Vedi ROTULO dell'anno: 1965 - 1997
ROTULO (v. vol. VI, p. 1031)
Negli ultimi decenni studi condotti sulle tecniche di fabbricazione del papiro, sulle tipologie librarie e documentarie antiche e in particolare sulla manifattura del libro letterario hanno di molto accresciuto le conoscenze sul r. o volumen, sia nell'Egitto faraonico, sia nel mondo greco e romano.
Fu con l'introduzione del papiro, importato dall'Egitto faraonico in Grecia già in età arcaica, ma diffuso non prima del VI-V sec. a.C. nel mondo greco e del III-II a Roma, che il libro venne a definirsi nella specie di r., tipologia che resterà in vita, come normale forma libraria, fino a circa il II sec. d.C., ma resistendo anche oltre, pur se prima affiancata e poi, dal IV-V sec., definitivamente sostituita - salvo casi particolari - dal codice.
Nel mondo greco il r. fu presto adoperato anche per tutti gli usi documentarî, mentre a Roma rimase invalso, anche in età imperiale, l'uso di tabulae lignee come materiale scrittorio per la documentazione sia pubblica sia privata.
Si conoscono r. greci, molto frammentari, a partire dal tardo IV sec. a.C., ma, per ciò che riguarda la fattura del libro antico, è scorretto riflettere immediatamente questa realtà o quella ancora più tarda sull'epoca precedente. Non è detto che i r. più antichi fossero sotto ogni aspetto dello stesso tipo di quelli noti da conservazione diretta di esemplari a partire dall'età ellenistica. Raffigurazioni vascolari del V sec. mostrano r. scritti transversa charta, vale a dire parallelamente al lato corto, in maniera diversa, dunque, dalla tipologia di norma attestata sia nelle arti figurative e nella stessa pittura vascolare, sia nei volumina direttamente conservati a partire dall'età ellenistica, la cui scrittura, parallela al lato lungo, era disposta in colonne che si susseguivano, a brevi intervalli, l'una dopo l'altra per tutta l'estensione del rotolo. È problematico stabilire se la tipologia documentata da tali antiche raffigurazioni vascolari sia una deformazione pittorica o se, piuttosto, rifletta r. connotati da una «impaginazione» più tardi del tutto abbandonata. Se, come è lecito credere, fu il r. egiziano di età faraonica, tecnicamente assai evoluto, a far da modello al r. greco, acquista più salda consistenza l'ipotesi che nella Grecia arcaica e classica possano essere stati in uso sia r. scritti transversa charta, forse limitati a composizioni di breve estensione, sia r. di lunghezza notevole e scritti a colonne accostate, giacché ambo le tipologie si trovano ben documentate nell'Egitto faraonico.
La grande quantità di r. superstiti a partire dal III sec. a.C. ritrovati nella chòra greco-egizia o nella «Villa dei Papiri» a Ercolano (oltre che in misura assai minore in altri siti), nonostante lo stato di conservazione talora gravemente frammentario, permette di ricostruire la tipologia degli antichi volumina quali venivano allestiti secondo convenzioni forse fissate in ambito alessandrino e nel contesto di una sistemazione editoriale e bibliotecaria dei testi letterari, quale è saldamente testimoniata nell'Alessandria dei Tolemei.
A parte adattamenti alle maniere di scrittura e alla strutturazione letteraria dei testi del mondo greco, anche le tecniche di manifattura del r., quali si riscontrano fin dai più antichi esemplari direttamente conservati, risultano sostanzialmente le medesime già documentate nell'Egitto faraonico. I r.-libri si ottenevano di regola tagliando o congiungendo r. di papiro commerciali, o parti di questi, di lunghezza standard (c.a 3,40 m), a loro volta fabbricati incollando fogli, detti kollèmata, composti di fibre ricavate dal fusto dell'omonima pianta, accostate e sovrapposte le une in senso perpendicolare alle altre, e quindi lavorate in modo da farle aderire. Alla scrittura - eseguita anche sulle kollèseis, le incollature che saldavano un foglio con il successivo - era destinata soltanto, o comunque prima, la faccia che presentava le fibre in posizione orizzontale (c.d. recto, mentre si suole indicare come verso la faccia con le fibre verticali); e lo scriba, man mano che, tenendolo sulle ginocchia, scriveva il suo r., lasciava ricadere sulla sinistra la parte già utilizzata. Nome dell'autore e titolo dell'opera, ed eventualmente numero del libro (e talora del tomo all'interno di questo) per opere in più libri, venivano apposti alla fine del libro-r., seguiti - ove si trattasse di copie dovute a scribi di professione - dal computo delle righe, segnato di solito in cifre attiche, per la retribuzione. L'esemplare veniva quindi avvolto intorno a bastoncini, o anche arrotolato senza alcun sostegno aggiuntivo, intorno alla sezione iniziale del r. stesso, strettamente attorta e agglutinata. Autore e titolo del testo contenutovi, in quanto «nascosti» all'interno del volumen, venivano ripresi su un cartellino, il sìllybos, attaccato all'esterno.
