ROMEO
Famiglia di patrioti calabresi, che si resero benemeriti nelle lotte per il Risorgimento. Sono specialmente da ricordare: Giannandrea, nato a Santo Stefano il 2 luglio 1786, morto ivi il 28 aprile 1862. Andati i Francesi in Calabria nel 1806, si arruolò milite sotto il comando del generale Regnier, di cui più tardi fu aiutante di campo. Si dimise nel 1809, assumendo il grado di comandante della legione municipale di Reggio, e nel 1820 fu uno degli elettori più influenti per la nomina dei deputati costituzionali; ma, tornata la reazione, fu perseguitato e nel 1828 costretto a domicilio forzoso a Napoli. Nel 1832 insioeme col fratello Domenico, si stabilì a Messina e partecipò al moto calabrese del 1847. Catturato con altri di sua famiglia, fu condannato a morte, poi la pena gli fu commutata nella galera a vita nel bagno di Santo Stefano. Liberato il 31 gennaio 1848, ebbe la nomina a intendente di Salerno. Andato in esilio dopo il 15 maggio, fu a Roma, dove Pio IX lo accolse incuorandolo a difendere la causa della libertà italiana, quindi a Torino, dove fu membro del Congresso federativo ideato dal Gioberti, che però non lo ebbe in buon conto, per le sue aspirazioni unitarie e ultraliberali. Visse lungamente in Piemonte e in Liguria e nel 1857 ebbe la cattiva ispirazione di unirsi con coloro che favorivano la candidatura di Luciano Murat sul trono di Napoli. Tornò colà nel 1860 e il governo della Luogotenenza lo nominò consigliere di stato; ma, già vecchio e malato, si ritirò ben presto nel suo paese nativo. - Domenico, fratello del precedente, nato a Santo Stefano in provincia di Reggio nel 1796, morto nella contrada Marrappà sopra Podàrgoni il 15 settembre 1847. Partecipò al moto costituzionale del 1820-21, e nel 1832 si trasferì in Sicilia per attendere al commercio degli zolfi. Quando nel luglio del 1847 fu preparato in Messina un moto insurrezionale d'accordo con la Calabria e il Napoletano, il R. fu inviato a Napoli per trattare con quei congiurati. Messina iniziò il moto rivoluzionario il 1° settembre e la Calabria due giorni dopo, ma esso fu ben presto sedato, e il R., che vi aveva partecipato con il figlio, il fratello e i nipoti, fu ucciso il 15 settembre, e la testa di lui, troncata dal busto, fu portata in un paniere a Reggio dalle guardie urbane. - Pietro Aristeo, figlio di Giannandrea, nato a Santo Stefano nel 1817 partecipò anch'egli alla rivoluzione del 1847, e quando lo zio cadde morto e la sua testa fu posta sopra un picca, egli, che era stato catturato, si rifiutò all'oscena imposizione dei gendarmi borbonici di portarla in tal modo in trionfo a Reggio. Imprigionato e relegato nel bagno penale di Santo Stefano, tornò a libertà nel gennaio del 1848, ma dopo il 15 maggio fu costretto all'esilio, a Roma, in Piemonte, in Francia, da dove fu espulso nel 1851, poi di nuovo in Piemonte. Partecipò alla guerra del 1859 e due anni dopo a quella contro il brigantaggio in Calabria. Deputato all'VIII Legislatura, si schierò nel partito di destra; morì il 18 novembre 1886. - Giannandrea, figlio di Domenico, partecipò col padre al moto calabrese del 1847 e durante lo scontro con i gendarmi borbonici riuscì a mettersi in salvo. Di lui non si hanno notizie ulteriori. - Stefano (nato a Santo Stefano il 13 settembre 1819, morto ivi il 10 agosto 1869), cugino dei precedenti, fu deputato al parlamento napoletano del 1848, e dopo il 15 maggio prese anch'egli la via dell'esilio. Fu deputato al parlamento nazionale durante l'VIII e la X Legislatura, ma si dimise.
Bibl.: T. Sarti, Il Parlamento Subalpino e Nazionale, Terni 1890; M. D'Ayala, Vite degl'Italiani benemeriti della libertà e della patria, uccisi dal carnefice, Torino 1883; Jejè, P. A. R. e il suo tempo, Reggio Calabria 1887; V. Visalli, Lotta e martirio del popolo calabrese: I, Il Quarantasette, Catanzaro 1928.