COCCHI, Romano
Nacque ad Anzola dell'Emilia (Bologna) il 6 marzo 1893 da Ferdinando ed Emma Seguati e compì gli studi liceali in seminario a San Giovanni in Persiceto ove la sua famiglia si era sin dal 1896 trasferita.
Nel 1915 lasciò il seminario e si stabilì a Soresina di Cremona divenendo segretario di Guido Miglioli, deputato cattolico ed esponente di primo piano del sindacalismo cristiano. Al suo fianco l'ex seminarista compiva le prime esperienze di propagandista e di organizzatore, vivendo intensamente l'originale esperienza del "bolscevismo bianco", che si andava sviluppando nella Lombardia, nelle campagne in primo luogo, ma anche in talune fabbriche, sulla base di una radicalizzazione a sinistra del movimento sociale cristiano negli anni a cavallo della grande guerra.
Nel periodico L'Azione, che, sotto la direzione del Miglioli, divenne il portavoce più prestigioso della lotta per la pace e per radicali riforme agrarie, il C. iniziò la sua attività di giornalista. Insieme con il gruppo migliolino nel '19 si iscrisse al Partito popolare italiano: al suo interno egli si collocò subito su posizioni di estrema sinistra, lavorando al contempo con G. Speranzini alla creazione di una frazione organizzata ("gruppi di avanguardia"). Nel frattempo si era trasferito a Bergamo per dirigere l'Ufficio del lavoro: l'organizzazione sindacale bianca sotto la guida del C. svolse nel Bergamasco un'intensa attività di agitazioni e di scioperi che provocarono vivaci reazioni da parte delle forze clerico-moderate della provincia.
Nonostante la sinistra a Bergamo avesse la maggioranza all'interno del partito popolare, il C., su pressione del vescovo, fu allontanato dalla segreteria dell'Ufficio del lavoro e poi espulso dalla Confederazione italiana dei lavoratori (C.I.L.). A quasi un anno di distanza, nel marzo del '21 venne espulso anche dal partito dopo aver tentato assieme a Speranzini di dare un'articolazione nazionale alla frazione "Gruppi d'avanguardia", e di ottenere la copertura del Miglioli, assieme al quale aveva firmato al II congresso di Napoli del partito popolare l'ordine del giorno di minoranza che richiedeva l'assegnazione ai contadini senza terra dei fondi espropriati.
Se sul piano sindacale dopo l'espulsione dalla C.I.L. il C. riuscì a conservare un certo spazio, dando vita assieme ad E. Tulli a un'autonoma organizzazione, l'Unione del lavoro, molto diffusa e combattiva nelle campagne e nelle fabbriche tessili della provincia di Bergamo, ove egli pubblicò anche un vivace giornale, Bandiera bianca, sul piano politico invece subì una rapida emarginazione.
Essendo rimasta infatti la sinistra migliolina fedele al partito popolare, il Partito cristiano del lavoro che il C. fondò nel '21, sempre insieme con Speranzini, ottenne l'adesione solo di pochi dissidenti popolari della Lombardia e del Veneto. Nelle elezioni del maggio del '21 il Partito cristiano del lavoro, presente con proprie liste nei collegi di Bergamo-Brescia e Verona-Vicenza, raccolse solo 8.700 voti senza alcun eletto.
A seguito di questa esperienza il C., che nell'agosto del '21 aveva subito anche il primo arresto per una delle tante denunce in relazione con la sua attività sindacale, maturò la decisione di iscriversi al partito socialista dopo che la sua Unione del lavoro era confluita nella Confederazione generale del lavoro (C.G.L.). Nel P.S.I. il C. ed i suoi compagni si collocarono subito all'interno della frazione terzinternazionalista di Serrati. In particolare il C. collaborò alla rivista Pagine rosse, introducendo per la prima volta tra i socialisti la tematica, tipica della sua esperienza politica e sindacale, dell'alleanza tra le masse popolari cattoliche e socialiste. Quando agli inizi del '24 Serrati, rispondendo positivamente alle sollecitazioni provenienti dall'Internazionale comunista, decise la confluenza del suo gruppo nel partito comunista, il C. con entusiasmo accettò di far parte della redazione del nuovo quotidiano L'Unità, condividendo pienamente la strategia unitaria di cui la nuova testata doveva diventare espressione.
