RUANDA
(XXX, p. 200; v. urundi, XXXIV, p. 840; ruanda e urundi, App. III, II, p. 637; ruanda, IV, III, p. 251)
Grazie a un coefficiente di accrescimento annuo assai elevato (3,5% nel periodo 1986-91), la popolazione del R. è passata dai 4.819.317 ab. del censimento 1978 ai 7.164.994 ab. del censimento 1991; la densità è pari a 272 ab./km2. Per quanto riguarda la composizione etnica, gli Hutu sono il gruppo numericamente più forte (85%), seguito dai Tutsi (14%) e dai Twa (1%). Da numerosi anni la regione, comprendente oltre al R. anche il Burundi, è pervasa da gravissime forme di intolleranza razziale, retaggio di ataviche rivalità tribali, che a più riprese si sono tradotte in tragiche opposizioni armate fra la maggioranza hutu e la minoranza tutsi. Alla fine del 1993 i conflitti etnici sono esplosi nel Burundi, causando 150.000 vittime e provocando l'esodo di oltre mezzo milione di persone. Nel R. le ostilità, che hanno avuto inizio negli ultimi mesi del 1990, hanno raggiunto il loro apice nella primavera-estate del 1994, provocando − anche in questo caso − decine di migliaia di morti e centinaia di migliaia di profughi. La guerra civile fra le forze governative hutu e il Fronte patriottico ruandese (costituito dalla minoranza tutsi) ha investito principalmente la sezione settentrionale del paese e la capitale Kigali, mietendo vittime fra il personale militare e le milizie combattenti, ma soprattutto tra la popolazione civile, in particolare donne e bambini. Centinaia di migliaia di persone hanno abbandonato le loro terre e si sono riversate verso i confini con lo Zaire e l'Uganda. Sono stati allestiti campi profughi ma anche questi rifugi temporanei sono stati duramente colpiti: gravi epidemie (colera) hanno mietuto altre vittime e messo a dura prova la capacità d'intervento delle organizzazioni sanitarie internazionali.
La popolazione si addensa soprattutto nelle alteterre a ridosso della catena montuosa occidentale, dove si registrano densità ben superiori ai 300 ab/km2. L'unico centro ad avere una consistenza demografica di un certo rilievo e funzioni urbane (perlomeno sino alla fase più cruenta della guerra civile) è la capitale Kigali (234.472 ab. nel 1991). Sotto il profilo economico il R. continua a essere uno dei paesi più poveri del continente africano, con un reddito pro capite inferiore ai 300 dollari USA. Gli ostacoli maggiori allo sviluppo sono rappresentati dall'elevatissimo carico demografico e dall'isolamento degli insediamenti: mancano le ferrovie, e le strade sono limitate a poche arterie per complessivi 13.000 km (1990). Per i collegamenti marittimi con l'estero, il R. dipende quasi interamente dal lontano porto di Mombasa (Kenya), per raggiungere il quale occorre attraversare il territorio ugandese. Migliore è la situazione dei trasporti aerei grazie ai due aeroporti internazionali di Kigali e di Kamembe.
L'agricoltura è poverissima e occupa il 91% della popolazione attiva. Prevalgono colture di sussistenza (manioca, batata, sorgo). Il principale obiettivo programmatico del governo del R. consiste nel raggiungimento dell'autosufficienza alimentare. A questo scopo vengono destinati investimenti e assistenza, oltre che un maggior ricorso a fertilizzanti e a sementi selezionate. Gli unici prodotti agricoli destinati all'esportazione sono caffè (che ha coperto nel 1991 il 60,2% del totale delle esportazioni), tè e piretro. Poco sfruttati sono boschi e foreste, che coprono il 21% della superficie territoriale; la produzione di legname si aggira sui 5,8 milioni di m3 annui. Notevole è il patrimonio zootecnico: prevalgono bovini (610.000 capi nel 1992) e caprini (1.100.000), utilizzati prevalentemente per il latte.
L'attività estrattiva si limita allo sfruttamento dei giacimenti di stagno, tungsteno e gas naturale, benché siano accertate riserve di colombite, tantalite e oro. L'industria è ancora a uno stadio iniziale: oltre che nella trasformazione dei prodotti agricoli, è presente nei settori tessile e chimico. Impiega circa il 3% della popolazione attiva (1989) e provvede per il 22,6% alla formazione del prodotto interno lordo (1988).
I principali partners commerciali sono Kenya, Belgio, Lussemburgo e altri paesi dell'Unione Europea, Giappone e Stati Uniti.
