ROSSELLI, Sabatino detto Nello
– Nacque a Roma il 29 novembre 1900, terzo figlio di Giuseppe Emanuele (Joe), musicista, e di Amelia Pincherle Moravia.
Le famiglie dei genitori appartenevano all’élite ebraica italiana del tempo; e tanto per le condizioni materiali quanto per la non comune rete di relazioni un simile sfondo va tenuto presente. Dopo la separazione dal marito, Amelia, scrittrice e autrice di teatro, si trasferì a Firenze nel 1903. Il largo contesto familiare e amicale – nel quale spiccava la figura del fratello di Amelia, Gabriele, magistrato e senatore; ma occorre ricordare gli Zabban, gli Orvieto, i Ferrero, e personaggi come Alessandro Levi, cugino dei Rosselli e studioso ben presente nella formazione e nelle ricerche di Nello – consentì ad Amelia di affrontare una fase di difficoltà, ben inserita nella vita intellettuale cittadina. Poco prima della morte, avvenuta nel 1911, Joe si riavvicinò alla moglie; e grazie alla sua eredità, una partecipazione azionaria in imprese minerarie, la famiglia avrebbe potuto contare su notevoli risorse nel primo dopoguerra. La dimensione ebraica, intesa come educazione religiosa, non fu curata da Amelia. Come avrebbe ricordato, «anche le forme religiose esteriori, che potevano aver l’aspetto di un pericoloso isolamento nella nazione, furono eliminate [...]. Ebrei? Sì: ma prima di tutto italiani» (Rosselli, 2001, p. 128). L’elemento dell’italianità è altro dato di fondo da sottolineare, nell’intreccio con la fortissima presenza familiare dell’etica e delle memorie mazziniane. In generale, e per il corso dell’intera vita dei fratelli Rosselli, il ruolo della madre, sul piano morale, psicologico, materiale, non può essere sottovalutato.
Le vicende della Grande Guerra toccarono dolorosamente la famiglia. Il primo dei tre fratelli, Aldo, nato nel 1895, si arruolò volontario per morire al fronte nel marzo del 1916. Nello, impegnato anche in opere di assistenza, fondò allora una rivista, Noi giovani, uscita dalla fine del 1916 al giugno 1917: l’inclinazione verso l’attività letteraria, pubblicistica, editoriale sarebbe poi rimasta tratto caratteristico della sua esperienza intellettuale. Richiamato alle armi nell’aprile 1918, non fu impegnato in azioni di combattimento.
Prima di partire, completati gli studi liceali, si era iscritto all’Università di Pisa, per poi passare alla sezione letteraria dell’Istituto di studi superiori di Firenze. Congedato nel novembre 1919, fece uno degli incontri decisivi della sua vita, non solo sul piano scientifico, quello con Gaetano Salvemini. Oggetto iniziale della tesi di laurea, Il problema sociale in Italia dal 1860 al 1890, poi circoscritto a uno studio su Mazzini e il movimento operaio in Italia dal 1861 al 1872. Salvemini era relatore esigente: annotava nel diario di trovare in quelle pagine «Molte notizie interessanti. Ma scarsa abilità nel metterle avanti. Mi occorrerà molta fatica a rifare il lavoro» (Memorie e soliloqui. Diario 1922-1923, a cura di R. Pertici, Bologna 2001, pp. 36 s.). Felice conclusione di un percorso non semplice fu la laurea, il 21 marzo 1923; la tesi avrebbe costituito la base dell’opera storica forse più importante di Rosselli, Mazzini e Bakounine. Dodici anni di movimento operaio in Italia (1860-1872), apparsa nel 1927 a Torino per i tipi dei Fratelli Bocca. Gli anni di apprendistato storiografico di Nello coincisero con quelli del confronto con il tracollo delle istituzioni liberali in Italia.
Il punto di vista di Rosselli va ricondotto ad alcuni dati essenziali. Il rigoroso codice familiare, anzitutto, legato alla sfera della responsabilità, e a un vivissimo sentimento nazionale, alimentato dal prezzo pagato in guerra; poi la volontà di promuovere analisi e discussioni pubbliche attraverso la costituzione di gruppi, la collaborazione a riviste, le iniziative editoriali; infine, una certa sensibilità solidale, maturata anche nel periodo della leva, e che si traduceva in iniziative concrete di tipo filantropico, accompagnata dal disagio, e da un sostanziale rifiuto, di fronte alla violenza – tratto psicologico da considerare, in un personaggio capace di affrontare passaggi anche traumatici della propria esistenza con una disposizione d’animo di accettazione non priva di curiosità: si pensi alle pagine riservate Al confino (Nello Rosselli, 1979, pp. 21-31), prova, assieme ad altre, del rilievo di Nello come scrittore del sé, oltre che come epistolografo.
