BENINCASA, Rutilio
Nacque a Torzano (Cosenza) nel 1555 e morì, non sappiamo dove, verso il 1626.
Scarse le notizie biografiche che possediamo: la data di nascita viene desunta dall'iscrizione che si trova sotto il ritratto annesso alla prima edizione del suo Almanacco perpetuo, che vide la luce a Napoli, per Giovanni Iacopo Carlino e Paci, nel 1593 e fu dedicato a un Pompeo della nobile famiglia cosentina dei Sersale.
La data di morte è indicata solo dallo Spiriti. La passione con la quale il B. si diede agli studi di astronomia, per i quali pare fosse singolarmente dotato, è documentata dall'esattezza dei suoi cal'coli, specialmente in materia di eclissi e di fasi lunari. D'altra parte la rozzezza
e la scorrettezza della sua lingua e l'eterogeneità della sua dottrina attestano mancanza di cultura letteraria e di precisi orientamenti teorici, e autorizzano l'ipotesi che egli fosse un autodidatta. C'è però chi gli attribuisce, con il Mongitore (Bibliotheca Sicula, II, Panormi 1714, p. 213), un soggiorno in Sicilia e un periodo di servizio presso S. Ansaloni, astronomo palermitano. All'Ansaloni verrebbe così attribuito l'avviamento dei B. allo studio dell'astronomia, nonché la paternità dell'Almanacco perpetuo; ma la notizia non risulta attendibilmente motivata. Una voce popolare, raccolta dal Sabatini nel secolo scorso, e riferita dal Di Francia, in provincia di Reggio Calabria, rappresenta il B. fuggiasco di convento in convento: su questa base, in verità esigua, è stata da taluni avanzata l'ipotesi che egli fosse perseguitato dall'autorità civile, forse per aver partecipato alla congiura di Campanella. Certo è che la figura di questo solitario dilettante di astronomia e astrologia, che probabilmente non si asteneva dall'applicazione pratica del suo sapere, ben presto ascese al rango di autorità dotata di poteri soprannaturali.
Il nome del B. è infatti associato a un ricco filone di leggende e tradizioni diffuse, con varianti, per tutta la Calabria e anche altrove. Secondo una di queste leggende, raccolta a Roma, egli sarebbe stato prima iniziatore alla cabala, poi vittima di Sisto V, il quale voleva restare unico depositario dei segreti che il calabrese gli avrebbe rivelato. Un'altra serie di leggende attribuisce a "Rotilio" un esperimento di richiamo in vita inteso a svelare i misteri dell'oltretomba (ov'è da sottolineare una precisa analogia con una leggenda bretone dove scopo dell'esperimento è il conseguimento dell'immortalità) e fallito per la negligenza di un servo. Qui ogni traccia di individuazione storica è scomparsa: il B. diventa una delle tante incarnazioni del prototipo dello stregone, il protagonista di una leggenda fiorente in vari paesi europei e riferita a una serie di personaggi diversi, da Virgilio a Ruggero Bacone a Paracelso ad Agrippa di Nettesheim.
Al B. il Minieri-Riccio ascrive, oltre a una raccolta di prose e rime manoscritte, una Fisonomia naturale dell'uomo e della donna con aggiunte di Ottavio Beltrano, Napoli 1632: breve trattato, desunto dall'opera omonima attribuita ad Aristotele sull'arte di riconoscere i caratteri dell'animo dai tratti del viso, che spesso fu associata alla chiromanzia. Ma l'opera, a cui la fama del B. anche come astrologo e mago, oltre che come astronomo, resta maggiormente legata, è l'Almanacco perpetuo, opera molto utile e dilettevole a qualunque persona ("e particolarmente ad astrologi, fisonomici, medici, fisici, chirurgi, barbieri, distillatori, alchimisti, agricoltori, pittori, nocchieri... e qualunque altra persona curiosa" come specificò più tardi il Beltrano nelle edizioni da lui curate).
Essa appartiene al periodo più tardo di quella letteratura di eferneridi o almanacchi largamente diffusa in Europa per tutto il sec. XVI che comprendeva, oltre alle tavole astronomiche e ai dati variabili necessari alla compilazione del calendario, anche un pronostico metereologico, completato dall'indicazione dei tempi più opportum per i diversi lavori agricoli, un calendario ecclesiastico (oppure una serie di dati necessari alla compilazione di esso), un calendario medico (indicazione dei tempi opportuni per purghe, bagni e salassi, precetti di dietetica per i vari periodi dell'anno, ecc.), una rosa dei venti, e vari elementi astrologici atti a prevedere avvenimenti fausti o infausti. Da questo tipo di letteratura l'Almanacco del B. si distingue tuttavia per il suo carattere di perpetuità, basato sul ricorso di un ciclo di diciannove anni, per una accentuata pretesa di completezza (esso contiene elementi di cosmologia, cosmografia e cronologia; tratta della misura della terra e delle sfere, dell'origine dei fenomeni meteorologici, delle varie epoche e della loro durata, della prevedibile durata del mondo, ecc.), e soprattutto perché l'astronomia è soltanto considerata come una premessa teorica dell'astrologia, della quale il B. intende fornire un manuale. Si può distinguere, pur nella confusione che domina la distribuzione degli argomenti, una parte di tecnica astrologica (modo per sapere quale pianeta domina l'anno, natura e vis dei segni dello zodiaco e dei pianeti, significato dei pianeti nelle diverse case, significato dell'aureo numero, celeste figura dei pronostici) e una parte di applicazioni e consigli pratici (influsso dei pianeti sui metalli, rapporto tra gli alberi da frutto e le immagini dello. zodiaco, tavole dei giorni infausti, ecc.).
