MONTMASSON, Rosalie
MONTMASSON, Rosalie (Rosa, Rosalia). – nacque il 12 gennaio 1823 a Saint- Jorioz, piccolo villaggio dell’Alta Savoia situato sulla costa occidentale del lago di Annecy. Era la quarta dei cinque figli di Gaspard e di Jacqueline Pathoud, entrambi coltivatori.
Trascorse i primi anni di vita alternando le faccende domestiche ai lavori campestri e ricevette una semplice istruzione di base, che le permise di imparare a fare i conti, leggere e scrivere. Con la morte della madre, le precarie condizioni economiche della famiglia la spinsero a recarsi nella più dinamica Torino, dove dal 1849 lavorò come stiratrice.
Fu in quegli anni che conobbe il patriota e avvocato Francesco Crispi, allora in esilio nel capoluogo piemontese. Crispi era uno dei giovani ai quali Rosalie portava i solini e le camicie stirate. La relazione si fece intima dall’inverno del 1850, quando iniziarono a convivere.
La loro fu una coabitazione tutt’altro che serena: la prima compagna di Crispi, la siciliana Felice Vella, che da lui aveva avuto un figlio, si trasferì poco dopo nel quartiere dove Crispi e Montmasson abitavano e disturbò frequentemente la coppia con violente scenate di gelosia. La donna prima accusò Rosalie di maltrattamenti verso il bambino, poi provocò diversi litigi che resero addirittura necessario l’intervento delle forze dell’ordine. Il turbolento ménage torinese era comunque destinato ad avere vita breve.
Dopo i moti milanesi del 6 febbraio 1853 il governo piemontese decise di espellere gli esuli di tendenze repubblicane, così all’alba del 14 marzo Crispi partì per Genova e, una settimana più tardi, salpò per Malta. Nonostante avesse raccomandato a Rosalie di riparare dai parenti, la donna lo raggiunse il 25 maggio, sbarcando provvista di un passaporto degli Stati Sardi che lasciava nel dubbio il suo status di moglie o amante di Crispi. L’incertezza della sua condizione si chiarì un anno più tardi, con la celebrazione delle nozze il 27 dicembre 1854. La cerimonia fu semplice e frettolosa perché sul patriota gravava l’ennesimo decreto di espulsione. Non avendo il tempo per aspettare le consuete pubblicazioni e mancando i documenti sui precedenti dei due, fu difficile trovare un sacerdote disposto a unirli in matrimonio. Alla fine un gesuita girovago, Luigi Marchetti, appena arrivato a la Valletta si rese disponibile, dietro compenso, a celebrare l’ufficio; si sarebbe scoperto solo in seguito che era interdetto e sospeso a divinis. Tre giorni dopo Crispi riparò a Londra, mentre Rosalie attese la trascrizione dell’atto nei registri della parrocchia di S. Publio e la vidimazione da parte del notaio, quindi rientrò a Genova. Qui si trattenne alcuni giorni presso gli amici e ricevette gli aiuti economici necessari a raggiungere il marito. Riprese il suo viaggio e si fermò a Saint- Jorioz, per annunciare alla famiglia l’avvenuto matrimonio e di aver posto fine a quella relazione irregolare che aveva suscitato tanti dissensi e condanne da parte del padre e dei fratelli. A metà febbraio 1855 arrivò infine a Londra, dove si ricongiunse al marito.
Le difficoltà di adattamento al clima e alla lingua vennero ben presto attenuate dai contatti con altri esuli siciliani che si trovavano nella capitale britannica. Tra di essi Alfonso Scalia e la moglie giulia Anichini furono particolarmente vicini ai Crispi e li inserirono nella loro cerchia di conoscenze, invitandoli spesso nel loro salotto di Wyndham Place. In queste occasioni l’insolito modo in cui Rosalie concepiva il suo ruolo di moglie non mancava di suscitare grandi curiosità negli ambienti dell’alta borghesia londinese. La figlia dei coniugi Scalia, Tina, la ricordava con queste parole: «l’eroica devozione della signora Crispi per suo marito fece grande impressione ai miei genitori. Essa era, come tutti sanno, di bassissimi natali, e pur credendosene la moglie, era contenta di lavorare per lui come cuoca, lavandaia e donna tutto fare» (Composto, 1989, p. 36).
