RUHMKORFF o Rühmkorff (scritto anche erroneamente Rhumkorff e Rumkorff) Heinrich Daniel
Elettromeccanico, nato in Hannover il 15 gennaio 1803, morto a Parigi il 20 dicembre 1877; dopo essersi avviato quale meccanico di precisione, si recò nel 1825 a Parigi e si occupò presso Charles Chevalier, costruttore di apparecchi. Nel 1840 impiantò un'officina propria per costruzione di apparecchi elettrici ed elettromeccanici. Da questa officina, fra gli altri prodotti, uscì un galvanometro, perfezionamento esecutivo di quello del Nobili, che ebbe molta rinomanza per la sua perfetta esecuzione. Indi incominciò la fabbricazione dei rocchetti d'induzione che portano il suo nome (v. oltre). Nel 1855 i suoi apparecchi, all'esposizione mondiale, gli valsero la medaglia di prima classe, e indi la croce della Legion d'onore. Nel 1864, per i successi ottenuti nella costruzione e diffusione commerciale del suo rocchetto, ebbe il premio Volta di 50 mila franchi. La sua fabbrica s'ingrandì progressivamente, e si trasformò dando origine agli Ateliers J. Carpentier, che tuttora esistono.
Il rocchetto di Ruhmkorff (tedesco Ruhmkorff Induktionsapparat; gli anglo-americani hanno la sola dicitura induction coil, con significato alquanto più generico). - M. Faraday, avendo scoperto le correnti indotte nel 1831, descrisse l'anno successivo un dispositivo mediante il quale, interrompendo ripetutamente il circuito di un solenoide avvolto con molte spire intorno a un nucleo, si potevano ricavare tensioni elevate nell'estracorrente di apertura. Quasi contemporaneamente in America, J. Henry, che aveva scoperto per proprio conto il fenomeno dell'induzione indipendentemente da Faraday, costrusse un analogo dispositivo. Proseguendo su questa via, dei rocchetti d'induzione per dare scosse e ottenere scintille di parecchi millimetri furono costruiti da C. G. Page, da Sturgeon, e da Callan, fino a che quest'ultimo realizzò l'idea di un rocchetto con due avvolgimenti distinti, che fu il vero precursore di quello di R. Nuovi perfezionamenti furono apportati ancora da Page e da altri inventori, fra cui Abbot, Wagner, Neef, e soprattutto da Henley e da Masson e Bréguet (1842). Nel 1851, facendo tesoro delle ricerche compiute da questi due ultimi, R. nella sua officina elettromeccanica a Parigi, mise a profitto la sua abilità di costruttore per iniziare la fabbricazione regolare dei rocchetti d'induzione per uso scientifico e medico. Gli apparecchi costruiti fino allora soffrivano di una limitazione: all'atto di ogni interruzione, la corrente primaria, per quella inerzia elettrica a cui si dà il nome di autoinduzione, si prolungava come scintilla attraverso i contatti dell'interruttore, e dissipava ivi la sua energia; e la conseguenza era un affievolito effetto d'induzione nel secondario, e un deterioramento rapido dei contatti, anche se costruiti di platino. Nel 1853 Fizeau insegnò a superare definitivamente questa limitazione, mettendo in parallelo fra i poli dell'interruttore un condensatore; la funzione di questo è di offrire un passaggio deviato, attraverso cui la corrente può continuare a fluire per un momento quale corrente dielettrica; si evita così il "colpo d'ariete", e ciò permette ai contatti dell'interruttore di distaccarsi senza scintilla; quando la reazione del condensatore è arrivata al punto di fermare la corrente, l'interruttore è già sufficientemente aperto perché la scintilla non possa più scoccare; e per l'azione combinata della capacità e della autoinduzione avviene un ritorno di corrente primaria eventualmente seguito da oscillazioni rapide; in ogni caso gli effetti dell'interruzione non subiscono affievolimento. Fu merito di R. lo studiare accuratamente la capacità appropriata del condensatore in relazione alle dimensioni del rocchetto; e il realizzarlo usando come armatura tanti fogli di stagnola e come dielettrico altrettanti fogli di carta impregnati di gommalacca. Un altro ostacolo alla costruzione di induttori per tensioni sufficientemente elevate erano le scintille di corto circuito che scoccavano nel secondario, fino allora eseguito con filo di rame solamente isolato con uno o due strati di seta. R. superò anche questa difficoltà impregnando di gommalacca anche l'avvolgimento secondario, e separandone accuratamente gli strati uno dall'altro per mezzo di carta laccata. Risolvendo così accuratamente questi ed altri quesiti esecutivi che si presentavano per la costruzione di apparecchi d'induzione veramente efficaci e pratici, R. era riuscito circa il 1855 a fabbricare industrialmente e a diffondere una serie di rocchetti d'induzione secondo un tipo generale pressoché unico, che è rimasto si può dire normale anche ai giorni nostri; per cui a buon diritto tali apparecchi portano il suo nome. L'uso del rocchetto di R. divenne generale nei gabinetti di fisica e per le applicazioni elettromediche.
