ROMANCE
Componimento lirico-narrativo spagnolo, a sfondo leggendario e inizialmente con andamento epico. È documentato verso la meta del sec. XV: il migliore poeta del Cancionero de Stúñiga, Carvaja, che visse e compose alla corte aragonese di Napoli, ce ne ha lasciati due, di cui il più antico sembra risalire al 1442; il marchese di Santillana nella Carta al conestabile Don Pedro de Portugal, intorno agli anni 1445-1448, è il primo che attesta la larga diffusione dei romances e il loro carattere popolare: "Infimos poetas son aquellos que, sin ningún orden, regla ni cuento, facen estos cantares y romances, de que las gentes de baja e servil condición se alegran". Si tratterebbe dunque di poesie che dovevano correre anonime, dapprima sentite come produzione lirica inferiore e incolta e perciò disdegnata dai poeti letterati, con un contenuto assai simile ai cantares, cioè a quei tardi rifacimenti di motivi epico-leggendarî della Spagna, e con una struttura ritmica e strofica non del tutto regolare e ancora incerta. Il momento della loro maggiore fortuna è segnato dal trapasso del genere dalle sfere giullaresche alla rielaborazione erudita, che riprende e riadatta la maggior parte dei romances anonimi, ne compone altri secondo gli stessi schemi, li raccoglie in ampie antologie, cominciando a distinguerli secondo gli argomenti e a coordinarli secondo un criterio cronologico, fino a farli diventare, come accadrà in mano ai grandi poeti, quali Góngora e Lope de Vega, una forma d'arte squisita e personalissima.
La critica romantica, che nei romances credeva di riconoscere l'ideale estetico ch'essa vagheggiava, di una poesia spontanea e incolta, anonima e collettiva, scaturita dagli avvenimenti e dalle passioni più immediate e più genuine dell'anima popolare, riprese lo studio, e con esso il gusto, di questo ricco e singolare patrimonio poetico. Applicando le teorie che il Lachmann aveva formulato per i poemi omerici e che nel dominio della filologia romanza G. Paris estenderà con estremo rigore, ma con dottrina chiarificatrice, all'epica francese, parve che i romances documentassero perfettamente la storia evolutiva dell'epica, e anzi si ritrovò in essi la più lampante riprova dell'ipotesi filologica, secondo cui l'epopea medievale si sarebbe svolta da brevi componimenti epico-lirici, quasi contemporanei agli avvenimenti storici e prima trasfi̊gurazione del loro elemento leggendario, fino ad assumere l'organismo dispiegato e complesso delle Chansons de geste e dei Cantares: i romances castigliani, appunto, avrebbero costituito un prezioso-relitto delle antichissime "cantilene" che il filologo postulava all'origine di ogni epopea. Viceversa, per merito di Milá y Fontanals e soprattutto di Menéndez Pidal, e in parte anche di Menéndez y Pelayo, veniva diversamente ricostituita la storia dei romances, che risultavano non solo posteriori ai cantares, ma anche succedanei ad essi, almeno rispetto al contenuto, supponendo un'epoca intermedia di rielaborazione delle più antiche gesta, durante i secoli XIV-XV, con spirito e con forme diverse, di cui i romances rappresentano la più tarda evoluzione, anziché il riflesso dei primitivi e più rudimentali inizî. Le obiezioni successive, e specialmente quelle di P. Rajna (1915), hanno gettato non pochi dubbî su questa soluzione, ma non sono riuscite ad oppugnarla e tanto meno a sostituirla: essa rimane tuttora la più verosimile e storicamente la più probativa.