Fra il 1919 e il 1921 Rosselli si avvicinò alla rivista Vita e agli ambienti postintesisti e internazionalisti dell’associazione Effort; dalla fine del 1920 un gruppo di giovani che facevano capo a Salvemini prese a riunirsi per discutere dell’attualità politica. Il problema centrale, e irrisolto, fu allora quello di individuare la natura del fascismo in rapporto agli altri elementi della crisi italiana, in specie, seguendo Salvemini, a quella dei partiti politici, e alle suggestioni rivoluzionarie.
Un approccio di tipo dottrinale, a fronte del primo fascismo, era di fatto improduttivo; e se si considera lo sconcerto dei maestri – di Salvemini, che ancora nel maggio 1923 riteneva «preferibile Mussolini» a un accordo fra i leader prefascisti, e che poco dopo la marcia su Roma aveva pensato, per rigenerare la classe dirigente italiana, a «un gruppo di una ventina di uomini [...] che per venti anni si dedicassero a un lavoro di coltura politica» (G. Salvemini, Memorie e soliloqui, cit., p. 51) – si può ben comprendere l’incertezza dei più giovani. Nel 1927 il prefetto di Firenze avrebbe potuto attribuire a Rosselli una iniziale simpatia per il fascismo; ancora nel 1939 in un – infame – appunto poliziesco si cercava di valorizzare questo presunto precedente, attribuendo al viaggio fatale di Nello in Francia lo scopo di «persuaderlo [Carlo] dell’inutilità della sua velenosa propaganda contro il regime» (Un’altra Italia..., 2002, p. 89). La vita di Nello e i documenti dicono altro; ma la definizione di un atteggiamento politico, nei primi anni Venti, fu complessa. Dovette contare non poco, per Nello, il richiamo alle armi nel 1922, come mostrano alcune lettere alla madre: nel febbraio osservava che «siamo a buio pesto; e s’allunga il numero di quelli che aspirano a una dittatura» (I Rosselli, 1997, p. 141); e nell’agosto, a proposito dello sciopero ‘legalitario’: «Mi sembra, a dire il vero, assolutamente spropositata l’idea di questa manifestazione forzatamente sterile, condannata all’insuccesso, ispirata da una situazione politica di cui son responsabili, anche, i socialisti stessi! No?» (p. 143).
La risposta fu di tipo intellettuale, legata, dall’inizio del 1923, alle attività del fiorentino Circolo di cultura. A un impianto basato sul confronto e sul contraddittorio, con la presentazione di voci diverse, Rosselli aveva pensato anche per una collana della casa editrice La Voce, nella quale era impegnato.
In questa fase presero corpo, accanto alle diverse attitudini dei due fratelli, diversi orientamenti politici, nei passaggi drammatici seguiti al delitto Matteotti. Il comune accostamento al movimento di Italia libera – che di fronte all’illegalità di Stato agiva nascostamente – dette luogo però a scelte partitiche diverse, socialista per Carlo, amendoliana, nell’Unione nazionale, per Nello, nel novembre 1924. Nel corso di quell’anno Nello si era anche avvicinato a Piero Gobetti, pubblicando un breve saggio di argomento storico nella Rivoluzione liberale; ma non si trattò né di piena solidarietà nell’azione, presto anzi interrotta, dato che Nello, sulla linea di Giovanni Amendola, sperava in una possibile soluzione politica poggiata sul re e su un centro liberale, né di una adesione in senso lato storiografica, anche se certi tratti della diagnosi gobettiana sui nessi fra storia italiana recente e fascismo non erano estranei alla riflessione di Rosselli. Sempre nel 1924, all’inizio di novembre, prese parte al IV Congresso giovanile ebraico, svoltosi a Livorno. Ebreo che non conosceva la lingua né si recava al tempio, secondo la propria presentazione, Rosselli avrebbe però sposato nel dicembre 1926 Maria Tedesco con rito ebraico e ai figli (Silvia, Paola, Aldo, Alberto, nato, quest’ultimo, un mese prima della morte del padre) avrebbe impartito un’educazione ebraica. Distante tanto da forme di neotradizionalismo quanto da una prospettiva sionista, Rosselli allora sottolineò, del proprio ebraismo, «il senso della mia responsabilità personale», aggiungendo di considerare «con ebraica severità il compito della nostra vita terrena, e con ebraica serenità il mistero dell’oltretomba» (Nello Rosselli, 1979, p. 3).
