MARIOTTI, Ruggero
– Nato a Fano il 22 maggio 1853 da Eginardo, cancelliere governativo distrettuale, e da Lucia Simonetti, compì gli studi, iniziati privatamente sotto la guida di un sacerdote, nel locale liceo Guido Nolfi, diplomandosi nel 1869; iscrittosi alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Bologna, si laureò il 27 ott. 1873. Nel biennio 1874-75 fece pratica legale a Roma presso i qualificati studi di G. Baccelli e F. Pugno, conseguendo l’iscrizione all’Albo dei procuratori nel 1876 e a quello degli avvocati nel 1887, e aprendo nella città natale uno studio legale che divenne un punto di riferimento per l’intero Pesarese.
L’ascesa professionale del M. coincise con quella propriamente politica. Stimato penalista e ottimo civilista, era legato da vincoli di amicizia con diversi colleghi, tra i quali i marchigiani A. Vecchini, S. Monti Guarnieri, L. Dari, il perugino C. Fani, il veneto A. Stoppato e il friulano (fanese d’adozione) A. Rossi. Esordì nella vita pubblica all’indomani dell’esperienza riformatrice della giunta progressista guidata da G. Gabrielli (1873-75) e all’ombra dei maggiorenti fanesi, divisi da forti conflittualità e alla faticosa ricerca di un ricompattamento delle forze moderate. La scelta conservatrice del M., che avrebbe mantenuto inalterata fino alla morte, si spiega sia con ragioni di calcolo sia con un’innata tendenza verso la moderazione.
Commentatore politico del foglio moderato Gazzetta dell’Emilia, il M. fu eletto consigliere comunale nell’aprile 1876 e designato segretario del comitato fanese dell’Associazione monarchica liberale fondata nel 1864.
I suoi primi impegni furono assorbiti dalla questione ferroviaria e dalla competizione politica-elettorale del 1876, nel corso della quale sostenne la terza riconferma in Parlamento del colonnello B. Serafini, esponente di centro-destra. In questo frangente il M. iniziò a costruire una rete di contatti e di relazioni con notabili, grandi elettori e personalità influenti: tale paziente e defilato lavorio venne ratificato dal matrimonio di interessi, avvenuto l’11 ott. 1879 tra il M. e Serafina Serafini, figlia del latifondista Giuseppe e nipote del deputato Bernardino, con i conti G. Bracci e C. Marcolini in veste di testimoni. Dal matrimonio non nacquero figli.
Divenuto segretario della Società costituzionale, nata a Fano nel 1879 con un programma di difesa delle istituzioni monarchiche e di indeterminati propositi riformistici, il M. si oppose all’apertura di C. Marcolini – guida del moderatismo fanese postunitario e presidente del nuovo organismo – verso i cattolici collocandosi all’opposizione della nuova giunta, guidata dal conte C. Saladini e sostenuta da una coalizione formata da liberali dissidenti, progressisti e cattolici.
Defilatosi Marcolini dalla vita pubblica fanese e sorteggiato Serafini tra i deputati dichiarati decaduti per incompatibilità d’impiego, il M. si candidò alla Camera dei deputati con un programma liberal-conservatore, ma perse lo scontro elettorale del 15 luglio 1883 con l’esponente capitolino, di orientamento democratico-radicale, C. Dotto de’ Dauli. Divenuto nel 1885 presidente dell’Unione monarchica liberale di Fano, il M. venne candidato per le politiche del maggio 1886, risultando questa volta eletto deputato con un programma che, se da una parte esigeva un pronto intervento delle istituzioni in settori come l’ordinamento amministrativo e giudiziario, la pubblica sicurezza, la questione economica e sociale, dall’altra si caratterizzava per una palese giustificazione dell’avvento del trasformismo, considerato come necessaria evoluzione del sistema politico nazionale.