Oltre alle faccende domestiche, Rosalie adempì in questo periodo alle sue prime missioni politiche, mostrando quanto l’amore per il giovane Crispi si fosse nutrito anche di una condivisione quotidiana di ideali, sogni e progetti di indipendenza nazionale. Accettò l’incarico di trasmettere notizie, ordini e istruzioni di Mazzini ai suoi affiliati in Francia e altrove. Travestita da contadina, inseriva le carte segrete in qualche capo di selvaggina e riusciva con questo espediente a superare i controlli dei gendarmi e dei doganieri. I suoi incarichi politici si protrassero nonostante il trasferimento della coppia a Parigi, avvenuto nel 1856 per cercare maggior fortuna. Qui Rosalie conciliò le missioni di coordinamento logistico tra le reti clandestine degli emigrati italiani, con la cura di un nipote del marito, Felicino Caratozzolo, giunto a Parigi per ricevere una buona istruzione. Nel 1858 un altro decreto di espulsione costrinse i coniugi Crispi a lasciare la Francia. Ripararono prima a Torino, poi a Genova, iniziando a collaborare attivamente alla preparazione dello sbarco in Sicilia. Rosalie fu la donna chiave di questa vicenda e della sua organizzazione logistica. Nella primavera del 1860 si imbarcò su un vapore postale diretto a Messina, dove avvertì i liberali dell’isola dell’imminente arrivo di Rosolino Pilo e di Giovanni Corrao. Ripartì su Nostra Signora del Soccorso diretta a Malta, per incontrare Nicola Fabrizi e Giorgio Tamajo e ricevere da loro informazioni e lettere da consegnare a Genova. Rientrata in aprile dalla sua missione, appena un mese più tardi si unì alla spedizione di Garibaldi. Vincendo le opposizioni del marito e dello stesso generale, contrari ad avere donne a bordo, si travestì da uomo e salpò con i volontari dallo scoglio di Quarto. A Marsala, a Palermo e a Calatafimi mise a rischio la sua stessa vita, non esitando né a imbracciare le armi né a soccorrere i feriti sotto il fuoco nemico.
A Vita, a Salemi e ad Alcamo si adoperò senza sosta negli ospedali da campo, diventando una presenza tanto familiare tra i siciliani da essere affettuosamente ribattezzata «Rosalia, l’angelo della giornata» (Oddo, 1863, p. 252). L’impressione che questa donna aveva suscitato in quanti la conobbero fu raccolta e così sintetizzata da giacomo Oddo (ibid.): «fiera savoiarda, disinteressata, piena di coraggio, ardita più di quanto in donna soglia accadere, dall’animo vivace, anzi di fuoco, dalla parola pronta, dall’animo schietto, nata alla libertà e all’indipendenza».
La sua fierezza non la abbandonò nemmeno negli anni duri che si aprirono all’indomani dell’elezione di Crispi a deputato del Parlamento italiano nel 1861. Dopo una breve parentesi di relativa tranquillità vissuta fra Torino e Firenze, dove Rosalie intratteneva gli amici nel suo salotto, i rapporti tra i due si incrinarono. Ad alimentare i motivi di discussione, più che le gravi perdite finanziarie, furono soprattutto le frequenti relazioni extraconiugali di Crispi, che avevano portato alla nascita di due figli. Da una storia fugace con Luisa Del Testa era nato Luigi, mentre Giuseppina (la «sicana vergine» di Giosuè Carducci) era il frutto dell’amore per Filomena Barbagallo. Di lei Crispi si innamorò profondamente per la bellezza e la giovinezza, ma anche per i suoi illustri natali, essendo la figlia di un procuratore generale di Corte d’Appello dell’ex Regno borbonico. All’ormai vecchia Rosalie, di bassa estrazione, estranea alle formalità e ai codici di comportamento dell’alta borghesia, non restò che abbandonare il tetto coniugale dopo liti furibonde, spese folli e abuso di alcol. Il 30 dicembre 1875 si trasferì in un appartamento romano di via Torino e, tramite l’amico comune Agostino Bertani, si impostarono le trattative per una separazione consensuale e il riconoscimento di un suo vitalizio, sostituito, alla morte di Crispi, da un sussidio della Casa reale e del governo.
Morì a Roma il 10 novembre 1904.
Al suo funerale parteciparono le associazioni garibaldine e alcuni vecchi senatori a cui aveva prestato soccorso durante la spedizione dei Mille.
Fonti e Bibl.: G. Oddo, I Mille di Marsala, Milano 1863, pp. 252-254; G.E. Curatulo, Garibaldi, Vittorio Emanuele, Cavour nei fasti della patria: documenti inediti, dieci lettere di Vittorio Emanuele a Garibaldi nel 1860, scritti di Cavour, Bologna 1911, pp. 68-69; F. Crispi, Lettere dall’esilio, Roma 1918, pp. 96, 226, 229; Enciclopedia biografica e bibliografica «Italiana», a cura di A. Ribera, s. VII, Eroine, ispiratrici e donne di eccezione, Milano 1940, pp. 267 s.; T. Whitaker-Scalia, Sicilia e Inghilterra ricordi politici. La vita degli esuli italiani in Inghilterra (1848-1870), Mazara 1948, p. 127; G. Bandi, I Mille, Firenze 1955, p. 77; M. Grillandi, Francesco Crispi, Torino 1969, pp. 111 s., 126 s., 138-140, 166 s., 174, 280 s., 294 s.; G. Alabiso, Ritratti: i Florio, Giovanni Mosca, Cagliostro, Rosalia M., Piero Bargagli, Ettore Romagnoli, Pisa 1985, pp. 27-31; R. Composto, Una donna fra i Mille: Rosalia M.-Crispi, Palermo 1989.