A Firenze la fine d’anno 1924 fu di violenza; il 5 gennaio 1925, dopo il discorso di Benito Mussolini, il Circolo di cultura fu sciolto. Era il momento dell’azione non legale, e fu Nello a battezzare il Non mollare. Del nuovo foglio si sarebbe però occupato poco, inviato in Germania da Salvemini dal marzo 1925. Vari anni più tardi, in appunti stesi per la redazione di una storia dell’Italia contemporanea, Rosselli avrebbe scritto che l’avvento al potere di Hitler aveva mostrato «come sia possibile a un gruppo di violenti fanatici paralizzare la vita di una nazione per confiscarne il governo a proprio profitto, quale che sia la vitalità dei partiti avversi» (ibid., p. LXVIII). Il tramonto dell’Italia liberale era stato invece letto, in ambito rosselliano e non solo, in termini di crisi etica, di dissoluzione politica e partitica, di necessaria riforma morale. L’opera dello storico ne avrebbe risentito, senza peraltro subire torsioni troppo violente nel senso di una immediata e strumentale politicità. Salvemini, oltre a inviare Rosselli in Germania per estendere le sue ricerche su Bakunin e sulla I Internazionale, aveva pensato anche di sottoporlo a quel tirocinio medievistico raccomandabile a chi volesse allora inserirsi nei quadri della storiografia accademica, con una ricerca, avviata, sul problema annonario. Proprio su questo terreno la vicenda di Rosselli si differenziò da quella degli storici suoi coetanei: basterebbe un confronto sinottico con l’iter scientifico e istituzionale di Federico Chabod a darne conto. Un solo punto in comune, qualificante, in effetti: l’ammissione alla scuola di storia moderna e contemporanea, a Roma. Di Gioacchino Volpe, che la dirigeva, Rosselli aveva buona considerazione; e riteneva, come scrisse alla madre nell’aprile del 1926, che quell’esperienza avrebbe potuto rivelarsi fruttuosa sia in prospettiva universitaria, sia nel caso, come fu, di «una vita [...] fuori quadro» (I Rosselli, 1997, p. 302).
Fino ad allora Nello aveva pubblicato poco: un saggio legato alla tesi, destinato nel 1924 alla Nuova rivista storica, un altro contributo su repubblicani e socialisti nell’Italia unita, con evidente sfondo politico, apparso nel 1926 in Critica politica, alcune brevi note fra storia e politica nel Quarto Stato, rivista animata dal fratello e da Pietro Nenni. Il concorso non era andato bene: quinto posto. Ma due rinunce resero possibile l’ingresso. Volpe ebbe allora fra le mani le bozze del Mazzini; nell’Italia in cammino (Milano 1927) avrebbe accennato in tono liquidatorio all’opposizione antisocialista del tardo Mazzini. Tuttavia, l’analisi svolta da Rosselli sulle condizioni materiali di vita all’indomani dell’Unità – nel capitolo, per esempio, sui moti del macinato –, il racconto dei contrasti politici, ma anche del progressivo organamento di gruppi e ceti, condizione dell’avvio di un moto ascensionale, il richiamo alla dimensione internazionale di quelle vicende e all’avversione di Mazzini per l’opera dell’Internazionale dovettero interessare Volpe. Rosselli era consapevole della scarsa tenuta, all’interno di quelle dinamiche, dell’associazionismo mazziniano, e della sconfitta politica di Mazzini; d’altro canto, tutto rosselliano era il gioco di contrapposizioni di caratteri e sensibilità per cui «Mazzini è sentito in ogni parte del mondo e, se pur lo si discute e nega, lo si comprende ed ama; Marx si studia e si ammira» (Mazzini e Bakunin, Torino 19765, p. 136). In generale, sul Mazzini di Rosselli sembra proiettarsi il senso di un destino e di una prospettiva ancora aperti, di quel debito per l’avvenire del quale aveva scritto, alla sua morte, Giosue Carducci. L’opera ebbe buona accoglienza; non da parte di Antonio Gramsci che però, in un malevolo commento epistolare, coglieva un punto che accomuna i principali scritti storici di Rosselli, quello della loro relativa novità in rapporto allo stato degli studi del tempo.