Il M. sarebbe rimasto alla Camera 25 anni con due sole interruzioni, dal 1895 al 1897 allorché venne battuto nelle consultazioni del 26 maggio 1895 dal repubblicano A. Moscioni-Negri e dal 1909 al 1913 dopo la clamorosa sconfitta elettorale del marzo 1909 a opera di G. Ciraolo, candidato radicale e alto dignitario massonico. Gli elementi peculiari della sua lunga militanza parlamentare furono il costante ministerialismo (passò dalla fiducia all’ultimo gabinetto Depretis al sostegno dei primi governi Crispi; votò contro il primo ministero Giolitti; si spostò su posizioni reazionarie durante la crisi di fine secolo difendendo l’operato dei ministeri Rudinì e Pelloux; fu ostile al governo Zanardelli, ma poi si avvicinò al pragmatismo di G. Giolitti, ottenendone l’appoggio nelle competizioni elettorali; votò, infine, in favore dei gabinetti Sonnino, Salandra e Boselli); l’impegno per dare vita a una Destra rinnovata e combattiva e contrastare così, da una prospettiva legalitaria e conservatrice, la concorrenza dei partiti di sinistra; il rifiuto persistente di abbandonare lo status di notabile di provincia per più alti incarichi di governo (rifiutò ben tre volte la poltrona di sottosegretario: nel giugno 1892 da A. Starabba di Rudinì, nel giugno 1900 da G. Saracco e, nel febbraio 1906, da S. Sonnino in occasione della formazione del suo primo ministero); il qualificato contributo legislativo e politico prestato nell’attività di numerose commissioni e giunte parlamentari, distinguendosi in particolare nella riforma dell’ordinamento giudiziario. A questo tema egli dedicò il suo più celebre intervento in aula (17 marzo 1903), mirante all’elevazione morale ed economica dei giudici, alla difesa dell’istituzione del giudice unico, all’avocazione di tutti gli appelli civili alle corti distrettuali e al pareggiamento delle funzioni tra pubblico ministero e magistrato giudicante.
Attaccato dalla stampa di sinistra per il conservatorismo, il ministerialismo e per alcune posizioni discutibili (la difesa della mozione Cambray Digny contro l’ostruzionismo parlamentare, marzo 1899; il voto contrario al bilancio del ministero dell’Interno retto da quel Giolitti che egli aveva definito l’artefice di un «semi socialismo di Stato», giugno 1901; l’approvazione della repressione militare e governativa nei confronti delle agitazioni della «Settimana rossa», giugno 1914) che si iscrivevano appieno nel suo orientamento politico di centro-destra, il M. poté contare su una forza elettorale radicata per lo più nelle campagne, irreggimentate dai latifondisti e controllate da un collaudato sistema di mediatori e galoppini, ma con forte influenza sugli stessi circuiti cittadini, anch’essi invischiati nella rete di raccomandazioni, protezioni e favori gestita dal M.: un sistema di potere e di controllo del territorio solido, capace di influenzare il mondo dell’economia, della cultura e della stampa e di gestire campagne elettorali profondamente condizionate da forme di pressione e di illegalità e soprattutto da una compera del voto quasi istituzionalizzata.
L’età giolittiana costituì l’apice della carriera del M. che, spostatosi su posizioni clerico-moderate e concluso un accordo segreto nel 1898 con il vescovo di Fano V. Franceschini, fu anche assessore comunale ai Lavori pubblici nella città natale (1898-1908), e direttore e finanziatore del foglio Il Gazzettino, nato nell’ottobre 1894 come «foglio amministrativo», ma in realtà espressione della dirigenza moderata.
Anche nella carriera forense i primi anni del Novecento regalarono una certa notorietà al M. che, dopo aver condiretto la prestigiosa rivista quindicinale La Giustizia nell’Amministrazione (1890-91), si segnalò nei due casi giudiziari più famosi, insieme con il processo Murri, dell’età giolittiana, il processo Modugno e lo scandalo Nasi.
Nel primo caso, il M. difese il tenente del genio V. Modugno, personaggio discusso e accusato di avere ucciso la moglie, vincendo la causa di fronte alla corte d’assise di Perugia, dopo un processo mastodontico che costituì la vicenda giudiziaria più seguita del 1905. Nel secondo caso – lo scandalo che coinvolse il deputato siciliano N. Nasi, accusato di falso in atto pubblico e peculato commessi nell’esercizio delle funzioni di ministro della Pubblica Istruzione (1901-03) – il M. fu uno dei tre membri dell’Alta Corte di giustizia che, nominata dalla Camera, condannò l’imputato il 24 febbr. 1908 a undici mesi e venti giorni di reclusione, dopo che violenti tumulti scoppiati nell’isola e le deposizioni favorevoli e contrarie delle maggiori personalità politiche del tempo lo avevano reso un affaire politico ricco di colpi di scena.