Gli venne inoltre affidata, data la sua lunga esperienza di lavoro fra i contadini, la direzione del quindicinale dell'Associazione nazionale dei contadini Il Seme, e la stesura di un opuscolo, Lettera ai contadini bianchi d'Italia, edito a Milano nel 1924, in cui, innovando rispetto alla linea tradizionale del movimento socialista, e in polemica con la tradizione cattolica, si sosteneva che il rispetto effettivo della piccola proprietà è possibile solo all'interno di uno Stato operaio e socialista, che ne garantirebbe il possesso e ne svilupperebbe il rendimento.Nel clima generale di repressione che si abbatté sui partiti antifascisti, e soprattutto su quello comunista, il C. venne arrestato per la seconda volta nel settembre del 1925 a Roma assieme ad altri dirigenti comunisti (Di Vittorio, Pastore, Platone ecc.). Nel '26 fu assegnato al confino di polizia per cinque anni, ma la sentenza non poté essere eseguita, essendo egli clandestinamente espatriato in Iugoslavia. Anche la sentenza con cui l'anno seguente il Tribunale speciale lo condannò a dodici anni di reclusione, per "incitazione all'insurrezione e a commettere fatti diretti a mutare violentemente la costituzione dello Stato", dovette essere pronunciata in contumacia. Il C. infatti si era stabilito a Parigi, dove risiedeva gran parte del gruppo dirigente comunista, e lavorava a tempo pieno per l'apparato del P.C.d'I. Come membro del comitato centrale e segretario della Sezione italiana del Soccorso rosso internazionale svolse un'intensa attività tra i lavoratori italiani immigrati in Francia. La sua presenza è segnalata, nelle carte della polizia da cui era sottoposto a una vigilanza continua, oltre che in Francia, specie nelle zone intorno a Parigi e a Lione, in Svizzera, in Belgio e in Germania.
Nella sua attività il C. era favorito, oltre che dalle sue notevoli capacità di organizzatore e di pubblicista, dalla sua estrazione cattolica che gli permetteva di presentarsi come uomo non di partito e di avere di conseguenza udienza anche in quegli ambienti del fuoruscitismo antifascista, dell'emigrazione italiana e delle stesse organizzazioni internazionali umanitarie, dove molto forti erano le preclusioni nei confronti dei comunisti.
Conseguentemente gli venne affidata sempre la direzione di organizzazioni non partitiche, o almeno non ufficialmente espressione del partito comunista: oltre alla già menzionata Sezione italiana del Soccorso rosso, i Comitati proletari antifascisti, i Comitati del Fronte unico, la Lega italiana per i diritti dell'uomo, l'Unione popolare italiana. Fu questa sua particolare collocazione, oltre ai rapporti che egli intratteneva con personaggi come R. Rolland o P. Cot, che impedì che i provvedimenti di espulsione adottati nei suoi confronti a più riprese, su sollecitazione della polizia italiana, da parte delle autorità francesi e svizzere, avessero pratica attuazione.
A partire dagli anni '34-'35 con l'avvio in Francia dell'esperienza del Fronte popolare e l'adozione da parte dell'Internazionale comunista e dei partiti ad essa legati di una politica di unità antifascista e di larghe alleanze, le diverse iniziative che il C., acceso sostenitore di questa linea, coordinava e dirigeva vennero ad avere un nuovo stimolo e slancio.