L’impegno di ricerca ed editoriale assunto da Rosselli con Volpe andava in altra direzione. Durante il soggiorno in Germania di Nello, Salvemini era stato arrestato, e casa Rosselli devastata; dopo il suo rientro, in rapida successione, nuove violenze fasciste che lo costrinsero a riparare a Cortona presso Umberto Morra, le dimissioni di Salvemini già espatriato, la stretta repressiva dopo l’attentato Zaniboni, la morte di Gobetti. E la scuola romana non fu approdo sereno. Carlo era stato arrestato nel dicembre 1926, dopo la fuga di Filippo Turati; a Nello sarebbe toccata la stessa sorte nel giugno 1927, con la condanna al confino per cinque anni.
Fra gli studi allora condotti, quelli che lo portarono alla stesura di un saggio, rimasto inedito, sulla Destra storica, da leggere accanto alla monografia su Carlo Pisacane; sullo sfondo, la storia dell’Italia recente fra il revisionismo gobettiano, Volpe, Benedetto Croce. Qualche riserva sulla ricostruzione crociana, specie in rapporto a Giovanni Giolitti, Nello la nutriva; e c’era poi il problema della crisi politica e morale, dell’esito fascista di quella vicenda, in termini di autobiografia e di rivelazione. Ne derivavano delle tensioni indicative. Gli uomini della Destra, scriveva, avevano trasformato radicalmente il Paese, né questa era stata grigia opera di amministrazione, perché allora «l’osservanza delle regole costituzionali» (L’opera della Destra, 1928, in Saggi sul Risorgimento e altri scritti, Torino 1946, p. 243) fu comunque garantita, realizzando così «una profonda indimenticabile opera di educazione del Paese tutto» (p. 247): ma allora occorreva ridefinire tempi e termini della patologia nazionale. Il tema sarebbe riemerso nel Pisacane. Rosselli coglieva l’anacronismo pratico dell’impresa; una breve guerra convenzionale al posto della guerra di popolo, minoranze accettabilmente organizzate al posto del «consenso attivo delle maggioranze» (Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano, 1932, Milano 1958, p. 30), queste le forze vincitrici. Ma sarebbe stata proprio la facilità del successo ad alimentare poi aspettative immotivate e insoddisfazione corruttrice, che avrebbero opposto al «danno del regime libero» la speranza nella «magia politica» (p. 33). Sicché, come per Mazzini, anche per il Pisacane pensatore – meno per l’uomo d’azione suicida, ma senza dimenticare il lascito morale – sembrerebbe valere il debito per l’avvenire. Adolfo Omodeo vi vedeva, preoccupato, e non a torto, tracce di gobettismo; Gramsci in questo caso si mostrò più interessato, ma sul piano dell’egemonia Gioberti era altra cosa. Il libro, importante anche perché dava corpo all’idea di ripercorrere la storia preunitaria del socialismo, era scritto e fu letto in chiave politica, nel rapporto fra l’impianto teorico dell’analisi e le scelte volontaristiche dell’azione.
Il primo confino di Rosselli si concluse nel febbraio 1928, nonostante il suo rifiuto di dichiararsi dedito, per il futuro, solo agli studi; in suo favore intervennero Volpe e soprattutto Paolo Boselli, presidente del Comitato nazionale per la storia del Risorgimento e amico dello zio Gabriele. Nello riprese allora i suoi viaggi d’archivio, a Palermo, Roma, Napoli, nell’autunno 1928, e Torino, nell’inverno 1928-29. Poi, dopo l’evasione di Carlo da Lipari, un nuovo arresto, nel luglio 1929, e il confino a Ustica e Ponza. All’inizio di novembre venne liberato, grazie a Volpe e alla risonanza internazionale del caso, per l’arresto della cognata Marion Cave; Nello si scoprì allora, per breve tempo, promettente pittore. La politica non lo abbandonava, né egli, pur appartato, poteva abbandonarla, almeno nei termini di una riflessione di prospettiva sul fascismo, irriducibile a reazione borghese. Terminato il triennio presso la scuola, Nello – che viveva dei beni di famiglia, e che non seguì l’iter di insegnamento e coinvolgimento istituzionale degli studiosi suoi coetanei: indipendenza, ma anche isolamento, aggravato dalle persistenti incertezze sulla propria collocazione – proseguì le ricerche sui rapporti diplomatici fra Gran Bretagna e Stati italiani a Londra, con il beneplacito di Volpe, che affrontò qualche frizione con Mussolini. Dal giugno del 1930 alla fine del 1934 i ripetuti soggiorni inglesi consentirono a Nello di mantenere una serie di relazioni familiari e intellettuali. Fra il 1932 e il 1933 avviò il progetto di una rivista di storia europea (non osteggiato da Volpe e naufragato soprattutto per la prudente freddezza dei più giovani volpiani), che fu forse per Nello il tentativo più maturo di inserimento nei quadri della storiografia professionale. Lasciata cadere un’ipotesi statunitense prospettata dall’amico Max Ascoli, rimasta sulla carta una proposta di Leone Ginzburg per un libro su Mazzini, Rosselli avviò uno studio su Giuseppe Montanelli, proseguendo il lavoro di storia diplomatica, incompiuto, e non privo di interesse, sia come sezione di un più ampio disegno di scuola, sia per l’indagine sulla storia sabauda.
