GUARNIERI, Romeo
Nacque a Roma il 22 maggio 1898 da Giuseppe, di professione tintore, e da Adele Travaglioni.
Entrato all'età di undici anni nella bottega del maestro vetraio Cesare Picchiarini di Roma, continuò la sua formazione artistica studiando disegno presso la scuola serale per artieri di piazza Mastai, dove si diplomò nel 1912-13, e presso la scuola preparatoria per le arti ornamentali di S. Giacomo, dove ottenne il premio annuale nel 1916. Gli anni trascorsi con Picchiarini, rinnovatore dell'arte della vetrata, avvicinarono il G. al gruppo di artisti romani che, come D. Cambellotti, U. Bottazzi e V. Grassi, vollero aprire nuove prospettive all'arte, sostenendone la funzione sociale ed educativa. Nel laboratorio di Picchiarini, al Pozzo delle Cornacchie, il G. ebbe modo di collaborare alla realizzazione delle due mostre della vetrata artistica promosse da quegli artisti nel 1912 e nel 1921.
Alcuni lavori del G. datati 1913, piccoli acquerelli conservati presso l'archivio di famiglia, denotano, oltre a una notevole padronanza della tecnica anche la sua sensibile attenzione al clima di rinnovamento artistico in atto. Il deciso taglio verticale delle composizioni, si tratti di paesaggi o di figure allegoriche, e il tratto asciutto e sintetico avvicinano il segno del giovane artista a quello che caratterizzava alcuni lavori della produzione grafica di Grassi. Proprio in virtù delle sue notevoli qualità tecniche e artistiche, il G. mostrava già appieno la sua versatilità nell'elaborazione di linguaggi profondamente diversi, che gli permetterà in seguito di rispondere con professionalità alle richieste di una committenza eterogenea.
Nel dopoguerra riprese a lavorare nel laboratorio di Picchiarini avviando sodalizi professionali e personali con diversi artisti tra i quali G. Vila e B. Biagetti, pittore e direttore della Pinacoteca Vaticana. Dal 1921 tenne anche lezioni di disegno. Nello stesso anno, in occasione della Mostra della vetrata, nel cortile del palazzo dei Piceni, espose alcuni suoi vasi in ceramica. Il ruolo del G. all'interno del laboratorio del maestro, come dimostrano i numerosi bozzetti per vetrate da lui stesso disegnati, non fu soltanto quello di semplice esecutore e interprete di progetti, ma di vero ideatore. Nel 1923 Picchiarini decise di cedere parte della sua attività al G. e a un altro suo allievo, C. D'Alessandri. Con una singolare formula contrattuale, imposta da Picchiarini, i due ex allievi costituirono una società che li impegnava a realizzare vetrate di tipo esclusivamente industriale e a versare per tre anni al maestro una considerevole percentuale sui lavori eseguiti dalla nuova ditta. Nel 1924 nei locali dell'Istituto nazionale professionale del S. Michele si inaugurò la nuova scuola della vetrata voluta e diretta da Picchiarini che chiamò a collaborare, in qualità di maestri d'arte, il G. e D'Alessandri, i quali dal 1929 gli subentreranno nella direzione dei corsi fino al 1962, anno della definitiva chiusura della scuola. Nel 1924 il G. e D'Alessandri costituirono una società in nome collettivo sotto la ragione sociale Guarnieri Romeo e D'Alessandri Carlo, per la lavorazione e la vendita di vetrate artistiche industriali e di tipo corrente, che si sciolse nel 1939.
La distinzione dei ruoli in questo sodalizio, nel quale ciascuno poteva comunque svolgere lavori in proprio, vedeva ripartite tra i due soci l'attività progettuale e quella tecnico-esecutiva: a D'Alessandri spettava il lavoro di taglio, montaggio e messa in opera delle vetrate, mentre al G. era riservato il momento ideativo e decorativo che comprendeva la realizzazione dei cartoni e le delicate fasi di decorazione pittorica e di cottura.
Sono anni di intensa attività, che vedono il G. impegnato in incarichi di rilievo come la realizzazione, nel 1927, delle vetrate per le porte e le finestre di numerosi ambienti di Castel Sant'Angelo e del palazzo di Venezia. Due anni prima aveva sposato Ginevra Germani e si era trasferito nel villino progettato per lui a Roma, in via Martino V, dall'architetto M. De Renzi, che era stato suo compagno di corso alla scuola serale. Nel 1926 era nato il figlio Duilio e nel 1929 il secondogenito Oscar. L'attività artistico-professionale del G. continuò, accanto a quella didattica, con lavori eseguiti in proprio e, fino al 1929, anche per il laboratorio Picchiarini. Molti lavori realizzati per famiglie aristocratiche costituirono per il G. un sostegno economico costante nel tempo. È il caso, per esempio, dei duchi Grazioli che commissionarono al laboratorio vetrate per il palazzo romano e per la residenza della famiglia nei pressi di Roma.
