Vedi ROSELLE dell'anno: 1965 - 1997
ROSELLE (Rusellae)
Una delle città della dodecapoli etrusca, situata su una piccola collina circa 9 km a N di Grosseto, verso l'interno. Nell'antichità essa si trovava sul lato meridionale del lacus Prelius (o Prilius), mentre sul lato opposto era Vetulonia; probabilmente controllava il passo dell'Ombrone sulla strada che doveva collegare Saturnia e Marsiliana con Vetulonia. Rispetto al discusso tracciato della via Aurelia in questa regione R. doveva invece trovarsi un po' arretrata.
Le fonti ricordano i Rusellani per la prima volta, quando con i Chiusini, gli Aretini, i Volaterrani e i Vetuloniesi promisero aiuto ai Latini contro Tarquinio Prisco (Dion. Hal., iii, 51), poi durante le guerre delle città etrusche con Roma, secondo una tradizione non da tutti accettata (De Sanctis, St. d. Rom., ii, 359), R. prese parte a varie coalizioni contro Roma, fu sconfitta nel 298 e infine sottomessa nel 294 a. C. dal console L. Postumio Megello dopo un assedio nel corso del quale, secondo quanto dice Livio, morirono quasi 2000 difensori ed altrettanti furono fatti prigionieri (Liv., x, 4 e xxxvii, 3). Dopo la conquista romana R. è ricordata una sola volta nel 205 a. C., durante le guerre puniche, per aver fornito con Chiusi e Perugia grano e abeti per la flotta di Scipione (Liv., xxviii, 45, 14). Dopo la lex Iulia la popolazione fu iscritta nella tribù Scaptia. Le fonti epigrafiche per il territorio rosellano sono costituite da un piccolo numero di iscrizioni romane, per lo più funerarie; alcune votive indicano i culti di Iuppiter Victor e degli imperatori. Dalle iscrizioni e dall'elenco di Plinio sappiamo che fu colonia, ma non è nota l'epoca in cui essa fu dedotta (Nat. hist., iii, 51 e Ptol., iii, 1, 43; C.I.L., xi, 2618). La città andò poi decadendo col crescere dei centri in pianura lungo l'Aurelia e nel V sec. d. C. essa appare dalla descrizione di Rutilio Namaziano (i, 220) semideserta. Era tuttavia sede di un importante vescovado: il primo vescovo noto è Cassiodoro, nel 499, poi i vescovi di R. partecipano ai sinodi del 649 e del 68o e solo nel 1138 la sede del vescovado fu trasferita a Grosseto. La diocesi, come si può ricostruire dai documenti, aveva una notevole estensione che corrispondeva probabilmente all'antico territorio di R. più una parte di quello di Vetulonia. La contea rusellana, con quelle di Populonia e di Sovana, fu data al Papa nel 787 da Carlo Magno; dall'862 fece parte dei feudi degli Aldobrandeschi, saccheggiata, pare, dai Saraceni nel 935 fu poi infeudata da Federico II al comune di Siena nel 1243. La città a quest'epoca era ridotta a un castrum; resti di una probabile torre di vedetta, forse collegata a un sistema di torri nel circondario, si notano sulla sommità della collina di S-E, non lontano dalle mura. In seguito fu del tutto abbandonata e attualmente all'interno delle mura si trova solo una casa colonica, mentre il resto del terreno è a pascolo o a cultura. Più desolata doveva essere però nei secoli scorsi quando la zona era malarica; i viaggiatori che la visitarono nell'8oo, e in particolare il Dennis, ci hanno lasciato pittoresche descrizioni dello stato selvaggio e impenetrabile della collina, invasa dai pruni e dalle marruche sotto le quali si nascondevano le mura e le rovine.