Un certo smarrimento non impedì a Nello di seguire l’evoluzione politica di Carlo, anche se non pare documentato l’appoggio all’apertura ai comunisti cercata da Carlo nel 1936-37. Nello si recò in Francia il 5 giugno 1937, al posto della madre; all’origine di quell’incontro, forse, anche motivi familiari.
Fu assassinato, insieme a Carlo, da sicari francesi armati dai fascisti il 9 giugno 1937 a Bagnoles-de-l’Orne, in bassa Normandia.
Fonti e Bibl.: Le carte Rosselli sono attualmente depositate alla Fondazione Rosselli di Torino. Un fondo Nello Rosselli di 14 buste è conservato presso l’Archivio di Stato di Firenze: si compone di appunti e documenti raccolti per un suo studio su Montanelli che diede luogo alla pubblicazione nel 1936 sull’Archivio storico italiano dell’articolo Giuseppe Montanelli e il problema toscano del 1859.
Per una bibliografia degli scritti di Nello si rimanda a N. Dell’Erba, Scritti di Nello Rosselli (1917-1937), in Politica, valori, idealità. Carlo e Nello Rosselli maestri dell’Italia civile, a cura di L. Rossi, Roma 2003, pp. 185-188, e all’annessa Bibliografia sui fratelli Rosselli (1937-2001), ibid., pp. 189-231.
Per la biografia di Nello si veda soprattutto l’equilibrata e documentata messa a punto di G. Belardelli, Nello Rosselli, Soveria Mannelli 2007, che riprende e rivede uno studio del 1982.
Per la storia della famiglia: A. Rosselli, Memorie, a cura di M. Calloni, Bologna 2001.
Per i carteggi: I Rosselli. Epistolario familiare 1914-1937, a cura di Z. Ciuffoletti, Milano 1997; Politica e affetti familiari. Lettere di Amelia, Carlo e Nello Rosselli a Guglielmo, Leo e Nina Ferrero e Gina Lombroso Ferrero, 1917-1943, a cura di M. Calloni - L. Cedroni, Milano 1997.
Sull’assassinio: M. Franzinelli, Il delitto Rosselli, 9 giugno 1937. Anatomia di un omicidio politico, Milano 2007.
Contributi critici e materiali documentari in cataloghi e volumi miscellanei: Nello Rosselli. Uno storico sotto il fascismo. Lettere e scritti vari (1924-1937), a cura di Z. Ciuffoletti, Firenze 1979; Lessico familiare. Vita, cultura e politica della famiglia Rosselli all’insegna della libertà, a cura di Z. Ciuffoletti - G.L. Corradi, Città di Castello 2002; Non a Ustica sola... Atti del Convegno Nello Rosselli storico e antifascista..., Ustica... 2000, a cura di R. Albani - M. Caserta - G. Delfini, Firenze 2002; Un’altra Italia nell’Italia del fascismo. Carlo e Nello Rosselli nella documentazione dell’Archivio Centrale dello Stato, a cura di M. Giannetto, Città di Castello 2002; I colori della libertà. Il mondo di Nello Rosselli fra storia, arte e politica, a cura di A. Colombo, Milano 2003; P. Bagnoli, Una famiglia nella lotta: Carlo, Nello, Amelia e Marion Rosselli. Dalle carte dell’Archivio dell’Istituto storico della Resistenza in Toscana, Firenze 2007; I fratelli Rosselli. L’antifascismo e l’esilio, a cura di A. Giacone - E. Vial, Roma 2011.