ROMANO I Lecapeno, imperatore d'Oriente
Era armeno di origine e apparteneva a famiglia di modeste condizioni. Sotto il regno di Leone VI il Filosofo e di Alessandro (886-913), raggiunse i più alti gradi dell'esercito. Quando poi, durante la minorità di Costantino VII Porfirogenito, fra le fazioni della corte e dell'esercito s'impegnò una vivace lotta per l'esercizio del potere, R. si gettò nella mischia riuscendo in breve tempo, sia con l'inganno sia con la violenza, a impadronirsi della corona. Divenuto per il matrimonio della figlia Elena, suocero di Costantino VII, egli dapprima assunse la reggenza allontanando dalla corte l'imperatrice madre Zoe, poi si fece nominare Cesare e finalmente associare al trono col titolo e la dignità d'imperatore (17 dicembre 919). Non pago di ciò, non solo ridusse nelle proprie mani tutto il potere e stabilì la sua precedenza su quella del legittimo monarca, ma anche mirò a soppiantare la dinastia regnante. Nel 921 fece incoronare la propria moglie, Teodora, e il figlio maggiore Cristoforo; nel 923, la moglie di questo; nel 924, i figli minori, Stefano e Costantino. Per premunirsi poi contro una possibile opposizione della Chiesa, egli assicurò alla sua famiglia il patriarcato facendo eleggere a quell'alta carica l'ultimo dei suoi figliuoli, Teofilatte (933). Il governo di R. fu indubbiamente utile allo stato. Al suo avvento l'Impero si trovava impegnato in guerre formidabili tanto in Oriente quanto in Occidente. Particolarmente grave era la situazione nei Balcani dove lo zar dei Bulgari, Simeone, aveva inflitto numerose sconfitte all'esercito bizantino e aveva esteso il suo dominio sulla Macedonia, su parte dell'Albania, sulla Tracia. La sua avanzata, interrotta nel 918 per una spedizione contro i Serbi, era stata ripresa nel 919. Espugnata Adrianopoli, i Bulgari si erano spinti fino a Costantinopoli, da un lato, a Tessalonica dall'altro. R., non avendo potuto arrestare la loro marcia, ricorse alle armi diplomatiche e mentre eccitava i Serbi contro i Bulgari, in un convegno che ebbe luogo sotto le mura di Costantinopoli nel 924, induceva Simeone a troncare l'impresa e a concludere una tregua. Tre anni dopo Simeone moriva mentre preparava una nuova spedizione contro Costantinopoli. Gli succedeva il debole Pietro e a R. non fu difficile attirarlo nell'orbita della politica bizantina dandogli in moglie la propria nipote Maria e concludendo la pace. Fra le condizioni allora stabilite ci fu il riconoscimento del patriarcato bulgaro fondato da Simeone, ma a patto che esso entrasse nella comunione della chiesa ortodossa bizantina. Egualmente brillanti furono i successi della politica di R. in Asia. Qui, mentre le truppe bizantine sotto la guida del valoroso generale Giovanni Curcuas "secondo Belisario" prendevano l'offensiva contro gli Arabi, R. si adoperava a legare a Bisanzio i principi dell'Armenia e delle regioni caucasiche. Dopo tre secoli di difensiva, l'Impero sotto la direzione di R. e di Giovanni Curcuas prese l'offensiva vittoriosamente. La frontiera si trovò, alla fine di questo periodo, molto diversa da quella che era stata prima dell'avvento di R. Le provincie situate al confine non ebbero più a soffrire delle incursioni arabe e i Bizantini ripresero le importanti città di Melitena e di Edessa. Qui essi ricuperarono l'immagine miracolosa del Salvatore detta mandilion, che fu trasportata a Costantinopoli. Fu quello l'ultimo trionfo di R. Nel dicembre dello stesso anno i suoi figli lo costrinsero ad abdicare, a ciò indotti dagl'interessati raggiri dei partigiani di Costantino VII che doveva poi essere il solo a trarre vantaggio della caduta Proti dove morì quattro anni dopo.
Bibl.: S. Runciman, The Emperor Romanus Lecapenus and his reign. A study of Tenth-Century Byzantium, Cambridge 1929.