Le convenzioni librarie introdotte in età ellenistica nella manifattura del r., relative al suo rapporto con il testo, si ritrovano sostanzialmente uguali in età romana. Queste convenzioni si riferiscono soprattutto alla lunghezza/capienza del r., alla quale si deve forse ritenere commisurato il formato (o altezza). Quest'ultimo oscilla tra cm 16-17 (con qualche eccezionale minimo di cm 12-13)e cm 28-30 (fino a un raro massimo di cm 34-35 o poco più), mentre la lunghezza quasi mai si dimostra inferiore ai m 2,5 o superiore ai m 12. Tutto questo imponeva o che un intero scritto - un dramma o un'orazione - fosse compreso in un'unità libraria conforme alle misure convenzionali, o che testi molto brevi fossero posti insieme in un unico r. o ancora che grandi opere fossero distribuite in più libri/r., con un'ulteriore partizione in tomi/r. nel caso di libri particolarmente lunghi e/o allestiti senza risparmio di spazio. Il prodotto librario normale era il volumen scritto solo sul recto. Ma, soprattutto in certi periodi, si trovano r. scritti pure sul verso, detti opistografi: si tratta di libri fatti con materiali di riutilizzo, scritti in economia, talora dallo stesso lettore-consumatore, sul retro di documenti o di altri testi che non interessavano più. Più rari risultano gli opistografi che - una volta che ne era stato scritto tutto il recto - venivano scritti di continuo anche nel verso: si tratta in questi casi di brogliacci o di raccolte di materiali d'autore.
Si deve credere che a Roma il r. librario latino non si discostasse nella struttura e nelle tecniche da quello greco, con l'avvertenza, tuttavia, che le testimonianze superstiti sono soprattutto di carattere letterario o iconografico e perciò da valutare con cautela, mentre quelle direttamente conservate risultano troppo scarse e frammentarie perché si possa giungere a saldi risultati.
Per quanto concerne il r. illustrato - la cui conoscenza si è accresciuta grazie a nuovi ritrovamenti - i materiali greci, indagati dall'angolo visuale dello stretto rapporto tecnico e funzionale tra testo e illustrazione, hanno consentito di risalire meglio alle origini stesse del libro figurato, di individuarne livelli qualitativi diversi, di precisare i dispositivi che regolano la sistemazione di scrittura e immagini nel r. in relazione ai procedimenti di lettura.
Le modalità secondo le quali veniva letto un r., figurato o meno, sono state ultimamente indagate sulla base delle testimonianze letterarie e iconografiche. Si prendeva il r. nella mano destra e lo si svolgeva progressivamente con la sinistra, che ne tratteneva la parte già letta; a lettura ultimata il r. restava tutto avvolto nella sinistra. Quando la lettura si interrompeva brevemente, il r. veniva trattenuto da una sola mano che congiungeva i due cilindri alle estremità, mentre l'altra mano restava libera. Si conserva solo qualche r. che rechi una numerazione dei kollèmata o delle singole colonne, sicché si deve credere che, di regola, indicazioni del genere mancassero e che perciò fosse molto difficile ritrovare un passo o citarlo direttamente.
Il r. poteva essere non solo di papiro, ma anche - assai di rado nell'antichità ma di norma a partire dai primi secoli del Medioevo - di pergamena. Quando nelle pratiche librarie la forma del codice venne definitivamente a sostituirsi a quella del r., quest'ultimo, in Oriente più che in Occidente, rimase limitato a usi particolari, scritto di regola transversa charta. A eccezione del c.d. Rotolo di Giosuè, è questa la tipologia in uso nel Medioevo sia greco sia latino, anche ove si tratti di r. illustrati.
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