Quello che riesee estremamente difficile è distinguere nella massa delle composizioni più antiche i cosiddetti romanes viejos da quelli di stesura più recente e dotta, i cosiddetti romances artísticos. Per lo più si considerano come viejos i romances attestati nella seconda metà del sec. XV e della prima metà del sec. XVI: in essi appare ormai tradizionale l'uso del verso di sedici sillabe in due emistichî ottonarî con assonanza uniforme. Romances figurano già nel Cancionero di Fernández de Constantina (ai primi del'500) e nel Cancionero general di Hernando del Castillo (1511); ma a metà del secolo, quando il genere aveva acquistato pieno diritto di cittadinanza in seno alla letteratura colta; si pubblicano le prime antologie autonome: Cancionero de Romances (ed. Martín Nucio, Anversa s. a.; 2ª ed., 1550); Silva de Romances (ed. E. de Nájera, Saragozza 1550); le quattro Rosas de Romances (ed. J. de Timoneda, s. a.); e ben presto gli stessi collezionisti ricercarono e accolsero i componimenti di fattura individuale e che portavano il nome dell'autore - i cosiddetti romances artisticos: dal Romancero a cura di L. de Sepúlveda (Anversa 1551) al Romancero general (1600-1605 e 1604-1614), in cui sono rappresentati i poeti più raffinati del sec. XVI. Le raccolte furono riprese e completate con l'epoca romantica: dalle prime a cura di J. Grimm (1815) e Depping (1817) al Romancero general di A. Durán (1828-1832; nuova ed., 1849-1851, in Bibl. aut. esp., X e XVI), alla Primavera y Flor de Romances (ed. F. Wolf e K. Hofmann, Vienna 1856), fino alla più vasta edizione di M. Menéndez y Pelayo (nella sua Antologia de poetas líricos castellanos, VII-X, Madrid 1896-1906). Una classificazione dei romances, fatta secondo il contenuto, ha condotto a distinguerli in ampî gruppi: romances históricos, romances fronterizos o moriscos, romances del ciclo carolingio, romances del ciclo bretone, romances novellistici e romances líricos. Così sono riprese in forma lirica, più che narrativa, le leggende del re Don Rodrigo, di Bernardo del Carpio, del conte Fernán González, degl'Infanti di Lara, del Cid, del re don Pedro, e così via; ma dei romances che si riferiscono a questi cicli leggendarî, nessuno può dirsi veramente viejo ("antico") e tutti derivano da fonti scritte - cronache, cantari, opere cavalleresche e romanzesche - e per di più di data assai recente e che difficilmente risalgono al di là del sec. XV: anzi quelli che si riferiscono ad epoche più lontane si rivelano di composizione più tarda e più letteraria, frutto di un gusto erudito-archeologico, che sapeva adeguarsi con scaltrezza artistica al tono arcaico e popolaresco. Qualche romance viejo, per es., s'incontra nel ciclo di Bernardo del Carpio, come Con cartas y mensajeros - el rey al Carpio envió, che sembra derivare da un cantare del sec. XIV; alcuni che si riferiscono al conte Fernán González (Castellanos y leoneses; Buen Conde Fernán González; Por los palacios del rey) sembrano discendere dalla Crónica de 1344; l'altro assai celebre: Castilla estaba muy triste, che era stato considerato fra i romances primitivi, è di Sepúlveda (sec. XVI); alcuni che intessono la leggenda degl'Infanti di Lara, sono desunti dalla Crónica de 1344 o dal cantare che ad essa s'ispira, anche quelli che una volta parevano vetusti, come: A Calatrava la vieja - la combaten castellanos; Ay, Dios, qué buen caballero - fué don Rodrigo de Lara; Cansados de pelear - los seis hermanos yacian; Pártese el moro Alicante-Víspera de San Cebrián, ecc. Dei romances che tramandano la storia di don Pedro, il "re crudele", i migliori si riallacciano alla Cuarta crónica general e qualcuno anche alla Crónica del Rey Don Pedro del cancelliere P. López de Ayala; viceversa, del ciclo del Cid, la figura e il patrimonio epico più vitali nella tradizione spagnola, si conserva qualche romance veramente viejo, per cui parrebbe possibile risalire allo stesso poema di Mio Cid, specie quelli che cantano la conquista di Valenza e il castigo dei conti di Carrión; qualche altro, sull'infanzia del Cid, trae motivo dal Cantar de Rodrigo (il celebre: Cabalga Diego Lainez - al buen Rey besar la mano; e ancora: Cada día que amanece; Día era de los Reyes; En Burgos esta el buen Rey); da un cantare perduto (Cantar de la partición de los reinos) pare discendere quello assai noto: Doliente estaba, doliente - ese buen rey don Fernando; mentre la maggior parte si riconnettono alla Crónica general e alla Crónica del Cid, e si manifestano di fattura recente: Afuera, afuera, Rodrigo, - el soberbio castellano; Riberas del Duero arriba; Ya cabalga Diego Ordóñez; Por aquel postigo viejo, e, fra i tanti, il famoso En Santa Gadea de Burgos, tutti del sec. XVI.
