec. a. C. è rappresentata dai grandi crateri con scene mitologiche (tra cui quelli col combattimento tra Eracle e Cicno, col mito di Teseo e Piritoo, con amazzonomachia e morte dei Niobidi), dai vasi con scene funerarie, dai vasi con la rappresentazione di scene fliaciche, tra cui il noto cratere con Circe, Ulisse ed Elpenore e un rhytòn a forma di coccodrillo divorante un piccolo negro.
Eccezionale per quantità, qualità e varietà dei soggetti è la collezione dei rhytà, che comprende centinaia di esemplari sia attici che àpuli e che costituiva l'orgoglio del fondatore della collezione (v. rhyton).
La raccolta comprende anche bronzi e statuette fittili, per lo più di fabbricazione locale.
Bibl.: Opere generali: G. Jatta, Cenno storico sull'antichissima città di Ruvo nella Peucezia, 1a ed., Napoli 1844; 2a ed., Ruvo 1929; F. Jatta, Sintesi storica della città di Ruvo, Ruvo 1930; Philipp, in Pauy-Wissowa, I A, 1920, c. 1161 ss., s. v. Rubi; M. Mayer, Apulien vor und während der Hellenisïerung, 1161 ss., s. v. Rubi; M. Mayer, Apulien vor und während der Hellenisïerung, Lipsia 1914, p. 80. Ori ruvestini: L. Breglia, Catalogo delle oreficerie del Museo Nazionale di Napoli, Roma 1941, p. 25; G. Becatti, Oreficerie antiche, Roma 1955, p. 73. Vaso di Talos: J. D. Beazley, Red-fig., p. 845, n. i; G. M. A. Richter, Attic Red-figured Vases, New Haven 1946, p. 150. Collezione Jatta: G. Jatta, Catalogo del Museo Jatta, Napoli 1869; M. Jatta, La Collezione Jatta e l'ellenizzamento della Peucezia, in Japigia, III, 1932, p. 1-33; 241-282. Problema della fabbrica ruvestina di ceramica: G. Patroni, Ceramica antica dell'Italia Meridionale, in Atti Acc. Napoli, 1897, p. 133; C. Picard, Fin de la céramique peinte en Grande-Grèce, in Bull. Corr. Hel., XXXV, 1911, p. 181; V. Macchioro, in Röm. Mitt., 1912, p. 167 ss.; E. M. W. Tillyard, The Hope Vases, Cambridge 1923, p. 11; N. Moon, Some Early South Italian Vase-Painters, in Papers Brit. Sc. Rome, XI, 1929, p. 48; A. D. Trendall, Vasi Antichi del Vaticano, Città del Vaticano 1954, I, p. 3, nota 4. Tomba di Ruvo: F. Weege, Oskische Grabmalerei, in Jahrbuch, XXIV, 1909, pp. 124-125, fig. 12; A. Majuri, La pittura romana, Ginevra 1953, p. 17; M. Napoli, Pittura antica in Italia, Bergamo 1960, p. 7; F. Bertocchi, Le danzatrici della tomba di Ruvo, in Riv. Ist. Arch. St. Arte, N. S., XI, 1963, p. 10; F. Timé-Bertocchi, La pittura funeraria apula, Napoli 1964, p. 34 s. Ritrovamenti preistorici a Ruvo: A. Jatta, La Puglia preistorica, Bari 1914, passim. Monete di Ruvo: B. V. Head, Historia numorum, Oxford 1911, p. 40.