PANEBIANCO, Ruggero
PANEBIANCO, Ruggero. – Nacque a Messina il 2 giugno 1848, da Letterio, costruttore, e da Francesca Causton, di origini inglesi. Rimasto orfano all’età di sei anni di entrambi i genitori, morti a causa dell’epidemia di colera che colpì Messina tra l’agosto e il settembre 1854, crebbe a Malta, dove venne educato presso il Malta protestant college.
Nel 1866 fu tra gli uomini del 2º reggimento volontari italiani che seguirono Garibaldi nella campagna militare in Trentino durante la terza guerra d’Indipendenza e venne fatto prigioniero dagli austriaci a Bezzecca. Sostenne Garibaldi anche nell’impresa militare della Campagna romana del 1867, al termine della quale si trasferì in Inghilterra. Per mantenersi, svolse umili lavori e insegnò la lingua italiana.
Tornato a Messina, iniziò gli studi universitari e, poco dopo, divenne direttore di una miniera a Ragusa; il contatto con le dure condizioni lavorative dei minatori sviluppò in lui idee politiche radicali, che avrebbe mantenuto tutta la vita. Passò poi all’Università di Roma, dove studiò chimica con Stanislao Cannizzaro e mineralogia con Giovanni Struever, fondatore nel 1876 della moderna scuola mineralogica italiana. Dopo la laurea, nel 1878 divenne assistente e libero docente di mineralogia nell’Ateneo romano.
Il suo settore di studio, la chimica cristallografica, attraversava all’epoca una fase di intenso sviluppo. La scuola mineralogica italiana era rappresentata, fondamentalmente, da due studiosi: Arcangelo Scacchi e Quintino Sella. Con quest’ultimo, Panebianco mantenne rapporti di stima reciproca, sebbene avessero posizioni politiche molto distanti. Sella, nonostante i suoi impegni nelle alte cariche pubbliche, incoraggiò Panebianco durante i suoi studi a Roma e lo sostenne in ambito accademico, presentandone i lavori all’Accademia dei Lincei, e Panebianco rimase sempre un ammiratore del rigore scientifico di Sella.
Le prime Note cristallografiche e chimiche di Panebianco (in Atti R. Accademia dei Lincei, s. 3, II [1877-78], pp. 163-168) riguardarono la preparazione chimica e la caratterizzazione fisica e mineralogica di composti organici derivati dell’alcol benzilico (scoperto nel 1853 da Cannizzaro), di cui tracciò anche le forme geometriche e le proiezioni stereografiche. L’Accademia dei Lincei si espresse favorevolmente nei suoi confronti «rallegrandosi di veder sorgere un nuovo cultore della scienza cristallografica» (Gazz. Uff. Regno d’Italia, n. 59, 12 marzo 1878, pp. 961 s.). Ancora negli Atti dei Lincei (s. 3, III [1878-79], pp. 292-300) uscì Sulla forma cristallina di alcune sostanze della serie aromatica, preparategli da Wilhelm Körner, già assistente di Cannizzaro e professore di chimica organica a Milano.
Negli anni di permanenza a Roma Panebianco si occupò anche di geologia, disciplina che, in seguito, abbandonò quasi completamente. Nel lavoro Antologia su di alcuni scritti del sig. Paolo Mantovani: raccolta fatta [...] per servire di schiarimento all’articolo “Descrizione geologica dei Monti laziali” (Roma 1878), con il quale diede inizio a un’aspra polemica con Mantovani – professore di mineralogia e geologia nel Regio Istituto tecnico di Roma e autore di alcuni lavori sulla geologia dell’area romana – iniziò a dare prova di un suo particolare interesse per l’attività di revisione scientifica, mettendo in luce la sua vena critica e, talvolta, polemica. Nel 1879 si dedicò agli aspetti geologici del territorio umbro. Alla Reale Accademia dei Lincei, Sella presentò la sua nota Sui monti del comune di Narni (in Atti della R. Accademia dei Lincei, s. 3, IV [1879], pp. 42 s.), contenente una serie di osservazioni stratigrafiche e determinazioni tassonomiche su alcuni esemplari di ammoniti.
