PILO, Rosolino
Patriota, nato a Palermo il 15 luglio 1820, morto sulle alture di San Martino, presso Palermo, il 21 maggio 1860. Apparteneva a nobile famiglia, ma non già discendente dai duchi d'Angiò, di Francia, come per tanto tempo si è creduto. Rimasto in tenera età orfano di padre, fu destinato alla carriera ecclesiastica e posto a studiare in un collegio di teatini, ov'ebbe a maestro il padre G. Ventura; ma il giovinetto mostrò ben presto avversione a quella carriera, e nel 1831, mortagli anche la madre, per suggerimento del suo precettore, andato nel frattempo a Roma, fu inviato colà e ammesso in un collegio pure retto dai teatini. Compiti gli studî, tornò a Palermo e dai fratelli ebbe l'incarico di amministrare l'eredità paterna; ma fin da allora si mostrò ardente amatore di libertà e contrasse amicizia con quei coetanei che dividevano gli stessi principî politici. Partecipò alle dimostrazioni patriottiche che si svolsero a Palermo prima del 12 gennaio 1848, e fu dei più attivi preparatori e attori giel moto insurrezionale, con cui fu iniziata la rivoluzione italiana. Fece parte del governo provvisorio siciliano, con l'incarico della dinzione dell'artiglieria, e fu dapprima sostenitore di quel governo, che ebbe intonazione moderata; quindi si accostò al partito che aveva principî repubblicani, perché gli parve più pronto all'azione e a tentare i mezzi per fronteggiare i pericoli di una restaurazione borbonica. Deprecò infatti la lentezza e talvolta l'inerzia con cui si procedeva agli armamenti e all'organizzazione militare; e quando il governo di Sicilia ritenne impossibile di resistere contro l'esercito borbonico inviato nell'isola al comando del Filangieri, e ceduto il potere si ritrasse in esilio, il P. "piangendo le sventure della patria", insieme col Crispi, con i fratelli Orlando e con altri animosi s'imbarcò per Marsiglia (26 aprile 1849), recandosi subito a Genova. Postosi in relazione col Mazzini, che conobbe personalmente nel luglio del 1856, quando l'infaticabile agitatore si recò furtivamente nella sua città natale per preparare un moto insurrezionale nella Lunigiana, ne divenne subito uno dei più devoti discepoli. Ardente cospiratore, sebbene in condizioni di salute assai precarie, partecipò attivamente ai preparativi della spedizione guidata da C. Pisacane per far insorgere il regno di Napoli, ed ebbe incarico d'imbarcare armi e munizioni per recarle nei pressi dell'isola di Montecristo, dove il Pisacane, sul Cagliari, si sarebbe trovato il 10 giugno 1857 con i suoi e le avrebbe prese a bordo per poi avviarsi alla fatale impresa. Il P. partì su una barca a remi, quattro giorni prima, e secondo un ordine prestabilito, raggiunse una tartana sulla quale fece trasbordare le armi e gli uomini che recava con lui; la bonaccia non permise alla tartana di navigare verso la meta prefissa, e poiché sopraggiunse un furioso temporale, il carico d'armi fu dovuto gettare in mare, e il P. e i suoi compagni furono costretti a tornare a Genova (9 giugno). Ciò nonostante il Pisacane il 25 giugno partì sul Cagliari, con l'intesa che il P., salito il giorno innanzi su una barca da pesca, l'avrebbe raggiunto in alto mare insieme con altri animosi; ma anche questa volta il disegno fallì. Tornato a Genova, dove il Mazzini aveva preparato l'ardito disegno di assalire (29 giugno) i due forti, Diamante e Sperone, al fine d'impadronirsi dei depositi d'armi da inviare in soccorso del Pisacane, il P., fallito anche quel tentativo, fu attivamente ricercato dalla polizia sarda, ma riuscì a fuggire a