SANSEVERINO, Ruggero
I. – Nacque tra il 1064 e il 1065 da Troisio (o Turgisio) di Rota, di discendenza normanna. Primo di cinque figli (suoi fratelli erano Silvano, Troisio jr, Roberto e Deletta), ereditò i possedimenti paterni che, oltre al castello di San Severino dal quale egli trasse il nomen familiae, comprendevano la pianura dell’attuale Mercato San Severino, Montoro, Lauro e Apudmontem (Roccapiemonte).
Il suo nome personale si ricollega con molta probabilità a quello del conte di Sicilia Ruggero, fratello di Roberto il Guiscardo, a cui la famiglia era legata da rapporti di amicizia. Vicino politicamente alla stirpe dei principi longobardi, sposò in data imprecisata Sica (o Sicarda), figlia del conte Landolfo e nipote del principe di Salerno Guaimario IV, dalla quale ebbe almeno quattro figli: Enrico, Troisio, Ruggero e Riccardo. Ebbe inoltre un figlio naturale, Tancredi, e un figliastro, Roberto.
Dell’esercizio delle prerogative signorili si hanno poche notizie, molte delle quali riguardano il castello di Montoro (Avellino), da lui posseduto almeno dal 1097. È documentata la sua presenza a un’assemblea, svoltasi nel 1109, durante la quale il signore di Monteforte, Guglielmo Carbone, giurò fedeltà a Roberto, figliastro di Ruggero, che lo investì delle terre a lui concesse, situate nei pressi di San Severino, Lauro e Forino. Presiedette, inoltre, alla redazione di un atto notarile, con il quale permutò un edificio sito a Salerno con alcune terre di Montoro, cedute al monastero di Cava (1112). Risulta inoltre citato in un atto, del 1116, con il quale concesse un terreno, sito nei pressi del castello, a un notaio del luogo.
La storia dei Sanseverino di queste prime generazioni è, del resto, soprattutto legata alle vicende del monastero della Ss. Trinità di Cava de’ Tirreni e queste relazioni sono meglio documentate. Ruggero fece al cenobio numerose elargizioni (anche se la documentazione è talvolta di dubbia autenticità).
La serie inizia con la donazione della chiesa di Santa Maria di Roccapiemonte (novembre 1081), cui si aggiunsero l’anno successivo sette terre site nello stesso territorio e un’altra ancora nel maggio del 1083, ma quest’ultima con un atto da considerare falso.
Più avanti nel tempo, Sanseverino si occupò ancora di consolidare il proprio potere avvalendosi di istituzioni ecclesiastiche: non sicura è la concessione del 1102 della chiesa del Ss. Salvatore di Torchiati e delle terre circostanti, effettuata in favore di Giovanni, figlio del rettore della stessa chiesa, ma nel 1105 egli fu benefattore dei benedettini di Aversa, ai quali diede quarantaquattro moggia di terreno e due chiese: S. Maria e S. Silverio.
Nel settembre del 1111, partecipò, invece, a un’assemblea indetta dal duca Ruggero Borsa per difendere il monastero di Cava dalle pretese di Giordano II, conte di Nocera, che in presenza dell’abate Pietro e dei nobili campani riconobbe tutte le concessioni fatte dalla sua famiglia ai monaci cavensi.
Il problematico rapporto con Cava restava però sempre al centro degli interessi di Sanseverino. Nel marzo del 1114, alcuni suoi uomini iniziarono a vessare i dipendenti dell’abbazia, ma egli, dichiaratosi estraneo ai fatti, intervenne in sua difesa, ottenendo in cambio la custodia del castello di Sant’Auditore di Cava. Nello stesso mese, confermò anche un provvedimento preso dal fratello Troisio in favore dello stesso monastero e, come se non bastasse, concesse egli stesso il casale di Selefone del Cilento, di cui delimitò i confini. Poco dopo però insorsero contrasti con i monaci a seguito delle molestie da lui arrecate ai loro coloni, ma ancora una volta l’abate Pietro intervenne per cercare una mediazione, e nel novembre del 1116 Ruggero gli confermò il possesso della quarta parte del monastero cilentano di S. Giorgio con i beni annessi. Non è sicuro invece che nel 1118 abbia forzato il cognato Erberto il Normanno, detto Caputasini, a restituire a Cava alcune terre da lui usurpate. Nel giugno del 1121, donò all’abate Pietro alcuni terreni siti a Ogliarola (località oggi non più esistente), appartenuti in precedenza al suocero Landolfo.
Il contraddittorio, quarantennale rapporto di Ruggero Sanseverino con Cava prese infine una piega forse non del tutto inattesa in quel contesto sociale e culturale. Secondo la tradizione, poco dopo il giugno del 1121 egli decise infatti di spogliarsi dei suoi beni, prendendo l’abito monastico proprio a Cava, dove morì nel 1125.
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