Storia. - Il presidente J. Habyarimana, al potere dal colpo di stato militare del luglio 1973, varò un ritorno al governo costituzionale nel dicembre 1978, facendosi confermare al potere attraverso elezioni presidenziali. Con le consultazioni del dicembre 1981 per la prima legislatura eletta si concluse un triennio di assestamento istituzionale. Sebbene il sistema rimanesse monopartitico, l'elettorato poteva scegliere fra candidati diversi proposti all'interno delle liste del Mouvement Révolutionnaire National pour le Développement (MRND), garantendo un minimo di mobilità nel gruppo dirigente, almeno sul piano locale. Una certa stabilità caratterizzò la vita politica ruandese dopo il varo della ''Terza Repubblica'', sebbene permanessero gli effetti della spaccatura all'interno dell'élite di potere (completamente hutu dopo la distruzione dell'egemonia tutsi negli anni Sessanta) fra il gruppo proveniente dalle regioni meridionali e gli esponenti del Nord giunti al vertice nel 1973: tra questi prevalsero gli Hutu di Bushiru, zona d'origine del presidente. Fra il 1982 e il 1983 diverse decine di migliaia di ruandesi residenti in Uganda passarono il confine sotto la spinta di persecuzioni, creando gravi problemi al già sovrappopolato Ruanda. Nonostante il rimpatrio, nel 1985, di 30.000 di questi profughi (oltre a quelli rientrati clandestinamente) e la deviazione del flusso alla volta della Tanzania, il problema seguitò a manifestarsi e nel 1986 Kigali dichiarò di non essere più intenzionata a permettere rientri nel paese, pena il tracollo economico. Fra il 1987 e il 1988 il problema dei profughi venne affrontato in colloqui fra i due governi, le cui relazioni migliorarono sensibilmente. Tuttavia una questione analoga si presentò nell'agosto 1988 sul confine meridionale, allorché più di 38.000 Hutu si rifugiarono in R. in seguito agli scontri con i Tutsi, al potere in Burundi, nelle province settentrionali di questo paese. Nel marzo 1989 Habyarimana e il presidente del Burundi P. Buyoya formalizzarono un piano comune per la stabilizzazione delle aree di frontiera e la sicurezza interna dei due paesi, decidendo di potenziare la cooperazione economica.
Nel giugno 1988 si tenne il sesto congresso del MRND (il precedente si era tenuto nel 1985), incentrato sulle questioni dello sviluppo economico, sul problema demografico (le politiche di limitazione delle nascite coinvolgevano i rapporti dello stato con l'influentissima Chiesa cattolica, tradizionalmente ottimi in R., al contrario che nel Burundi) e sulla designazione per le presidenziali del dicembre 1988. In queste, accompagnate da elezioni legislative, Habyarimana ottenne il terzo mandato. Nel 1990 si aprì nel paese una grave fase di instabilità dovuta da un lato alle crescenti richieste di democratizzazione e dall'altro alle operazioni di guerriglia seguite alla penetrazione dall'Uganda di milizie del Fronte Patriottico Ruandese (FPR), composto in maggioranza da rifugiati tutsi. Habyarimana, mentre apriva ai partiti di opposizione, creava una milizia presidenziale bene armata, favoriva la formazione nel partito di un'ala giovanile composta di fedelissimi e dava vita a un movimento di estremisti hutu. Nel frattempo le trattative avviate con l'FPR grazie alla mediazione dei paesi confinanti portarono, dopo innumerevoli disattesi cessate il fuoco, nell'agosto 1993 a un accordo (stipulato ad Arusha in Tanzania) che prevedeva fra l'altro la formazione di un governo di transizione con la partecipazione dell'FPR e la creazione di un esercito integrato, il tutto sotto la supervisione dell'ONU. A meno di un anno di distanza, mentre l'accordo rimaneva nella sostanza inattuato, la situazione precipitò quando l'aereo di Habyarimana esplose in volo mentre si avvicinava a Kigali il 6 aprile 1994. A un'ora dalla morte del presidente la sua milizia − sospettata da alcuni dell'incidente − dava inizio a un massacro di inaudite proporzioni, uccidendo militanti dei partiti di opposizione, rappresentanti dell'ONU, ma soprattutto appartenenti alla minoranza tutsi. Le vittime (per lo più uccise a colpi di machete e orrendamente mutilate) ammontarono a più di 500.000. Alla ripresa dell'offensiva dell'FPR seguì un imponente esodo della popolazione hutu, preoccupata dalle possibili rappresaglie, verso Tanzania e Zaire, dove migliaia trovarono la morte per malattie e stenti. Superando non pochi contrasti l'ONU autorizzò la Francia a intraprendere un'operazione militare (durata di alcuni mesi) volta a creare una zona di sicurezza in R., operazione osteggiata dall'FPR per l'appoggio assicurato in passato dai Francesi al regime hutu. Il 9 luglio 1994 si costituì un governo provvisorio guidato da due leaders di partiti hutu moderati, mentre P. Kagame, capo dell'FPR, assunse la carica di vicepresidente e quella, chiave, di ministro della Difesa.
Bibl.: M. d'Hertefeld, D. De Lame, Société culture et histoire du Rwanda, Tervuren 1987; M. Plaut, Rwanda. Looking beyond the slaughter, in The world today, agosto-settembre 1994, pp. 149-53.