Lotze, Rudolph Hermann
Filosofo tedesco (Bautzen 1817 - Berlino 1881). Studiò medicina e filosofia all’univ. di Lipsia, quindi matematica e fisica, tra gli altri con G.Th. Fechner, e ancora filosofia con Weisse. Successe nel 1844 come prof. di filosofia a Herbart, nell’univ. di Gottinga, dove rimase fino al 1881, quando fu chiamato a Berlino. Oppositore del vitalismo nei suoi primi scritti scientifici (Allgemeine Pathologie und Therapie als mechanische Naturwissenschaften, 1842; Allgemeine Physiologie des körperlichen Lebens, 1851; Medizinische Psychologie oder Physiologie der Seele, 1852), non si attestò su posizioni materialistiche; la sua opera maggiore, il Mikrokosmos (1856-64; trad. it. Microcosmo) lo vede piuttosto indirizzato verso concezioni pluralistiche e verso un modello filosofico affine al monadismo leibniziano. La realtà, per L., abbraccia tre sfere: quella dei fatti, quella delle leggi universali e quella dei valori, paradigmi in base ai quali attribuire significato all’Universo. Il meccanicismo e le spiegazioni causali con cui le scienze tendono ad accertare rigorosamente la connessione degli eventi non possono ritenersi in conflitto con spiegazioni di tipo teleologico, riguardando sfere diverse. Il meccanicismo, applicabile anche nel campo degli organismi viventi, è piuttosto il modo in cui la divinità realizza i suoi piani, in base al principio del bene. Secondo questa impostazione, reali in senso proprio sono soltanto le coscienze individuali, gli spiriti personali, nelle loro reciproche interazioni, nonché il Dio, personale, che li ha creati. La speculazione di L., feconda di risultati particolari (la teoria dei «segni locali» ha occupato, per es., un posto di rilievo negli studi sulla percezione dello spazio), influenzò ampiamente scienziati e filosofi. Così alla Medizinische Psychologie si rifecero sia i numerosi tentativi di psicologia fisiologica e sperimentale sul finire dell’Ottocento (G.T. Ladd, per es., negli Stati Uniti), sia ricerche e teorizzazioni volte a costituire una psicologia come scienza autonoma (W. James negli Stati Uniti, J. Ward in Inghilterra). Il tentativo di conciliare meccanicismo e teleologia trovò poi un terreno favorevole nell’ambito degli studi biologici e comportamentali con il diffondersi delle tesi darwiniane. La distinzione, proposta nel System der Philosophie (1874-79), di una logica pura contrapposta alla logica psicologistica allora in piena espansione in ambiente tedesco, separando nettamente l’atto del pensiero, il cui modo d’essere è temporale, dal suo contenuto, che esiste soltanto in quella intemporalità che è garanzia della sua validità, ha condizionato gli sviluppi in senso antipsicologistico del pensiero tedesco di fine secolo (per es., Husserl). Tra le altre opere si segnalano: Metaphysik (1841); Logik (1843); Geschichte der Ästethik in Deutschland (1848); Geschichte der deutschen Philosophie seit Kant (post., 1884); Kleine Schriften (3 voll., post., 1885-91).