La clientela nobile e borghese, oltre alla richiesta di vetri per porte e finestre caratterizzata dalle usuali formule decorative a combinazioni geometriche e dalle convenzionali immagini devozionali per le cappelle cimiteriali, gli commissionò anche numerose vetrate decorative destinate all'arredamento, inserite in paraventi o pareti mobili, tra cui si ricordano i cinque pannelli per la famiglia Zapponini, in vetro cattedrale a motivi floreali dipinti e cotti a fuoco, quelli per gli Amicucci, per la marchesa Afan De Rivera Costaguti, per la duchessa Isabella Gaetani dell'Aquila d'Aragona e per la casa di mode Battilocchi in via Sistina. Dai libri mastri del G. risulta anche l'esecuzione delle vetrate per l'abitazione di Beniamino Gigli al quartiere Coppedè. È suo anche il grande velario in opalescenti, realizzato per i magazzini Zingone in via Cola di Rienzo a Roma, ancora visibile nell'attuale negozio Coin. Per un istituto scolastico ideò una grande vetrata ripartita in pannelli nei quali, su tre registri, sono raffigurate Minerva e un'altra figura femminile, circondate da simboli legati ai diversi campi del sapere e sovrastate da due fasci littori tra i quali campeggiano un libro e un moschetto. In questa vetrata, di cui rimane la sola documentazione fotografica (Roma, Archivio Guarnieri), come in altre a soggetto laico, il segno del G. si fa maggiormente sintetico e agile elaborando soluzioni compositive in linea con gli sviluppi correnti della grafica illustrativa coeva. Negli anni Trenta sono innumerevoli anche le chiese e gli istituti religiosi che richiesero l'opera del G.: tra le molte realizzazioni si segnalano le vetrate dipinte e cotte a fuoco con stemma, raffiguranti S. Francesco di Sales, S. Agostino e la Ss. Trinità per le suore del Buon Salvatore in via Leopardi e quelle per la chiesa di S. Eusebio. Tra le opere tuttora visibili si ricordano le due grandi vetrate per il sacrario della guardia di finanza in via XXI Aprile a Roma, raffiguranti nella parte destra una ripida parete rocciosa in cui le scaglie dei vetri scelti nelle tonalità dei bruni e dei marroni si accostano con raffinato gusto pittorico a quelle azzurre e plumbee del cielo della metà sinistra; quelle conservate presso l'istituto delle suore francescane di viale Glorioso; quelle nella chiesa di S. Crisogono, dove realizzò sei vetrate con figure di santi e stemmi, dipinte e cotte a fuoco; la grande vetrata per l'abside della chiesa dell'istituto S. Giuseppe in via del Casaletto; la vetrata di S. Antonio per la chiesa di S. Maria dell'Orto e quella di S. Maria della Scala per la basilica dei Ss. Cosma e Damiano. Ancora in ambito ecclesiastico il maestro vetraio eseguì, accanto a soggetti di carattere più dichiaratamente religioso, anche vetrate caratterizzate da composizioni meno convenzionali, come quelle a motivi stilizzati per la cappella delle suore pie venerine in via G.G. Belli nella quale, giocando sul serrato ritmo verticale degli elementi decorativi, elaborò un disegno quasi astratto. Raramente il G. si servì di bozzetti ideati da altri come fece nel 1956, per il gruppo di vetrate disegnate dal pittore G. Ciotti per il convento dei frati minori conventuali a La Valletta nell'isola di Malta.
Nel 1938, il G. ricevette l'importante incarico di realizzare sei vetrate istoriate per il santuario di S. Maria delle Grazie a Benevento, commissione che portò a termine tra il 1940 e il 1941. Di questo ciclo, andato distrutto nel 1943 per i bombardamenti che devastarono la città campana, rimangono i bozzetti originali (Roma, Archivio Guarnieri). Un impegnativo lavoro di quegli anni è rappresentato da una grande vetrata di 11 m2 con figure dipinte e cotte a fuoco, in vetri uso antico e opalescenti, realizzata per l'Azienda carboni italiani nella nuova città di Carbonia in Sardegna, per la quale il G. eseguì anche 163 vetrate in vetri opalescenti e cattedrali. Agli anni Quaranta risale l'esecuzione di una grande vetrata, oggi perduta, eseguita per l'hotel Flora di via Vittorio Veneto.
Nel dopoguerra la fama del laboratorio si diffuse e si accrebbero gli impegni del G., affiancato dal figlio Oscar in molte località italiane. Eseguì a Napoli per le suore della carità alcune vetrate decorative; per la chiesa di S. Maria di Celle Ligure due grandi sesti istoriati in 28 vetrate e un Arcangelo; a Macerata per il santuario di S. Maria della Misericordia quattro vetrate a sesto raffiguranti quattro sante, che completavano la serie iniziata da Picchiarini. Suoi lavori si trovano anche a Cagliari, Arpino, Cortona, Anzio, Tarquinia. Nel 1949 fu chiamato a sostituire lo stemma sabaudo del teatro dell'Opera di Roma con quello della Repubblica. Per G. Lombardo, presidente della casa di produzione Titanus disegnò cinque vetrate artistiche in vetro diffusore e opalescente; precedentemente aveva lavorato anche per l'attrice Marisa Maresca che gli aveva commissionato tre ovali con il motivo dei pavoni. Lavori dei Guarnieri sono presenti in molti edifici religiosi costruiti negli anni Cinquanta e Sessanta tra i quali si ricordano: il S. Cuore di Gesù di Vitinia; l'istituto delle suore consolatrici a Casal Bertone; la chiesa di S. Lucia; quella di Gesù Buon Pastore.
Il G. morì a Roma il 5 maggio del 1981.
FontieBibl.: Oltre ai materiali conservati a Roma nell'Archivio Guarnieri e nell'Archivio dell'Istituto romano di S. Michele, si veda: Tra vetri e diamanti. La vetrata artistica a Roma 1912-1925 (catal.), Roma 1992, pp. 145, 159-162; A.M. Petrosino, La Scuola della vetrata artistica, I, La direzione di Cesare Picchiarini, in Roma moderna e contemporanea, III (1995), 2, pp. 466, 469, 473; L. Epifania, La Scuola della vetrata artistica, II, La direzione di R. G., ibid., pp. 475-484; A. Tosti, Cesare Picchiarini, in Il Museo della Casina delle civette, Roma 1997, pp. 152 s.