Una fonte d'ispirazione altrettanto feconda e forse più attuale e più vicina al gusto spagnolo per l'eroico che si placa nel sentimentale e nel coreografico, è offerta dai contatti con la civiltà moresca, dal cui quadro discendono i componimenti più suggestivi, i cosiddetti romances fronterizos o moriscos. In essi la veridicità storica è osservata più strettamente e più maturo si rivela il senso d'arte che vi si traduce; per lo più risalgono ad avvenimenti quattrocenteschi, quando cioè i contrasti e le interferenze fra i due popoli si rifecero più intensi e più accaniti, ma anche più risolutivi; i romances accompagnano le grandi cronache moresche, gli annali della Guerra de Granada: sembra ritornare l'età del Cid, ma non più con antagonismi del tutto inconciliabili, bensì con una geniale adesione, di stampo quasi umanistico, allo spirito, alla vita, al colore della civiltà limitrofa. Dall'assedio di Baeza (1407) alla conquista di Granata si snoda una collana di romance originalissimi: Cercada tiene a Baeza; Reduan, bien se te amenda; De Antequera partió el moro; Abenamar, Abenamar - moro de la morería; Allá en Granada la rica; Moro alcaide, moro alcaide; Sobre Baza estaba el Rey; Río verde, río verde - tinto vas en sangre viva; e così via. In tutti, anche in quelli che escono da questi due grandi e principali ordini storico-leggendarî, si dispiega la gamma dei più varî toni epici e lirici, eroici e sentimentali; in essi la fantasia spagnola ha creato il monumento più tipico della sua civiltà, che non ha conosciuto oblii né rinnegamenti: di fattura svariata, frutto d'individualità diversissime, con un contenuto sempre più vasto e multiforme, che dal mondo epico-cavalleresco si estende a quello erotico, religioso, morale; di struttura strofica e ritmica semplicissima eppur libera, che può limitarsi al breve respiro del madrigale e dell'epigramma e può raggiungere l'ampia voluta del poema, il romance ha raccolto, rielaborato, vivificato e perpetuato il patrimonio spirituale più proprio alla Spagna. Nei secoli XV, XVI e XVII il romance è vissuto nel cuore del popolo e nell'animo dell'erudito, è apparso come opera anonima e a un tempo personalissima; con una continua parabola dalle sfere dotte alle volgari e da queste alle prime, ha commentato e trasfigurato la cronistoria, s'è piegato agli accenti elegiaci, nostalgici, romanticamente solitarî, ha simulato e suggerito il dramma, l'azione mimetica, la dialettica del dialogo, ha insomma svelato e formato un gusto estetico al difuori dei generi e degli schemi tradizionali: ha potuto così conservare gli echi medievali, rivestiti della cultura superiore del Rinascimento, e farsi accettare dalla sensibilità romantica: nel romance si può seguire più facilmente la continuità spirituale del mondo spagnolo. Con Góngora, Lope de Vega e Quevedo la sua materia si allarga smisuratamente ed entra nel periodo veramente classico. Con i romantici (e in seguito con i regionalisti, e perfino coi poeti decadenti e simbolisti) la sua fisionomia artistica si fa più complicata e più scaltrita: è per un verso una riesumazione libresca, un sentimentalismo letterario che faceva intravvedere nei motivi del romance il mito della tradizione medievale, cavalleresca, nazionale; ma era anche una concomitanza d'ideali poetici e di umana sensibilità, che avvicinava l'antico romance al tipo della ballata (si pensi al Pellico e alla sua tecnica poetica), del Lied tedesco, della nuova romanza musicale francese ed europea. Ma nelle regioni popolari, nelle varie provincie della Spagna e dell'America Latina, il romance doveva perpetuarsi ancora e senza forti deformazioni, memore sempre di motivi arcaici e pronto ad accogliere temi nuovi e prossimi al senso popolare e folkloristico.
Ediz.: Oltre alle ediz. citate di Wolf, A. Durán, M. Menéndez y Pelayo, si vedano: Rontancero general (facsimile dell'ediz. del 1600), a cura di A. M. Huntington, New York 1904; Cancìonero de romances (facsimile dell'ediz. di Anversa), a cura di R. Menéndez Pidal, Madrid 1914; Flor nueva de romances viejos, ivi 1928; Romancero judeo-español, ed. R. Gil, ivi 1911; Romancero del Cid, con prologo di M. Milá y Fontanals, Barcellona 1884; Romances populares de Castilla, ed. N. Alonso Cortés, Valladolid 1906. A queste edizioni, ripubblicate più volte, vanno aggiunte le numerose antologie e le molte raccolte regionali, della Spagna e dell'America Latina, oltre ai Romanceros dei singoli poeti.
Bibl.: Della ricca bibliogr. sui romances, occorrerà tener presente, oltre alle introduzioni di Wolf, Durán: M. Menéndez y Pelayo, Tratado de los romances viejos, nell'Antologia cit., XI e XII; M. Milá y Fontanals, De la poesía heroico-popular castellana, Barcellona 1874; R. Menéndez Pidal, El Romancero español, New York 1910; id., L'Épopée castillane à travers la littér. espagnole, Parigi 910; P. Rajna, Osservazioni e dubbi concernenti la storia delle romanze spagnuole, in Romanic Review, VI (1915); M. Menéndez Pidal, Poesia popular y Romancero, in Revista de filología esp., III (1916); id., Sobre geografía, ibid., VIII (1921); id., El Romancero. Teorias e investigaciones, Madrid 1928; id., Obras, I (La legenda de los Infantes de Lara), II (Epopeya), ivi 1934. Si veda ancora per le questioni inerenti: R. Menéndez Pidal, Supervivencia del Poema de Kudrun (Orígenes de la balada), in Revista de filol. esp., XX (1933), pp. 1-59; V. Santoli, Problemi di poesia popolare, in Annali della R. Scuola super. di Pisa, IV (1935), fasc. 2°, pp. 93-119.