Malta, dove rimase un anno in stretta relazione con N. Fabrizî, e di là (luglio 1858) andò a Londra per riunirsi al Mazzini, tenendosi in attiva corrispondenza con gli esuli di Malta e con i patrioti di Sicilia, anelante a un segnale d'insurrezione dell'isola nativa. Sul finire del luglio 1859 raggiunse il Mazzini in Italia, sperando che dopo Villafranca, e liberate la Toscana e le Romagne, la rivoluzione si estendesse all'Italia meridionale e alla Sicilia. Si trovava a Firenze, quando il Mazzini, che era colà, nell'agosto gli affidò l'incarico di recarsi in Romagna, latore di lettere al Pasi, al Roselli, al Ribotti, comandanti le truppe di volontarî ivi stanziate, con l'esortazione di varcare il confine pontificio. Ma giunto a Bologna, fu arrestato e solamente per intercessione di Garibaldi, anch'egli in Romagna al comando di una divisione dell'esercito della Lega, poté essere liberato il 25 settembre, ma fu scortato da carabinieri fino al confine svizzero. Il P. visse alcuni mesi a Lugano, e il 13 dicembre poté recarsi a Genova, essendogli giunta notizia che la Sicilia era pronta a insorgere. Era notizia prematura; ma già da allora si riteneva che Garibaldi, ritiratosi sdegnosamente dalla Cattolica, avrebbe dovuto essere il duce di una spedizione nell'isola, e per più mesi il P. s'adoperò perché fosse realizzato l'audace disegno, poi, quando lo vide procrastinato di giorno in giorno, rotto ogni indugio, informato che Palermo era pronta a sollevarsi, insieme con G. Corrao si decise ad essere l'antesignano dei Mille, e il 26 marzo s'imbarcò su una vecchia tartana guidata da un animoso marinaio viareggino (S. Palmarini). Giunse il 9 aprile, dopo una pericolosa navigazione, presso Messina, e colà seppe che quattro giorni prima Palermo era insorta. Dopo una vana ricognizione su Catania, tornato a Messina e fatti disperati appelli perché si affrettasse la spedizione di Sicilia, giunse nei dintorni di Palermo, ovunque animando gl'insorti. L'11 maggio, presso Piana dei Greci seppe che Garibaldi era sbarcato a Marsala e che procedeva vittorioso. Il 14 ebbe notizia che il Duce dei Mille aveva vinto a Calatafimi, e da lui nei giorni seguenti fu pressantemente esortato a fronteggiare le truppe borboniche dalla parte di Monreale, per facilitargli l'avanzata su Palermo dalla parte dell'altipiano di Renda. Il 21 maggio le truppe borboniche, prima di assalire i garibaldini, decisero di disperdere le squadre del P. accampate sulle alture di San Martino. Durante l'assalto, una palla di moschetto lo colpì alla testa, mentre, seduto su una roccia, scriveva un biglietto a Garibaldi; e si spense due ore dopo.
Bibl.: F. Venosta, R. P., notizie storiche, Milano 1863; R. Motto, Relazione esatta della spedizione di R. P. e G. Corrao avvenuta nel 1860, Pisa 1877; E. De Marco, R. P. precursore di Garibaldi in Sicilia, Catania 1892; G. Paolucci, R. P. Memorie e documenti dal 1857 al 1860, in Arch. stor. siciliano, 1899; G. Romano Catania, R. P. e la rivoluzione siciliana del 1848-49, in Nuova Antologia, 16 novembre 1904; A. Arzano, Come morì R. P., in Memorie stor. militari, 1914; R. Pilo, Esatta cronaca dei fatti avvenuti in Sicilia e preparativi di rivoluzione prima del 12 gennaio 1848, in Il Risorg. ital. riv. stor., 1914; T. Palamenghi-Crispi, N. Fabrizi, C. Pisacane e R. P. Nuovi documenti relativi alla spedizione di Sapri, ibid.; F. Guardione, La spedizione di R. P. nei ricordi di G. Corrao, in Rass. stor. d. Risorg., 1917; G. Maggiore, R. P., Roma-Milano 1928; G. Mazzini, Opere (ediz. nazionale, voll. LXIII e LXV).