Nel 1881 instaurò con Francesco Mauro, chimico, assistente di Cannizzaro alla cattedra di chimica, mineralogia e geologia presso la Scuola d’applicazione per gli ingegneri di Roma, una collaborazione che si prolungò alcuni anni e interessò gli aspetti mineralogici del molibdeno e del berillo. Insieme, i due ricercatori ottennero il biossido di molibdeno, dimostrando il suo isomorfismo con i biossidi del gruppo del rutilo (Biossido di molibdeno, in Atti della R. Accademia dei Lincei. Memorie della classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, s. 3, IX [1881], p. 7). Un breve ma fondamentale Studio sui fluossisali e fluosali di molibdeno (in Atti R. Accademia dei Lincei. Transunti, s. 3, VI [1881-82], pp. 205 s.) venne presentato ai Lincei dallo stesso Cannizzaro, nel 1882.
Questi argomenti sarebbero stati ripresi, molti anni dopo, dal figlio di Panebianco, Gino, il quale, in collaborazione con Carlo Adamoli, giunse a realizzare brevetti industriali per l’estrazione dell’ossido di berillio dai minerali nativi e per la realizzazione di leghe leggere di berillo-alluminio-magnesio utilizzate nell’industria aeronautica e nella nascente tecnologia atomica.
Nel 1882, quando Giovanni Omboni ottenne per la facoltà di geologia dell’Università di Padova la separazione degli insegnamenti di geologia e di mineralogia, allineando l’ordinamento degli studi dell’Ateneo a quello delle altre Università, Panebianco vinse il concorso per la cattedra di mineralogia. Trasferitosi a Padova, ottenne anche l’incarico di direttore del Museo di mineralogia. Diventò professore ordinario nel 1892.
L’attività scientifica a Padova proseguì nell’ambito della mineralogia e cristallografia applicata, con lo studio sulle tecniche di disegno dei cristalli, ideando, con Giuseppe Bartalini, metodi grafici e matematici di risoluzione dei problemi cristallografici.
Dimostrò l’importanza delle ricerche cristallografiche nell’ambito della biologia, studiando prodotti organici di origine animale e individuando, tra l’altro, il comportamento biassico della cheratina (Studio ottico-cristallografico della cheratina, in Riv. min. crist., XVII [1897], pp. 17-36); stabilì i caratteri di birifrangenza della seta (Nota sulla birifrangenza della seta, ibid., XV [1896], pp. 57-61) e scoprì la natura dei cristalli di molecole proteiche entro cui sono inclusi virus, in particolare in una poliedrosi del baco da seta Bombyx mori, conosciuta in passato con il nome di giallume (Sui cristalli del giallume, ibid., XIV [1895], pp. 81-91). Queste ricerche derivarono da una collaborazione con la prima Stazione bacologica sperimentale, sorta a Padova nel 1871 e diretta dall’entomologo Enrico Verson.
Come direttore del Museo di mineralogia, contribuì al progresso delle conoscenze della mineralogia della regione veneta (Celestina del vicentino, Padova 1884). Nel 1887 fondò a Padova, e ne divenne direttore, la Rivista di mineralogia e cristallografia italiana (attiva fino al 1916), sulla quale pubblicò gran parte dei suoi numerosi lavori, quasi tutti incentrati su un rigoroso metodo di classificazione mineralogica, in sostituzione dell’aspetto descrittivo in uso fino ad allora.
Oltre a una serie di prestigiose comunicazioni dei più importanti mineralogisti e cristallografi italiani, la rivista raccolse importanti lavori geologico-petrografici, soprattutto sull’area euganea (per es. G. Dal Piaz, Studi geologici petrografici intorno ai Colli Euganei, XVI [1895], pp. 49-69), e una ampia serie di revisioni bibliografiche e commenti a lavori scientifici, redatte con la consueta vivacità da Panebianco, il quale anche nella mesta occasione dei necrologi di Giuseppe Meneghini e di Giuseppe Seguenza (V [1889], pp. 89-93, pp. 93- 95) non si sottrasse dal mettere in evidenza il suo ateismo e il suo spirito critico, ribadendo un concetto da lui spesso evocato: la scarsa conoscenza della mineralogia da parte dei geologi.
