RUFFO
. Famiglia nobile calabrese. Notizie, storicamente sicure, di personaggi dal cognome Ruffus e Rufus, si trovano, durante i secoli XI-XII, sia in Inghilterra sia in Sicilia e nell'Italia meridionale. Non è infondata la congettura che dei Ruffo, famiglia di stirpe verosimilmente normanna, alcuni abbiano seguito Guglielmo il Conquistatore in Inghilterra, ove eredi immediati di essi divennero familiari della corte e alti magistrati, mentre altri immigrarono nel mezzogiorno d'Italia sulle vie battute dai cavalieri normanni. E in esso la casata che, composta di "equites", si era trapiantata in Calabria, ascese a importanza politica sotto Federico II di Svevia: quest'ascesa fu merito di Pietro Ruffo, giustiziere, poi maresciallo del regno di Sicilia, sotto Federico II.
Col trionfo degli Angioini rinacque la fortuna di casa Ruffo nei suoi rami di Sinopoli, che risaliva a Fulco, il rimatore della scuola poetica siciliana, e di Catanzaro. Artefice principale del loro risorgimento fu un altro Pietro R. (v.), pronipote del precedente, a cui, rientrando nel regno, Carlo I restituiva la contea di Catanzaro. La fedeltà ai primi Angioini, procurò alla casata una cospicua potenza economica e politica nel Regno. Le annose guerre di successione tra Angioini e Durazzeschi, tra Durazzeschi e Aragonesi, trovarono i R. al primo posto, ma scissi secondo i varî contendenti. Niccolò R., conte di Catanzaro e marchese di Crotone e, come tale, capo del ramo principale, si ribellò a re Ladislao, che venne ad assediarlo in Calabria, gli smembrò la signoria, la più vasta della regione, e lo costrinse a esulare in Francia, donde ritornò con Luigi III d'Angiò, da cui riottenne i suoi stati. In virtù del matrimonio di Giovannella R., figlia di Niccolò, con Antonio Colonna, principe di Salerno, nipote di papa Martino V, codesta signoria servì a rinsaldare l'alleanza tra Martino V e Giovanna II, ma, essendo riuscito sterile tale matrimonio, essa fu portata in dote da Enrichetta R., sorella di Giovannella, ad Antonio Centelles, uno dei tanti Spagnoli che seguirono Alfonso d'Aragona nelle sue imprese napoletane.
Il carattere ambizioso e insofferente, la vastità e la ricchezza del dominio, l'affetto che gli portavano i vassalli, lo spirito d'insubordinazione serpeggiante nel riottoso baronaggio, indussero il Centelles a ribellarsi prima contro Alfonso, che lo privò della signoria e la spezzettò, poi contro Ferrante, senza riuscire a ritornare in possesso di essa.
Degli altri rami della casata, che sopravvissero alla tragica estinzione della linea principale, alcuni si conservarono fedeli agli Aragonesi (R. di Bagnara), altri, legati in parentela ai Sanseverino, parteciparono alla famosa congiura dei baroni e seguirono tendenze francesi: così i R. di Sinopoli, reintegrati nei perduti possessi dagli Spagnoli e divenuti anche principi di Scilla. Questi due rami, di Bagnara e di Scilla, riorganizzati e consolidati i rispettivi patrimonî e imparentandosi con la più egregia aristocrazia napoletana, perpetuarono la stirpe, che non di rado fu onorata nei secoli posteriori da prelati, da militari e da diplomatici eminenti. Il ramo secondogenito di Bagnara fu insignito nel 1729 del titolo di principi di Castelcicala e, per successione dai Carafa, di duca di Calvello, titoli passati ora nella famiglia Sallier de la Tour. Al ramo di Bagnara apparteneva il cardinale Fabrizio R. (v.), cui i Borboni dovettero la loro restaurazione nel regno di Napoli nel 1799.
Bibl.: Soddisfa assai poco la Istoria della Casa dei R., di Proto di Maddaloni, Napoli 1873. V. i vecchi genealogisti napoletani: Ammirato, Della Marra, Candida-Gonzaga, ecc., e F. Scandone, Notizie biografiche dei rimatori della Scuola poetica italiana, Napoli 1904; V. Ruffo, Niccolò R. di Calabria, ecc., Mileto 1917; E. Pontieri, La rivolta di Antonio Centelles, Napoli 1924; v. anche bibl. alle voci seguenti.