La più comune forma di libro in uso nella civiltà antica, orientale e occidentale (lat. rotulus o volumen). È costituito da sezioni regolari, di vario materiale (seta, papiro, pergamena), incollate o cucite in modo da formare una lunga striscia, avvolta intorno a un piccolo cilindro di legno, d’osso o d’avorio (detto ombelico) con due estremità sporgenti, a forma di pomelli d’avorio, d’oro, d’argento (secondo il valore e il tipo del manoscritto), con attaccata una striscia di pelle recante il titolo dell’opera. La scrittura, perpendicolare alla direzione di arrotolamento, disposta a colonne (paginae) costituite da più righe, si trova solo nella parte interna e corre parallela alle fibre, sul recto (parte anteriore) del foglio. Raramente si ha la scrittura eseguita anche sul verso (parte posteriore) dei r., detti allora opistografi. Il r. venne soppiantato dal libro in forma di codice, nella cultura greca e latina, tra il 4° e il 5° sec. d.C.
Per i r. liturgici in uso nell’Italia meridionale nel 10°-13° sec., ➔ exultet.
Nella liturgia ebraica, è ancora in uso il r. in pergamena con il testo del Pentateuco. Cinque r. Nel canone biblico ebraico, i libri di Rut, Cantico dei Cantici, Ecclesiaste, Lamentazioni ed Ester, compresi tra gli Agiografi (➔ Bibbia).