La parte alta del colle, dove si estese la città, è costituita da due sommità piuttosto arrotondate, con in mezzo un'ampia vallata, circondate da un possente cerchio di mura che segue l'andamento del terreno con rientranze e sporgenze; come nelle altre città etrusche arcaiche non vi sono torri. Le mura sono conservate quasi per tutto il circuito, che misura circa 3 km, in alcuni punti per più di 7 m di altezza. Tra il 1957 e il 1960 l'Istituto Archeologico Germanico di Roma ha condotto una serie di saggi per l'esecuzione del rilievo completo della cinta, saggi che hanno confermato che le mura risalgono in buona parte al VI sec. a. C. e appartengono all'impianto della città etrusca; alcuni tratti sono in grossi blocchi poligonali non lavorati sulla superficie, altri a blocchi quadrangolari di varie misure, altri ancora poligonali ma con la faccia ben lavorata; differenze da ascriversi probabilmente ai diversi tipi di pietra locale impiegati. Altre parti della cinta, soprattutto nel tratto S-E, sono invece a blocchi quadrati in assise più regolari ed appartengono probabilmente a rifacimenti più tardi; in alcuni punti poi sono stati osservati rappezzi ancor più recenti dove compare il calcestruzzo. Il muro, conservato quasi ovunque per un'altezza pari o poco superiore a quella del terreno all'interno, ha uno spessore di m 1,90 in alzato e m 2,30 in fondazione. Per una notevole lunghezza nella parte N della cinta sono stati messi in luce i resti di un muro più antico, situato entro uno strato archeologico databile al VII sec. a. C., in mattoni crudi e largo m 1,80, il cui tracciato coincide in parte con quello posteriore o passa leggermente più in fuori o più in dentro. Le porte della città erano forse cinque a quanto si può dedurre dalla conformazione del terreno e dalla presenza di sentieri moderni che probabilmente ricalcano delle strade antiche, ma solo una, quella N, è stata sicuramente identificata dagli scavi dell'Istituto Germanico che ne hanno messo in luce la camera d'accesso e il canale di scolo sottostante alla strada.
All'interno della città gli scavi, avviati per una sola campagna nel 1942 dall'Istituto di Studi Etruschi, sono stati ripresi nel 1959, in collaborazione con la Soprintendenza alle Antichità di Firenze e sono tutt'ora in corso; la pianta d'insieme che è oggi rilevabile è quindi necessariamente frammentaria e comprende i risultati delle prime quattro campagne fino al 1962. Osserviamo che l'abitato non raggiunge le mura di cinta, escluso forse in alcuni tratti per il periodo ellenistico; nello spazio libero a N e ad E si notano le cave di pietra utilizzate probabilmente per la costruzione delle stesse mura. Le case si sono invece concentrate sulla sommità delle due colline e nell'ampia vallata intermedia protetta dai venti.
Le tracce di un abitato tardovillanoviano sono costituite dal rinvenimento di uno strato di quel periodo in varî punti della città, proprio a contatto con la roccia. Al periodo immediatamente seguente, forse ancora alla fine del VII sec. a. C., appartengono alcune costruzioni in mattoni crudi rinvenute al centro della vallata, mattoni in parte bruciati da un incendio che ne ha favorito la conservazione. Un lungo muro rettilineo è interrotto da una porta, nella cui soglia era incastrato nell'argilla cruda un trave di legno, ora carbonizzato, sul quale probabilmente si fissavano i battenti; un altro muro fa angolo con questo e sembra delimitare un ambiente o un recinto piuttosto ampio. Sui pavimenti in terra battuta si sono rinvenuti, in frammenti, grossi vasi di impasto, buccheri decorati a impressioni e a baccellature, pesi piramidali in impasto grezzo.
