PRODI, Romano
Economista e dirigente industriale, nato a Scandiano (Reggio Emilia) il 9 agosto 1939. Dopo la laurea in economia e commercio all'Università Cattolica di Milano (1961) e il perfezionamento alla London School of Economics, ha insegnato alle università di Bologna e Trento, poi ad Harvard negli USA (1974), e di nuovo a Bologna (1975) come ordinario di Economia e Politica industriale. Cofondatore del centro di ricerche economiche Prometeia, presidente della casa editrice Il Mulino (1974-78), tra il 1978 e il 1979 è stato ministro dell'Industria nel governo presieduto da G. Andreotti, legando il suo nome alla legge che regola l'amministrazione controllata delle aziende in crisi. È divenuto presidente del Comitato scientifico della Nomisma, una società di studi economici costituita a Bologna nel 1981. Dal 1982 al 1989 ha presieduto l'Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), in difficili condizioni economico-finanziarie, riportando il gruppo in condizioni di profitto, prima grazie agli utili delle tre banche d'interesse nazionale, Banca Commerciale, Banco di Roma, Credito Italiano (1986), poi grazie agli utili anche del settore industriale (1988). Tornato all'insegnamento universitario alla fine del 1989, nel maggio 1993 è stato chiamato di nuovo alla presidenza dell'IRI, ufficio che ha tenuto fino a giugno 1994.
Sostenitore di criteri di gestione aziendale privatistici anche nel settore pubblico, P. attuò un'articolata politica di privatizzazioni di alcune società del gruppo: sia sotto forma di cessione totale di aziende considerate non strategiche (si ricorda il caso, nel 1986, dell'Alfa Romeo, acquisita dalla FIAT, che l'azionista pubblico preferì alla casa automobilistica statunitense Ford, con cui la dirigenza IRI aveva già concluso l'accordo di vendita; o il caso della cessione del gruppo alimentare SME, fallita a causa dell'opposizione del governo in carica); sia sotto forma di quotazione in Borsa di quote di minoranza del capitale di società considerate strategiche (come Alitalia, STET, SIP); sia sotto forma di accordi di compartecipazione con imprese private (accordo tra STET del gruppo IRI e l'azienda statunitense di telecomunicazioni AT&T). P. cercò anche di consolidare il potere di controllo dell'IRI sulle controllate bancarie: nel 1987 sciolse il patto segreto di sindacato che, in Mediobanca, dava identico peso di voto al 57% del capitale detenuto dalle tre banche dell'IRI e al 6% di un piccolo gruppo di azionisti privati (tra cui una società del gruppo FIAT); nel 1985, in contrasto con gli azionisti privati di Mediobanca, non rinnovò il mandato dell'amministratore delegato E. Cuccia quale rappresentante dell'IRI nel Consiglio di amministrazione (Cuccia manterrà il suo posto in Consiglio quale rappresentante della banca francese Lazard). P. si è inoltre opposto a varie proposte di privatizzazione di Mediobanca, fino ad accettarne nel 1987 una parziale, in cui un gruppo di azionisti privati detiene un pacchetto azionario uguale a quello delle tre banche dell'IRI. Dopo il suo ritorno alla presidenza dell'IRI, P. si è impegnato nel processo di privatizzazione che nella prima metà del 1994 ha portato alla dismissione della Banca Commerciale e del Credito Italiano.
Tra i suoi scritti ricordiamo: Concorrenza dinamica e potere di mercato. Politica industriale e fusioni d'impresa (1969); La diffusione delle innovazioni nell'industria italiana (1971); in collaborazione con F. Gobbo, Per una ristrutturazione e riconversione dell'industria italiana (1980).