Essenzialmente il rocchetto di R. è una bobina contenente un nucleo diritto di fili di ferro, e coperta con due avvolgimenti; quello primario, comprendente poche spire di filo grosso, fa parte del circuito che contiene il generatore di elettricità (in quei tempi, una batteria di pile di pochi elementi) e l'interruttore automatico, col condensatore derivato fra i poli di esso; l'avvolgimento secondario è formato di moltissime spire di filo sottile, e in esso, ad ogni interruzione e a ogni ripresa del primario, si genera una corrente indotta ad alta tensione. L'interruttore deve aprire e chiudere automaticamente il circuito principale molte volte al secondo. Negli apparecchi originarî di R. di piccolo modello, come anche nei più semplici fra i moderni, l'interruttore veniva messo in azione per via magnetica dal nucleo stesso del rocchetto. Questi piccoli apparecchi, di 10 o 20 cm. di lunghezza, destinati a produrre scintille di qualche millimetro avevano ed hanno semplicemente un interruttorino a martello, con contatti di platino, e questo interruttore agisce come il martelletto di un campanello elettrico, ma fa qualche decina di vibrazioni al secondo.
Per rocchetti di importanza maggiore, questo dispositivo era inadeguato, e il R. metteva in opera allora un interruttore oscillante la cui punta di platino si immergeva alternativamente in un bagno di mercurio coperto da un liquido isolante protettore; questo interruttore, era azionato talvolta dal nucleo del rocchetto, talaltra da un elettromagnete indipendente; ma in ambo i casi non poteva fare che relativamente poche interruzioni al secondo. Con questo secondo dispositivo furono costruiti rocchetti di dimensioni ragguardevoli che davano scintille di parecchi decimetri. Questi apparecchi trovarono largo impiego nei gabinetti di fisica, per ricerche spettroscopiche e per molteplici indagini sulle scariche nei gas rarefatti, donde la scoperta dei raggi catodici e di tutti quei fenomeni che hanno condotto successivamente alla fisica atomica moderna. Ma un'altra grande importanza tecnica hanno avuto questi apparecchi, perché attraverso di essi furono posati e risoluti i primi problemi sugli isolamenti per alte tensioni; e fu appunto in questo campo che la valentia del R. si affermò.
Presto altri costruttori rivaleggiarono col R.; e fra essi Klingelfuss di Basilea, che con rocchetti di grandi dimensioni, in cui lo sviluppo del filo secondario raggiungeva decine di chilometri, arrivò a ottenere scintille di oltre un metro.
Perfezionamento ulteriore fu l'uso d'interruttori mossi a motore fra cui il più progredito, per rocchetti di grande potenza, è l'interruttore a turbina in cui due getti di mercurio che ruotano fanno contatto alternativo con due piastre di metallo fisse. E nell'isolamento, una limitazione ulteriore fu superata (per la prima volta dal R. stesso) eseguendo il secondario a sezioni staccate; artificio che è stato poi applicato normalmente nei trasformatori moderni.
Nel 1893 e negli anni successivi il rocchetto di R. poté segnare al proprio attivo l'applicazione alla generazione delle onde hertziane, che alcuni anni dopo ebbe applicazione industriale alla radiotelegrafia con onde smorzate. Sostituita questa quasi interamente con la radiotrasmissione a onde persistenti, il rocchetto ha pressoché perduto questo campo di uso. Un'altra importante applicazione si è avuta nella generazione dei raggi X; e nonostante che ivi, per le potenze maggiori siano sorti molti apparecchi concorrenti e più efficaci, l'uso del rocchetto di R. è ancora grandissimo. E ricordiamo che anche il rocchetto di Tesla è una derivazione di quello di R., un adattamento di esso per le frequenze altissime.
Un accessorio importante, ideato nel 1899, fu l'interruttore elettrolitico di Wehnelt, consistente essenzialmente in una coppia di elettrodi fra loro affacciati in una soluzione acida; un elettrodo è una lastra di piombo e l'altro è una punta di platino emergente da un tubo di vetro per effetto delle bolle di gas e di vapore che si generano ritmicamente, si arriva con questo dispositivo efficacemente fino a 1000 interruzioni per secondo. Questo interruttore viene ancora molte volte adoperato in concorrenza con quelli meccanici.
Altri moderni perfezionamenti, nei grandi rocchetti, sono stati il costruire il nucleo con lamierino invece che con fili, e l'avere standardizzato i dati esecutivi dell'avvolgimento: il secondario si costruisce ora di preferenza in 3 o 4 sezioni.
La conformazione generale che si è mantenuta è sempre quella cilindrica con nucleo diritto, e quindi a circuito magnetico aperto. Si può domandare se per aumentare l'efficienza può convenire fare il nucleo a circuito magnetico chiuso anziché aperto: ciò converrebbe di fatto se la corrente primaria fosse alternativa; ma poiché nell'apparecchio tipico la corrente è interrotta e non invertita, il magnetismo del nucleo chiuso permarrebbe dopo la soppressione della corrente primaria, e l'effetto d'induzione si perderebbe in gran parte.
Per questo, cioè per assicurare l'azione smagnetizzante ad ogni interruzione, è necessario che il circuito magnetico sia aperto: resta solo da vedere se non sarebbe da preferire una costruzione tale da avere semplicemente un intraferro piccolo. È probabile che l'ultima parola in fatto di costruzione razionale dei rocchetti di R. non sia stata detta ancora, e che la disposizione d'insieme nell'avvenire possa differire da quella tradizionale.
Bibl.: F. A. Fleming, The Alternate Current Transformer, II, Londra 1893, cap. 1°; E. Taylor Jones, The theory of the induction coil, Londra 1921.