Nel 1904, con la collaborazione del suo assistente Edoardo Billows, pubblicò la seconda edizione dell’importante Trattato di cristallografia morfologica (I ed., Padova 1887).
Nel 1923, raggiunti i limiti di età, fu collocato a riposo con il titolo di professore emerito, lasciando la direzione dell’Istituto di mineralogia ad Angelo Bianchi.
Panebianco viene anche ricordato per il suo impegno sociale, essendo stato un protagonista della vita politica e sindacale. Comparve sulla scena politica padovana nel 1886, prendendo parte alle attività del Circolo elettorale popolare; il suo carattere radicale attirò le reazioni di alcuni giornali locali, ma anche la solidarietà dei suoi studenti. Tenne molte conferenze pubbliche, unendo le sue idee politiche e la preparazione scientifica: tra tutte, degna di nota è Lo zolfo ed un prefetto di buona volontà, che tenne al Caffè del Duomo il 18 aprile 1887. Nel 1893 fondò la Lega socialista padovana e tradusse un capitolo del libro di William Morris, fondatore nel 1884 della Lega socialista britannica (W. Morris, La futura rivoluzione sociale: ossia un capitolo del libro «Un paese che non esiste», Milano 1893).
Fautore della fratellanza dei popoli, si dedicò allo studio di una lingua internazionale e nel 1914 pubblicò alcuni lavori in esperanto. Nel gennaio 1918, su L’Avanti, ribatté ad Antonio Gramsci, il quale aveva definito l’esperanto «uno sproposito», evidenziando il carattere «artistico» di quella lingua. Abbandonato lo studio dell’esperanto, collaborò con l’Academia pro interlingua per la definizione del ‘latino sine flexione’, inventato dal matematico Giuseppe Peano. Pubblicò alcuni opuscoli ad ausilio della diffusione di questa lingua artificiale, che usò in vari suoi lavori, a carattere sia scientifico sia sociale. Entrò nel 1924 nel Consiglio direttivo dell’Academia pro interlingua e rimase in carica fino al 1928, collaborando attivamente alla riviste Academia pro interlingua e Schola & Vita.
Morì a Padova il 28 marzo 1930.
Dalla prima moglie, Agostina Lucchetti, ebbe nel 1880, a Portoferraio, il primo figlio, Gino, il quale, laureatosi in chimica, divenne professore di chimica a Padova e fu deputato per il Partito socialista. Nel 1882 nacque a Roma la seconda figlia, che Panebianco, fedele garibaldino, chiamò Mille. A Padova, nel 1883, nacque la terza figlia, Hypathia, poi laureata in scienze naturali a Padova e autrice di lavori di botanica, di fisica, di geologia. Rimasto vedovo nel 1919, nel 1923 Panebianco si risposò con Zena Barberini, di 28 anni più giovane.
Fonti e Bibl.: F. Zambonini, La mineralogia in Italia negli ultimi cinquant’anni, in Atti Soc. It. Progr. Scienze, V (1911), pp. 375-413; Necrologio: prof. R. P., in Schola & Vita, V (1930), 4-5, pp. 136-138; G. Ferri, Un caposcuola di cristallografia morfologica ed ottica in Italia. R. P. (1848-1930), Messina 1937; G. Piccoli, R. P., in Professori di materie scientifiche all’Università di Padova nell’Ottocento, a cura di S. Casellato - L. Pigatto, Trieste 1996, pp. 245-247; A. Nave, R. P. Un professore di mineralogia nel radicalismo di età umbertina a Padova, in AL BO. Momenti e figure dell’Università di Padova, numero speciale di Venetica, s. 3, XXV (2011), 2, pp. 75-95.
Si ringrazia Alessio Argentieri per la collaborazione.