Costante fu, inoltre, la passione del M. per la storia, l’erudizione, l’arte e continue furono le ricerche condotte in biblioteche e archivi marchigiani e nazionali, che dettero come risultato 71 pubblicazioni, perlopiù opuscoli. Tra di esse, oltre a quelle giuridico-legali e ad altre di natura encomiastica e varia, vanno distinte quelle di carattere politico, storico e artistico, molto curate sul piano critico e filologico, relative all’età moderna e contemporanea e di tipica impronta positivistica, fra cui i sei volumi di Fano e la Repubblica francese del secolo XVIII. Curiosità storiche (1796-1799), Fano 1893-95; l’edizione dei Bandi Malatestiani nel Comune di Fano (1367-1463), ibid. 1892; il libro Guido Giannetti da Fano: documenti inediti. Contributo alla storia della riforma in Italia, ibid. 1898 e il contributo nel 1910 alle celebrazioni cinquantenarie per l’Unità con il saggio Fano e i Fanesi nel 1859 e nel 1860, pubblicato a cura dell’Associazione marchigiana per la storia del Risorgimento nel volume Per il primo cinquantenario della liberazione delle Marche, Roma 1910, pp. 44-56.
Oratore brillante e ricercato, fautore di una politica coloniale intraprendente nonché filotriplicista e filoirredentista, il M. fu anche commissario in Eritrea e membro del Consiglio coloniale. Dal 1909 conobbe una fase di declino e di difficoltà, in seguito alla perdita del seggio parlamentare, alle dimissioni della giunta comunale moderata, a lutti familiari e all’impossibilità di vedersi nominato senatore per la tenace opposizione alla sua nomina dei ministri radical-massoni nei governi Luzzatti e Giolitti.
Solo con l’avvicinamento alla linea politica del quarto ministero Giolitti, la sottoscrizione del patto Gentiloni e la divisione in atto tra le forze di sinistra fanesi in occasione delle politiche del 1913, egli poté riprendersi il posto in Parlamento, confermato tuttavia dalla Camera solo l’8 apr. 1916 – in seguito a una clamorosa vicenda di contestazioni della giunta delle elezioni, rinvii, comitati inquirenti e contrastanti pareri degli organismi parlamentari –, ben ventinove mesi dopo la chiusura dei seggi. Spostatosi su posizioni nazionaliste e salandrine, il M., anche per garantirsi appoggi e simpatie in vista dell’esito elettorale sospeso, partì volontario per il fronte il 29 luglio 1915 e, inquadrato nel 94° reggimento fanteria, combatté per circa un anno e mezzo sul Carso.
Ripreso l’impegno parlamentare, egli morì improvvisamente a Roma il 4 marzo 1917.
Fonti e Bibl.: Fano, Biblioteca comunale Federiciana, Fondo Mariotti, bb. 1-83; In memoria di R. M., Fano 1917; N. Ferri, La vittoria di Ciraolo, in Fano, II (1967), suppl., pp. 117-137; G. Giommi, Nota biografica su R. M., ibid., IV (1969), pp. 93-97; F. Battistelli, Camillo Marcolini e la cultura fanese a fine secolo XIX, in Fano dopo l’Unità. La costruzione dell’identità cittadina (1860-1960). Atti del Convegno… 1996, a cura di P. Giannotti, Fano 1997, pp. 76-78; M. Severini, Nuove ricerche in tema di clerico-moderatismo. Il carteggio Mariotti-Paolucci, in Atti e memorie della Deputazione di storia patria per le Marche, CII (1997), pp. 717-743; Id., La rete dei notabili. Clientele, strategie ed elezioni politiche nelle Marche in età giolittiana, Venezia 1998, ad ind.; Id., Un indiscusso protagonista: R. M., in La soglia della modernità: Fano antigiolittiana (1900-1914). Atti del Convegno… 1999, a cura di P. Giannotti, Fano 1999, pp. 39-47; Id., Vita da deputato. R. M. 1853-1917 (con inventario dell’epistolario e pubblicazione di lettere), Venezia 2000; Camillo Marcolini: un progetto liberale dopo l’Unità, a cura di M. Severini, Fano 2006, ad indicem.