RUCELLAI
. Dei Rucellai non si hanno notizie, se non dalla metà del secolo XIII con un Alamanno soprannominato Oricellario, dalla scoperta che egli aveva fatta di una tintura per i pannilani mediante la macerazione dell'oricella; donde poi il cognome Rucellai.
Ai primi del sec. XIV, con Bernardo, nipote di Alamanno, i Rucellai, che avevano fatto fortuna con l'industria della lana, incominciarono a prender parte alla vita pubblica. Non abbandonarono però mai, finché non sopraggiunse la crisi che mutò le condizioni dell'economia pubblica di Firenze, la mercatura, fonte prima delle loro ricchezze; e di queste seppero fare buon uso, dotando la loro città di insigni opere d'arte. A un Giovanni di Paolo Rucellai (1403-1481) si debbono il palazzo di via della Vigna nuova e la facciata di S. Maria Novella su disegno di Leon Battista Alberti, la cappella dell'Annunziata in S. Pancrazio, la villa di Poggio a Caiano, ceduta poi a Lorenzo il Magnifico.
Fu questo mecenatismo, congiunto anche all'amore per la cultura, a tramandare la fama dei Rucellai, poiché nell'azione politica la famiglia non ebbe posizioni di primato, sebbene abbia contato, durante il periodo repubblicano, quattordici gonfalonieri e ottantacinque priori. È molto noto Bernardo di Giovanni (1448-1514), autore di una Historia de bello pisano, di un De bello gallico sulla spedizione di Carlo VIII in Italia, di un trattato sulle antichità di Roma intitolato De Urbe Roma, perché a lui si debbono i famosi Orti Oricellari, ricetto dell'Accademia platonica, dove il Machiavelli lesse i suoi Discorsi, e non meno noto è suo figlio Giovanni (v.).
Vi furono anche alcuni che si distinsero nell'esercizio delle armi. Berlinghieri, detto anche Bingeri (m. 1348), comandante di un'armata fiorentina, represse nel 1318 a Siena la rivolta suscitata dai Tolomei contro il magistrato dei Nove e ottenne il privilegio di aggiungere al suo stemma il leone bianco in campo rosso, arme del popolo senese. Luigi di Orazio, entrato nella carriera ecclesiastica, seguì Maria de' Medici in Francia; la difese e la aiutò durante la rottura col figlio Luigi XIII; caduto poi in odio al Richelieu, abbandonò lo stato ecclesiastico e, datosi alla milizia, perì in un fatto d'arme presso Montpellier nel 1627.
Tra coloro che seguirono la vita religiosa sono degni di memoria: Pandolfo di Giovanni, che esercitò a lungo l'arte del cambio (scrisse anche un Trattato dei cambi e del Monte comune, dedicandolo al Savonarola) e si occupò di politica, ma entrò poi nell'ordine domenicano col nome di fra Santi e morì in conto di venerabile; Annibale di Luigi, che gran parte della sua vita trascorse in Francia, come elemosiniere di Caterina de' Medici, ambasciatore per Carlo IX al Papa e al Re di Spagna, poi vescovo di Carcassona e finalmente, tornato in Italia sotto il pontificato di Clemente VIII, legato di Bologna e di Ancona e governatore di Roma.
Un Rucellai, Giulio di Paolo Bendetto (1702-1778), professore di diritto civile nell'università di Pisa, poi segretario del regio diritto, legò il suo nome a tutte le riforme ecclesiastiche del granduca Pietro Leopoldo, del quale fu ispiratore e guida.
Sembra che un ramo di questa famiglia si sia trasferito verso la metà del sec. XV a Lione, dove avrebbe gallicizzato il cognome in Rousselet.
Bibl.: L. Passerini, Genealogia e storia della famiglia R., Firenze 1861.