Nella stessa zona pare attestata la presenza di edifici sacri del periodo arcaico: un imponente muro in pietrame fondato sulla roccia è forse parte del podio di un tempio, a questo o ad altri edifici vicini dovevano appartenere numerose terrecotte architettoniche decorate con teste di menadi e di sileni o con palmette e fiori di loto; ugualmente altre lastre fittili a rilievi dipinti con figure panneggiate, guerrieri, scene di banchetto, imitanti la ceramica attica di stile severo, nonché dei depositi a carattere verisimilmente votivo, con vasi di bucchero e frammenti di vasi attici a figure nere. Dello stesso periodo sono i resti di case con muri in pietrame rinvenuti sulla collina N (dove poi fu costruito l'anfiteatro romano) e quelli con basso zoccolo in pietra e probabilmente mattoni crudi, sull'opposta collina di S-E. Insieme all'edificio (forse un tempio), che si ritiene esistesse sulla terrazza S in seguito al ritrovamento di terrecotte e ceramica arcaica nei saggi dell'Istituto Germanico su questa terrazza, posta subito a ridosso delle mura, tutti questi resti delimitano la probabile estensione della R. arcaica.
La città del periodo ellenistico sembra caratterizzata dalla massima espansione dell'abitato, che raggiunge in qualche punto con le sue case il muro di cinta. Sui due versanti della collina di S-E si adotta un sistema di terrazze rette da grossi muri con case che appaiono ora tutte costruite in pietra, pavimenti in battuto o in una specie di cocciopesto e cisterne scavate nella roccia o costruite in muratura e accuratamente intonacate. Le case si affacciano su una strada acciottolata limitata da un basso marciapiede. Sulla collina opposta a N, è stata scavata buona parte di un grande edificio, forse una casa signorile. Nella vallata, invece, erano probabilmente concentrati anche in questo periodo gli edifici pubblici: sono venuti in luce oltre ad un sistema di canalizzazioni collegate a una vasca, numerose terrecotte architettoniche e molti frammenti ceramici.
La città romana doveva essere meno estesa, tutta concentrata intorno al Foro, che occupa il centro della vallata. Lungo il suo lato E corre una strada basolata, probabilmente corrispondente al cardo maximus della città, che piega poi bruscamente verso E forse fino a raggiungere la porta orientale. Presso il gomito formato dalla strada si sono trovati i resti di una fontana nella quale erano inseriti due tratti di fistule in piombo recanti l'iscrizione pub. col. rus. Al di là della strada è un grande edificio, che prende tutta la larghezza di un'insula, e avanzi di altre case con muri in opera reticolata si estendono sul pendio che scende verso E, fino alla casa decorata con mosaici, ora quasi del tutto scomparsi, messa in luce nella campagna del 1942. Dei grandi muri di terrazzamento in pietra o in opera cementizia con paramento reticolato, allargano verso O la spianata del Foro, a sostegno delle costruzioni che lo limitavano da questo lato. Un tratto di uno dei decumani è stato messo in luce sulle pendici della collina S, e più in alto, sulla terrazza dov'è la casa colonica, si vedono i resti di grandi cisterne in muratura con vòlte in parte crollate.
Sul versante opposto della collina settentrionale sono altri muri in opera reticolata e sulla sommità il principale resto di età romana, l'anfiteatro, solo parzialmente visibile prima degli ultimi scavi e ora interamente liberato. È un edificio piuttosto piccolo, adeguato ad una città di non grande estensione, il cui asse maggiore misura m 38 e quello breve m 27, con quattro accessi: due, scoperti, alle estremità dell'asse maggiore e due sull'asse minore, coperti con vòlte a botte. Il muro che circonda la cavea è conservato per qualche tratto in tutta la sua altezza insieme alle sostruzioni dei sei, o sette, gradini e dei passaggi intermedi, mentre il perimetro esterno è in buona parte franato. I grossi blocchi del suo paramento si sono ritrovati caduti all'interno e all'esterno dell'edificio o riempiegati in costruzioni posteriori.
Le uniche testimonianze infine, della R. medievale fino ad oggi venute in luce, sono una chiesetta a tre navate divise da colonne, elevata sopra la casa romana con i mosaici di cui si è parlato, qualche tratto di muro presso l'anfiteatro e in altri punti della città, varî frammenti di iscrizioni e di elementi decorativi e i resti della torre sulla collina di S-E.
