ROMANO III Argiro, imperatore d'Oriente
Discendeva per linea femminile da Romano Lecapeno. Fino all'età di sessant'anni visse lontano dalla politica, dedito a studî di filosofia e agli affetti familiari. Ma il destino della sua vita mutò improvvisamente fra l'8 e l'11 novembre 1028 per volere di Costantino VIII. Dalla morte del fratello Basilio II (v.), questi aveva regnato senza gloria e senza preoccupazioni dell'avvenire; ma in quei giorni, essendosi ammalato e non avendo altri discendenti che due figlie nubili, per assicurare loro il trono decise di dare marito alla maggiore, Zoe. La sua scelta cadde su R. e questi dovette, sotto pena di perdere gli occhi, divorziare dalla propria moglie e sposare Zoe. L'11 novembre, alla morte di Costantino, fu riconosciuto imperatore. Il suo fu un regno infelice. Non che egli difettasse di buona volontà e di nobili propositi, ma mancava di esperienza negli affari dello stato, di fermezza di carattere, di senso della realtà. Era un uomo fatuo, affetto da mania di grandezza. I suoi primi atti come sovrano parvero promettenti: egli alleggerì le imposte, concesse un'amnistia ai condannati politici, condonò la pena a coloro che erano in carcere per debiti; ma ben presto cominciarono i disastri, accelerandosi quella decadenza dell'Impero che si era già iniziata con Costantino VIII. Senza avere nessuna attitudine militare, R., nel 1030, ruppe la pace con gli Arabi in Asia e intraprese egli stesso una spedizione. La disfatta fu tremenda e a stento egli salvò la vita fuggendo ad Antiochia. La situazione fu ristabilita solo due anni dopo da Giorgio Maniace, che prese Edessa. La politica di alleggerimento fiscale, inaugurata nei primi anni, non poté essere seguita sia per le esigenze della guerra, sia per una serie di mali che si abbatterono sull'Impero (carestia, invasione di cavallette, terremoti), sia soprattutto per le ingenti somme che R. spendeva per dotare chiese e conventi e per innalzare nuovi monumenti. L'insuccesso militare e l'inasprimento delle imposte resero R. impopolare. Due congiure ordite contro di lui, la prima da Prusianus, figlio dell'ultimo re di Bulgaria e già generale dell'esercito bizantino, la seconda da Costantino Diogene, nipote dello stesso R., l'una e l'altra a istigazione o con la connivenza di Teodora, sorella di Zoe, andarono a vuoto. Ma una terza, alla quale certamente non fu estranea la stessa Zoe, doveva essegli fatale. I rapporti fra questa e R. dapprincipio erano stati corretti, anzi R. desiderò avere un figlio e fondare così una dinastia. Ma, disilluso in questo suo desiderio, si allontanò dalla moglie. La quale, frivola per natura e portata ai piaceri sensuali, cominciò a passare di amore in amore. Per ultimo s'innamorò di un giovane, Michele, fratello dell'eunuco Giovanni. Zoe, decisa a portare sul trono il bel Michele, nella notte fra l'11 e il 12 aprile 1034 fece soffocare il marito nella vasca da bagno: si disse che la morte era avvenuta per disgrazia. Lo stesso giorno Zoe sposava Michele.
Bibl.: J. B. Bury, Roman Emperors from Basil II to Isaac Komnemos, in Engl. hist. Review, IV (1889), pp. 53-57 (ripubl. in Selected Essay, Cambridge 1930); cfr. Ch. Diehl, Zoé la Porphyrogénète, in Figures byzantines, I, Parigi 1920, pp. 245-57, e De Burigny, Hist. des révolutions de l'Empire de Constantinople, II, ivi 1749, p. 151 segg.