La bolla di condanna, dalla quale l'astrologia (e specialmente l'astrologia giudiziaria in quanto repugnante alla dottrina del libero arbitrio) era stata colpita ad opera di Sisto V, e che spiega in parte il decadere e il rarefarsi di questo tipo di letteratura in Italia verso la fine del secolo, è anteriore di appena sette anni alla data della prima edizione dell'Almanacco. Questo spiega la preoccupazione dell'autore di distinguere la "sincera astrologia naturale" dalle "varie fantasie di Caldei, Arabi, Giudei"; e la sua dichiarazione preventiva che "i pianeti celestiali inclinano e non forzano le genti ma all'uomo sta a fare bene e mali col suo liber'arbitrio alto e possente". Tuttavia l'uso che il B. fa dell'astrologia giudiziaria nel campo delle nativitates avrebbe potuto allarmare un censore ecclesiastico: egli infatti non si limita alla determinazione degli influssi celesti riguardo alle infermità fisiche (uno degli usi legittimi dell'astrologia), ma fornisce gli elementi per redigere veri e propri oroscopi individuali in base alla divisione dello zodiaco nelle tradìzionali dodici case. C'è da notare a questo proposito che il metodo che è stato seguito dal B. nel dividere lo zodiaco è quello comunemente attribuito a Tolomeo: il B. sembra ignorare le discussioni sorte nella prima metà del secolo fra i sostenitori di questo metodo e i fautori del metodo desunto dagli Arabi, che Regiomontano chiamava metodo razionale. L'autorità di Tolomeo domina indiscussa per tutta l'opera; le tavole astronomiche, per esempio, sono basate sui canoni di Tolomeo, per quanto anche in Italia il Magini avesse pubblicato da tempo efemeridi basate sui canoni copernicani.
Ma gli elementi che maggiormente in quest'opera colpirono l'attenzione di un antico lettore della copia posseduta dalla Biblioteca Nazionale di Firenze non erano tanto gli oroscopi individuali, ma le previsioni circa la durata del mondo e soprattutto certe regole per arrivare a scoprire, in base ad alcuni calcoli matematici, se un nascituro fosse maschio o femmina, se morisse prima il marito o la moglie, e così via: nella suddetta copia tutte queste parti sono state, infatti, accuratamente cancellate, come se il lettore nutrisse nei confronti dei B. sospetti di eterodossia.
Il libro incontrò una fortuna singolare, tanto nell'originale, quanto soprattutto nelle varie edizioni curate da Ottavio Beltrano. Il Beltrano si limitò in un primo tempo a "ripubblicare l'Almanacco insieme alla Fisonomia aggiornandone i calcoli astronomici, correggendone i dati cronologici, aggiungendovi di sua penna "molte e varie curiosità" (cfr. l'edizione napoletana dei 1639);ma in seguito lo rielaborò completamente, ora ampbando, ora tagliando, spostando, parafrasando il testo, e dando alla materia una sistemazione quadripartita di cui non si riscontra traccia nell'originale (cfr. l'edizione dei 1647).Alle quattro parti in cui l'Almanacco risultò diviso ("nella prima si tratta il far della luna, eclissi, comete, erigere la celeste figura, li pronostichi, la fisonomia; nella seconda della elezione, medicina, vene, arterie, sagnia, cauteri, bagni e il metodo di mantenersi sano; nella terza il coltivar la terra, governar giardini, piantare ed incalmare gli alberi che non si tarlino; nella quarta l'arte del navigare tanto nel polo artico quanto nell'antartico e un trattato sulli venti...") il Beltrano aggiunse una quinta parte aritmetica che è interamente opera sua; ma già nella seconda, terza e quarta parte le sue aggiunte quasi soverchiano il testo del Benincasa.
Se nella stesura originale l'opera aveva avuto diverse edizioni a Napoli e a Venezia, la rielaborazione del Beltrano ebbe, secondo una sommaria enumerazione fatta dal Riccardi (cfr. Bibl. matem. ital., Modena 1870, coll. 113-115), oltre trenta ristampe. Tuttavia l'elenco del Riccardi si ferma al 1820, mentre l'opera continuò ad essere pubblicata almeno fino al 1870. Ad opera dei Beltrano l'Almanacco perse la sua impostazione astrologica per diventare una specie di repertorio di varie notizie utili o curiose, ma continuò ad essere molto ricercato dagli appassionati di scienze occulte e in particolare dai giocatori del lotto, i quali ritenevano che esso contenesse i misteri della cabala e andavano perciò alla ricerca di una chimerica edizione dei 1550 che supponevano non espurgata dalla congregazione dell'Indice. Ancor oggi si pubblicano, sotto il nome del B, smorfie, cabale responsive, astrologie cabalistiche, ecc., che promettono di svelare il metodo di vincere al lotto.
Bibl.: S. Spiriti, Memorie degli scrittori cosentini, Napoli 1750, pp. 122-123; C. Minieri Riccio, Notizie biogr. e bibl. degli scrittori napoletani fioriti nel sec. XVII, Napoli 1877, p. 23; L. Di Francia, La fiaba di Rotilio, in Mélances de philologie, d'histoire et de littérature offerts à Henri Hauvette, Paris1934, pp. 31-42.
Per la storia delle edizioni dell'Almanacco, cfr. B. Boncompagni, Intorno a un trattato d'aritmetica stampato nel 1478, in Atti d. Accad. pontificia dei Nuovi Lincei, XV (1862-63), pp. 608-626, 952-962.