Al di fuori della cerchia delle mura, lungo le principali vie di accesso alla città, si estendeva la necropoli, non ancora esplorata sistematicamente. Qualche ricerca del François, una campagna di scavo della Società Colombaria nel 1860-61 e dei rinvenimenti, causati soprattutto negli ultimi anni dai lavori agricoli, hanno messo in luce tombe di varî tipi, dalle più antiche a pozzetto o a forno, a deposizioni isolate di età barbarica. I materiali sono conservati al Museo Archeologico di Grosseto. Lungo la strada che sale dall'Ombrone, specialmente nella zona detta Campo della Fonte, si sono rinvenute numerose tombe a fossa e a pozzetto, mentre tombe a camera quadrangolare, costruite in pietra, con vòlte a blocchi aggettanti, si vedono lungo la strada per la quale si sale attualmente a R. dalla provinciale Siena-Grosseto, attraverso il podere Serpaio, lungo il declivio E della collina. Tombe arcaiche sono state scoperte nel secolo scorso, e recentemente in seguito a lavori di rimboschimento, sulle pendici N della collina, mentre su quella O sono segnalate tombe scavate nella roccia e tombe a pozzo con tumuletto di ciottoli. Altre tombe a camera con tumulo, del V e IV sec. a. C. sono state scavate dalla Società Colombaria e dal François nella pianura sottostante e in località Casette di Mota, dove fu rinvenuta nel 1957 la stele frammentaria con guerriero conservata al museo di Firenze.
Nel territorio dell'agro rosellano sono da segnalare principalmente i resti di un abitato preistorico scoperti dal Pasqui sulla sommità della vicina collina di Moscona, che sovrasta a S quella di R. e, nella pianura tra R. e Grosseto, uno stabilimento termale di età imperiale (località Terme di Roselle), di cui gli scavi granducali misero in luce importanti resti.
Bibl.: Novelle letterarie, Firenze 1760, p. 435; P. Ximenes, Esame dell'esame di un libro sopra la Maremma sanese, Firenze 1775; G. Micali, Antichi Popoli d'Italia, Firenze 1832, pianta a tav. III; G. Dennis, Cities and Cemeteries of Etruria, II, Londra 1883, p. 225; A. Solari, Topografia storica dell'Etruria, II, Pisa 1920, p. 141; F. v. Duhn, Italische Gräberkunde, Heidelberg 1924, p. 298; R. Bianchi Bandinelli, Roselle, in Atene e Roma, VI, i, 1925, p. 35; D. Levi, in Maremma, Boll. Soc. Stor. Maremmana, III, 1926, p. 83; J. Sundwall, Zur Vorgeschichte Etruriens, Abo 1932, p. 39; A. Mazzolai, Roselle e il suo territorio, Grosseto 1960; L. Banti, Il mondo degli Etruschi, Milano 1960, p. 94. Ritrovamenti e scavi: Bull. Inst., 1851, p. 3; Arch. Stor. Italiano, n. s. XVI, 1862, p. 71; Not. Scavi, 1887, p. 134; 1907, p. 315; 1908, p. 170; A. Minto, in St. Etr., XVI, 1942, p. 573; XVII, 1943, p. 554, tav. XLV; R. Naumann-F. Hiller, in Röm. Mitt., LXVI, 1959, p. i; R. Naumann, in Neue deutsche Ausgrabungen im Mittelmeergebiet, Berlino 1959, p. 311. Per gli scavi in corso: C. Laviosa, in St. Etr., XXVII, 1959, p. 3; XXVIII, 1960, p. 289; XXIX, 1961, p. 31; P. Bocci, ibid., XXXI, 1963 (Atti del VI Conv. di St. Etruschi); C. Laviosa, ibid., XXXI, 1963. Per la tecnica delle mura: G. Lugli, La tecnica edilizia romana, Roma 1957, pp. 61, 70, 99, figg. 7-8, tav. XXII, 4. Per i culti in età romana: L. R. Taylor, Local Cults in Etruria, in Papers a. Mon. of the Am. Acad. in Rome, II, 1923, p. 173. Per le iscrizioni: C.I.L., XI, 216-24, e Addit., 7249-51.