La più riuscita di queste iniziative fu la formazione dell'Unione popolare italiana, avvenuta a Lione nel marzo del 1937; l'U.P.I., sulla base della confluenza della preesistente forte rete organizzativa dei Comitati del Fronte unico e dell'adesione di altri gruppi dell'antifascismo, divenne in breve tempo un'associazione con oltre 40.000 iscritti fra i lavoratori italiani, capillarmente diffusa in tutta la Francia, che portò avanti un'intensa e variegata attività sindacale, culturale, ricreativa, e pubblicò un quotidiano, La Voce degli Italiani, con diverse decine di migliaia di copie di tiratura.
Pur continuando a far parte di numerosi organismi antifascisti unitari, quali il Comitato d'assistenza al popolo spagnolo, il Comitato internazionale in difesa dell'Etiopia, il Congresso Amsterdam-Pleyel, il Congresso universale della pace, e a collaborare con articoli e opuscoli alla stampa e alla propaganda del partito comunista, il C. in questi anni lavorò preponderantemente alla direzione dell'U.P.I., di cui fu segretario generale, con un impegno mirante da una parte a una sua estensione anche fra i lavoratori non politicizzati, dall'altra alla mediazione e composizione delle frequenti tensioni e polemiche che in essa si manifestarono dato il suo carattere interpartitico. Una funzione di rilievo egli inoltre occupò nella elaborazione della strategia dell'attenzione e del dialogo verso i cattolici, portata avanti dai comunisti con la proposta della "mano tesa".
A seguito del patto Ribbentrop-Molotov dell'agosto '39 i rapporti fra il C. e il partito comunista si guastarono improvvisamente: oltre a criticare apertamente e aspramente questa scelta dello Stato sovietico, egli tentò, insieme con i rappresentanti socialisti e di Giustizia e Libertà, di coinvolgere l'U.P.I. nella violenta campagna che si scatenò contro i comunisti.
Espulso dal partito comunista, dopo avere invano tentato di portare sulle proprie posizioni l'U.P.I., creando a tal fine anche un nuovo giornale, L'Unione, riuscì a evitare un nuovo decreto di rimpatrio al prezzo, secondo accuse dei comunisti, di un'attività di collaborazione e delazione verso le autorità francesi.
Scoppiata la guerra organizzò, con l'accordo di Daladier, insieme con Sante Garibaldi, una Legione di combattenti italiani, con la quale durante l'occupazione tedesca partecipò alla Resistenza francese.
Arrestato dai Tedeschi, che avevano avuto il suo nominativo dalle autorità italiane, venne deportato nel settembre del 1943 nel campo di concentramento di Buchenwald, ove morì il 28 marzo 1944.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Casellario politico centrale, busta 1385, fascicolo 1097; Ibid., Confinati politici,ad nomen; Roma, Arch. del Partito comunista italiano, 1358, pp. 176-193; 1393, pp. 67-125; 1494, pp. 137 s.; G. Candeloro, Il movim. cattolico in Italia, Roma 1953, ad Indicem; A. Garosci, Storia dei fuorusciti, Bari 1953, ad Indicem; A. Fappani, G. Miglioli e il movim. contadino, Roma 1964, ad Indicem; P. Carena Leonetti, Gli italiani del Maquis, Milano 1966, ad Indicem; G. De Rosa, Il Partito popolare ital., Bari 1969, ad Indicem; P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano, III, Torino 1970, ad Indicem; T. Detti, Serrati e la formaz. del P.C.I., Roma 1972, ad Indicem; P. G. Zunino, La questione cattolica nella Sinistra ital. (1919-1939), Bologna 1975, ad Indicem; G. De Rosa, L. Sturzo, Torino 1977, ad Indicem; M. Pistillo, G. Di Vittorio 1924-1944, Roma 1977, ad Indicem; G. Amendola, Storia del Partito comunista ital., 1921-1943, Roma 1978, ad Indicem; Il Movimento operaio ital. Dizionario biografico, II, s. v. (con ulter. bibl.).